La ragazza si specchia. È una bella tipa, capelli rossi, sui
30 anni e ha un sorriso che piace agli uomini. Uno di quei sorrisi che sanno di
plastica ma che attraggono tanto e fanno sperare, in chi li osserva, ad un
fenomenale essere umano dedito alle cose buone e giuste. Invece no. La ragazza
è una stronza, lavora in una casa di riposo e sfoga tutta la rabbia repressa
che la vita le ha riservato, a causa del suo cervello da imbecille cerebrolesa,
con anziani malati e disabili. La ragazza si esercita davanti allo specchio nel
tentativo di migliorare il suo sorriso cercando di farlo virare dal concetto
esecrabile di cicatrice purulenta a sacro deposito di bellezza e sentimenti.
Dopo fa scorrere il suo badge dentro il segna presenze della struttura e per la
cronaca, da quel momento in poi, saranno grossi problemi per un sacco di
indifesi vecchietti. Mentre cammina nel lungo corridoio si destreggia con gli
operatori con sguardi ed ammiccamenti, con gesti e posture erotiche, con
battute idiote a sfondo sessuale che solo lei capisce, assimilabili alla più
alta rappresentazione mentale dell’imbecillità umana. Guarda l’orologio a
parete: segna le 21. Sorride. Sa di averli in mano per 9 ore. Inermi. Deboli.
Vecchi. Ma è così che va il mondo. Quando le truppe hanno sconfitto il nemico,
si impossessano delle terre, violentano le donne e uccidono i vecchi e i
bambini. E lei si occupa dei vecchi. Ha fatto il corso O.S.S. e ha illuso
i docenti di essere una in gamba. Una che esercita empatia. Una flebile sinapsi
gliene fa ricordare il significato:
“L’empatia è la
capacità di mettersi nei panni degli altri. Cercare di vedere le cose dal punto
di vista dell’altra persona. Questo può aiutarci a non prendere così seriamente
le offese commesse contro di noi, ma piuttosto a fare concessioni. L’empatia è
una qualità che possiedono le persone mature, quelle che son grandi in senso
emotivo e spirituale.”
Ed ecco un altro sorriso. La ragazza ride per come sono le
cose nella teoria ma di quanto appaiono diverse nella pratica ed è con quel
pensiero che entra in una camera e inquadra un anziano tremante per il
Parkinson che chiede di essere cambiato. Per tutta risposta la ragazza gli
afferra un orecchio, lo tira con forza e il poveretto urla, non capisce, ma la
ragazza si diverte:
"...ma che
richiesta assurda: io dovrei togliere la tua merda? Oh, brutto stronzo! Ma chi
pensi che io sia, la tua mammina morta da 40 anni? Caga sotto tremolante
merdoso che non sei altro! Ora rimani nel tuo sterco fino al turno
successivo!"
La ragazza coi capelli rossi esce dalla stanza ed entra in
quella dopo, si avvicina ad un letto e, sempre con il suo sorriso, si avvicina
ad una vecchietta che nulla percepisce del mondo circostante a causa di un
Alzheimer devastante ma che probabilmente, in un qualche anfratto del suo mondo
parallelo, capisce che quella stronza sopra di lei non ha nulla a che vedere
con un essere umano. Ma la ragazza inizia con uno schiaffetto sulla guancia
destra e poi su quella sinistra e poi una tirata di orecchio e una tirata di
capelli, quelli rimasti. A lei non rimane altro che gridare ma la ragazza è
forte e con un dito, rigorosamente fasciato da guanti di lattice, le sfrucugna
l’interno del naso con violenza. La vecchia urla ma è lei che comanda. A lei è
stato dato il potere e come tutti quelli che lo hanno, lo esercita.
“La signora del letto
15 va sedata!” – urla all’infermiera, la quale fa cenni di assenso. Da
sedati è meno divertente menarli ma questo è il suo lavoro. Lo fa da tanti
anni, ormai. La ragazza, purtroppo, è anche simpatica e le sue battute, sempre
a sfondo sessuale, sono divertenti e fanno ridere gli uomini. Ogni tanto si fa
scopare da quell’infermiere che non gli sa resistere e, finito il turno, dal
medico. A volte anche a casa sua, quando la moglie è al supermercato a far la
spesa. Si fa mettere sulla lavatrice a gambe larghe, attacca la centrifuga e lo
supplica di trattarla molto male.
Sono le otto e la ragazza ha finito il turno. Va nello spogliatoio,
si specchia, si sciacqua la faccia, si toglie il camice bianco e ritorna ad
essere una della qualunque volgari pseudo donne che pullulano la città. Ripassa
il badge nel segna presenze e imbocca l’uscita ed è proprio in quel momento che
la giustizia, come un gigantesco martello cosmico, si abbatte su di lei.
“MOLLA LA BORSA!”
– è quello che sente come una voce imperiosa.
“Che cosa?” – domanda, iniziando a realizzare la situazione.
“MOLLA QUELLA CAZZO
DI BORSA E NESSUNO SI FARA’ DEL MALE!” – urla un tipo con in mano un
coltello.
“Non ho nulla dentro
la borsa. Ci sono calzini, scarpe, t-shirt, il rossetto, lo smalto, il fard,
il…”
Ed è proprio su quell’ultimo articolo che il castigamatti
mandato dal destino decide di perlustrare con l’acciaio le budella della
ragazza. Poi le strappa dalle mani la borsa e corre via.
La ragazza sente il suo sangue mischiarsi con la saliva.
Guarda il terreno e vede una pozza rossa che, lentamente, si allarga verso il
marciapiede. Iniziano ad arrivare i curiosi. Qualcuno chiama il 118. La ragazza
appoggia la testa sulla strada e attende. I suoi capelli rossi diventano
tutt’uno con il suo sangue mentre lei sta pensando che vuole vivere, che la
vita è bella, che è bello scopare l’infermiere e il medico e che sono quei maledetti vecchi
che devono morire, non lei. Loro sì che sono inutili. Lei è bella. Lei è
giovane. Lei. Lei. Lei. Sempre lei. Ma l’emorragia che ha tranciato
l’arteria polmonare sta lasciando la sua inutile vita sul marciapiede che in un
rivolo rosso ha iniziato a defluire in un tombino fognario. Un pallore
spettrale si è impossessato del suo bel viso lasciando la bocca contratta in un
sorriso malinconico. A guardarla con attenzione si potrebbe dire che il suo
volto si sia trasformato in una smorfia di incredulità insieme, forse, al suo
ultimo tentativo di riconciliarsi con un mondo cattivo. Un mondo che pensava di
tenere sotto controllo e che prontamente, alla sua prima distrazione, gli ha
restituito ciò che ha dato con tutti gli interessi del caso.
Alvaro.
Capolavoro di abilità descrittiva di un mondo,questo,dove,a dispetto delle nostre più ciniche asserzioni trasudanti scetticismo,esiste quella che gli antichi Greci chiamavano Nemesi- Dea della vendetta. Ale
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