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web sito ImageChef Custom Images "Ormai quasi giunto al termine della mia vita di peccatore, mentre declino canuto insieme al mondo, mi accingo a lasciare su questo blog testimonianza degli eventi a cui mi accadde, mi accade e mi accadrà di assistere durante il periglioso viaggio che mi separa dalla tomba. E Dio mi conceda la grazia di essere testimone trasparente e cronista fedele di quanto ho visto. Possa la mia mano non tremare mentre mi accingo a scrivere certi eventi e ricordare l'inquietudine sottile che opprime l'animo mio mentre mi collego quotidianamente a questo blog poiché oggi ho la certezza che sto rettamente interpretando gli indubitabili presagi ai quali, da quando nacqui, stoltamente, non diedi peso ."

martedì 18 settembre 2012

Sequenze underground di una bollente giornata a Cornigliano.


Mi alzai
in quella mattina
calda e umida

nella stanza
aleggiava ancora
l’odore della cena

mi sforzai di guardare
attraverso le tapparelle

il sole
più dinamico che mai

spandeva ovunque
i suoi raggi bollenti

qualche zanzara rintronata
svolacchiava senza meta apparente

arrotolai un giornale
e con un paio di colpi

la proiettai
in un’altra dimensione

poi mi diressi
come un non morto
verso il bagno

mi sedetti sulla tazza
e cagai
e pisciai
quasi all’unisono ( un gran bel colpo!)

finito tirai l’acqua
cinque volte

poichè la cacca
che tanto era stata in me
non ne voleva sapere di abbandonarmi

si era aggrappata sul fondo

con lo scopino la grattai via
vigorosamente

e vederla scivolare nel nulla
un po’ mi dispiacque

ma poi pensai

che al termine del viaggio
avrebbe trovato un sacco di compagnia

mi distolsi da quei pensieri
e mi guardai allo specchio...

chi era quello?

non lo conoscevo!!

mi somigliava un po’

ma niente più

aprii la bocca
tirai fuori la lingua

dio che orrore!!

perfino i cannibali
non l’avrebbero mangiata,oggi!

la feci rientrare

mi lavai i denti
e mi sciacquai la faccia

mi asciugai con una tenda
perché l’asciugamano era sporco di cacca
(mi ci ero pulito il posteriore)

uscii dal bagno
e guardai il letto

pareva avvitato su se stesso

diedi un’occhiata
alla foto di mia madre

era lì appesa
e sembrava dicesse:
“Ma guarda come ti sei conciato...VERGOGNA!”

abbassai lo sguardo
mi infilai i vestiti
prendendoli un po’ ovunque...

in effetti ero un attimino trasandato

la pancia mi precedeva di una lunghezza
tranne quando ero a letto

allora mi sovrastava come una collinetta tondeggiante

ma...mi piaceva!
mi teneva compagnia

se mi dimenticavo l’orologio
all’ora di pranzo
lei faceva: “Gruumble...gruumble!”

in fondo era utile

uscii

chiamai l’ascensore

quand’ecco che si aprì la porta
dell’appartamento accanto al mio

e fece capolino la deliziosa vecchietta
che da molti anni era mia vicina


“...ma quando la finirai di chiamare l’ascensore per fare 18 gradini? - esordì urlando -Ti farebbe anche bene muoverti un po', razza di ciccione sfatto!!”


la gentile signora
pareva fosse sempre esistita

quando ero ragazzo era così

e ora
dopo 40 anni

era ancora con le stesse orribili fattezze di allora


lunghi capelli canuti abbandonati al caso
naso bitorzoluto con goccia perenne
e una gobba da farla sembrare un cammello (o un dromedario? boh...)

la fissai per qualche interminabile secondo
per capire cosa stesse dicendo

ma non feci in tempo a replicare
che lei aggiunse:
“...cosa guardi, idiota, guardati tu piuttosto che sembri la morte in vacanza!!”

aveva una fottuta ragione

“ La ringrazio, gentile signora, per la istruttiva conversazione!!” riuscii a rispondere

“VAI A FARTI INCORNARE DA UN TORO!!” urlò nuovamente

l’ascensore stava scendendo
e lei era aggrappata alla ringhiera che ringhiava
dietro al mio dito medio che svettava come un monolito nello spazio


arrivato al piano terra mi sistemai i pantaloni
ripulii le punte delle scarpe con gli stessi

ed imboccai il portone di uscita appena in tempo
per assistere ad un tamponamento tra due macchine


...i guidatori schizzarono fuori
ed iniziarono un elegante battibecco


“...ehi. imbecille, cosa stavi guardando invece di guidare?”
                                                                                         disse il tamponato

“...stavo guardando dov’era il numero di casa tua perché tua moglie mi ha appena telefonato dicendo di far presto dato che tu eri appena uscito!”
                                                                                         rispose l’altro

“...ho capito...vuoi che ti ficchi la testa in un tombino?”

“...cavoli, ma se vuoi vedere una fogna non è più semplice metterti davanti allo specchio?”

“...amico...sei in cerca di rogne, vero? allora vuol dire che le hai trovate!”

“...no...trovo strano che tu sia qui. Quelli come te non dovrebbero viaggiare nelle fogne?”



Era quasi divertente starli ad ascoltare
ma me ne andai e li lasciai a loro



“...devi solo ciucciarmi un calzino, amico!”

“...quale? il destro o il sinistro!”

“...tra un po' ,si che vedrai un destro e un sinistro!”

“... santo cielo, non mi preoccupo di ciò che ti sta ai lati ma della schifezza che sta al centro!”



sentii ancora in lontananza

era iniziata un’altra gran bella giornata
e ce ne sarebbero state ancora

il traffico impazziva
in un mondo pieno di pazzi

il sole vomitava calore
sul genere umano

facendo sudare tutti di brutto
ed anche me

i gatti dormivano all’ombra
mentre un cane attraversava la strada
con la lingua a penzoloni

guardai prima a sinistra e poi a destra
e la attraversai anch’io.                                


                                                                                         Alva.




Il gabbiano di Dover.


Probabilmente
non esistono al mondo
volatili più belli ed eleganti

dei gabbiani del Kent.

Hanno penne candide
macchiate di grigio sulle ali
e sono giganteschi!

Ti chiedi :  “Come potranno alzarsi in volo?!”.

Ed invece lo fanno.

Con una grazia incredibile.

Sono anche furbi
e
spaventosamente affamati.

Ma la loro non è una fame
come quella che colpisce quotidianamente
chiunque di noi. No!

La loro è una fame atavica.

Una voracità che non ha pari
tra i loro simili.

Mangerebbero qualunque cosa

ma

essendo inglesi

esercitano self-control.

Mi affascinarono subito
sin dalla prima volta che li vidi.

Volete sapere come ci incontrammo?

Ecco qua…


…attraversai la Manica per la prima volta
durante una giornata brutta e piovosa

il mare era gonfio
ed il traghetto ondeggiava.

Ad una signora scappò di mano
una bimba molto piccola
che rotolò per mezza nave.

La madre le correva dietro gridando:
“Oh…miodiomiodiomiodiomiodio…!”

Non sapevo se ridere o aiutarla.

Decisi di ridere
anche perché
sarebbe bastato attendere
la fase ascendente del rollio

per riavere la bimba
di nuovo al suo posto.

Iniziai a stare male
verso la fine della traversata
quindi decisi di mangiare qualcosa.

Acquistai – a carissimo prezzo – un panino.

Avevo sentito dire
che se lo stomaco lavorava
sarebbe passato il malessere.

Mancavano circa venti minuti
all’arrivo a Dover.

Mi sedetti
ed iniziai a sgranocchiare
il mio panino.

Alla mia sinistra
c’era un oblò rifinito in ottone:

da lì vedevo il mare infuriato.

Ad un certo punto
mi sentii osservato.

Mi girai verso la gente
di fianco a me.

Nulla!

Io ero per loro
come la sedicesima luna di Plutone: inesistente!

Continuai a masticare.

La sensazione
diventò tangibile.

Questa volta
mi voltai a sinistra
e guardai attraverso l’oblò:

un enorme gabbiano
si faceva trasportare
dal vento

e con il suo testone
mi guardava.

Il vento
lo sbatacchiava ovunque
ma lui resisteva!

Era incredibile!

Rimasi ad osservarlo:
aveva una pancia gigantesca
all’incirca come la mia

solo che lui volava
mentre io riuscivo a malapena
a fare le scale.

Ci guardammo ancora
poi lui cabrò e sparì.

Stavamo attraccando
per cui scesi
al ponte inferiore
e salii sul mio mezzo.

Il portellone di prua si aprì
e mi avviai lentamente.

Sbrigate le formalità doganali
mi posteggiai
e, mentre trafficavo con dei documenti,

sentii la cabina
inclinarsi leggermente a sinistra.

D’istinto guardai lo specchio laterale
e proprio sopra di esso c’era lui:

il gabbiano dell’oblò.

Lo riconobbi dalla pancia.

Si era ricordato di me
anzi
del mio panino.

Era lì
maestoso
con la sua livrea in bianco e nero
ed il becco un po’ curvo.

Decisi di chiamarlo Gibbo.

Abbassai il vetro
e tentai di accarezzarlo
ma lui faceva il gesto di beccarmi.

Poi iniziò ad urlare
“YAAHKK! YAAHKK! YAAHKK!”

Muoveva il collo avanti ed indietro
alzava le zampe
ed apriva il becco.

Avevo capito:

era affamato!

Io avevo solo
scatolette di tonno e carne.

Ne aprii una al tonno
e provai a dargliela:

sbranò il contenuto
in un colpo!

Ne aprii un’altra:

idem!

Aprii la scatoletta di carne:

uguale!

Era famelico.
Ogni tanto faceva
“YAAHKK! YAAHKK!”

Era felice.
Aveva trovato un grullo!

Gli diedi ancora
un pezzo di parmigiano
mezza mela e cinque caramelle.

Era tardi
ed io dovevo andare.

Spiegai a Gibbo la situazione.

Lui rispose “YAAHKK!”.

Allora iniziai a muovermi
piano piano.

Niente!
Era sempre aggrappato alla staffa.

E mi guardava.

Ingranai la marcia e partii.

La scena era ridicola:

chi ci vedeva poteva pensare
che a quel povero gabbiano
gli avevo imprigionato le zampe

per tenerlo come soprammobile
là fuori!

Iniziai a preoccuparmi.

Guidavo e lo guardavo

Sembrava inebetito.

Forse era in piena digestione.

Ma quando raggiunsi
la cima della costa
si staccò.

Fece un largo giro
sopra di me

e poi
picchiò verso il mare.

Sembrava uno Stukas
in fase di bombardamento!

Salutai Gibbo

mentre dietro a me
scomparivano
le bianche scogliere di Dover

stupidi

inanimati

pezzi di roccia.


Alva.

Sfogo legittimo di un barista di Campi.


Alva , ancora avvoltolato nelle coperte del suo letto decise che per iniziare la giornata, una buona colazione ci poteva stare alla grande così telefonò al bar di Renzo, .

“Ciao Rè’…come stai?”
“OHILA’ CARISSIMO - scandì ad alta voce il veterano della tifoseria sampdoriana -
COME VA’?”
“Noncemale - risposi cercando di ricordare il sogno appena consumato - non è che mi puoi portare il solito caffè? Sai, non sto’ tanto bene e non posso muovermi per…”
“ MA SCHERZI? PER TE QUESTO E ALTRO!!” - disse con il solito timbro, quindi riattaccò.
Ero discretamente famoso in quella zona.
Tutti meriti guadagnati sul campo.
D’altronde ero stato io a risolvere l’intricato caso dei furti di elemosine nella chiesetta adiacente a via Bianchi.

In poche parole i furti avvenivano sempre nelle domeniche dispari e i sospettati potevano essere tutti o nessuno.
Ricordo di aver passato intere giornate a fare la posta ai vecchietti della zona, quelli con una pensione da fame, ma le mie indagini non sfociavano in nessuna direzione.
Proprio quando stavo per rassegnarmi, una notte verso le 23.30, vidi un’ombra furtiva che attraversava il cortile della chiesa. Mi ci buttai dietro a rotta di collo e, con un gesto da poliziotto americano, placcai il proprietario di quell’ombra.

“ OH, SANT’IDDIO! FIGLIOLO NON HO NULLA!” - gemette il don, temendo di essere derubato dall’ennesimo tossico e mollando, en passant e all’unisono, una scoreggia così fetente da provocarmi i conati di vomito.
“ LEI? E cosa ci fà a quest’ora in questo luogo buio e malfamato?” - mormorai, cercando aria pura indietreggiando di un passo.
“ Io abito qui! Ricordi?”.
“ Mi scusi don… ero convinto di essere riuscito finalmente ad acchiappare il ladro
 dei giorni dispari!” - mi giustificai, felice nell’osservare che una leggera brezza si era levata da mare. Inspirai ed espirai rumorosamente in una sorta di disinfezione interna.
“ E poi oggi è il 24 Aprile! PARI!” - sillabò il don, come a voler rimarcare la mia stupidità infinita.
“ Si, si,lo so…è che………….MA CERTO!!! - urlai d’un tratto - SO’ CHI E’ IL LADRO!”.
“ Chi?” - domandò il sacerdote.
“ Ma chi se non Lei? “ - risposi con una voce alla Perry Mason.
“ IO?! Ma come ti permetti lurido imbecille, rintronato nel cervello!” - svalvolò il prevosto, avvicinandosi a me con in mano un crocefisso stilizzato modello IKEA e assumendo il tono e la postura richiesta per un perfetto esorcismo.
“ L’ho capito quando mi ha detto che oggi era il 24 aprile, perché oggi NON E’ il 24 aprile! - spiegai con sussiego - oggi è il 23 aprile e per uno strano caso il furto alla elemosina non si è verificato e sa perché?”.
“ No - rispose il prete con la bava alla bocca e in evidente stato di alterazione psichica - ma hai l’aria di uno che sta per dirmelo!”.
“ Ho truccato il calendario a strappo appeso in canonica!” - dissi cinicamente.
“AHR,AHR,AHR,AHR - rise il prelato vomitando liquidi verdi insieme a ciocche di capelli di ragazze vergini - E QUESTA E’ UNA PROVA? TUTTI QUELLI CHE VENGONO IN CHIESA POSSONO ESSERE CADUTI NELL’ERRORE ED AVERE SBAGLIATO GIORNO!”
“ Certo, tutti possono essersi sbagliati MA NON gli abitanti di questa zona!” - sentenziai.
“ E PERCHE, COS’HANNO GLI ABITANTI DI QUESTA ZONA DI DIVERSO DAGLI ALTRI?” - ululò l’uomo di dio appollaiato su una cancellata.
“ Sono analfabeti, quindi non possono aver letto la data!”
“ MA CHE CAZZO DICI? - sbraitò come un indemoniato - SONO DEI NUMERI E NON PAROLE!”

Entrai in canonica, presi il calendario e lo girai verso il prete.
C’era scritto: ventiquattro aprile duemilaequattro.

Si avventò su di me e iniziò a rantolare mollando crocifissate a destra e manca. Cercai di stare a sinistra per evitare i colpi. Nella colluttazione, dalle sue tasche, caddero centinaia di monetine da 1 centesimo. Era il corpo del reato. Subito dopo pensai: elemosine da 1 centesimi: analfabeti e barboni.
Cercai di colpirlo con il mio jab destro, rinvigorito da 2 mesi di palestra alla Virgin Active. Ci riuscii. Ma mi resi subito conto che 2 mesi erano stati insufficienti.
Allora mi sfilai dalla tasca il contratto della Virgin con tutti i depliant e la videocassetta intitolata “MENS MALATA IN CORPORE SANO” e gliela scagliai.
Il prete cadde a terra e iniziò a dissolversi. Ripresi il tutto con la videocamera e spedii il nastro alla curia.
La chiesa fu rasa al suolo e ci fu una libera asta per l’appezzamento di terreno. Se lo contesero Castorama e la Q.K.C TRANSPORT  di Genova. Vinse Castorama poiché nessun dirigente della Q.K.C. si presentò il giorno stabilito con la proposta di offerta, a causa di una riunione per decidere l’offerta da proporre, indetta alla 10 del mattino. Con un’ora di anticipo rispetto all’asta, ma col fuso orario di Tunisi! Cose che capitano ai manager in pieno jet - lag.

Questo, in estrema sintesi, è il sunto del caso che mi fece conoscere in questa zona.
Ritorniamo a noi.
Il suono cacofonico della porta annuncia il mio caffè.

“ LA PORTA E’ APERTA!” - urlo.

E’ Renzo.                                                                                                                                                                                                                                      
“Uu-uun caa-affe-tt-ino beee-lllo beee-llli-nno per TEEEEEEE!” - entra cantando con la voce roca, provata dal tifo allo stadio.
“ Uèila, servizio a domicilio con musichetta da abbelinato!”  - replico da vero bastardo.
“ Che cosa stai facendo di beeeeee-lll-oooo?”
Renzo è un uomo simpaticissimo. Sui sessanta ( tra le 9 e le 11 ne dimostra non più di 50, a causa dell’improvviso sbalzo termico che caratterizza la zona di Campi ), alto all’incirca sul metro e 65 ma basso quanto basta per passare sotto le sbarre di un passaggio a livello in semichiusura ( manovra che effettua spesso e volentieri per accelerare il tempo di rientro nella sua casa di Nervi [ci tiene a dire che abita nelle zone “bene”] ) . Ha un sorriso bellissimo che ,ad occhio e croce, deve essere costato non meno di 5000 euri. I capelli, quelli che hanno resistito ad un attacco di “ ALOPECIA VIRULENTIA “, sono di un grigio tendente al bianco ( ma dalle 17 alle 19 il colore vira incredibilmente sul castano scuro, a causa degli spostamenti cromatici in atto a Campi per via delle continue asfaltature indette dal Comune di Genova nel periodo elettorale).

“ Grazie Renzo, metti la tazzina sul tavolo e siediti!”
Renzo, con estrema leggiadria, appoggia il tutto e si sgnacca sul divano zen, preso all’IKEA .
“Mi sembri stanco Rè’,hai fatto le ore piccole?”  - chiedo, mentre verso un cucchiaio di zucchero di cannabis nel caffè.
Lui mi guarda con uno sguardo simile a quello di un bastardino che è appena stato abbandonato sulla sopraelevata in una afosa domenica di Luglio.
“ Ma no, no, è che…ho un dubbio!” - risponde con gli occhi persi nel vuoto.
Mi avvicino a Lui  e lo afferro ad un braccio.
“ Dimmi Rè’…lo sai che di me ti puoi fidare!” - sussurro con la voce tipica del vigile che ti ha appena beccato a sorpassare in via Gramsci a 180 all’ora.
Segue un attimo di silenzio all’interno del quale si sistema, in maniera prepotente, lo sciacquone del vicino accanto.        
“ Beh, per farla breve, non reggo più coloro che entrano nel mio bar; sono stanco di sentire: -  ‘e mi dia un caffè ristretto, uno ristretto ma non tanto caldo , uno caldo ma lungo, un cappuccino con tanta schiuma, con poca schiuma e il cacao sopra, un marocchino in tazza larga, con poco latte e tanto cacao, una birra fredda ma non troppo, un ACE versato piano così i preziosi ingredienti di cui è pregno non subiscono alterazioni bio magnetiche, e per favore ce l’ha una spuma al gusto di noce dell’India meridionale?, avrebbe mica da cambiarmi 1800 monetine da 5 centesimi? sò che a voi in un bar servono più che a me…’ - MA PORCATROIA CHE CAZZO ME NE FACCIO DI 1800 MERDOSE MONETE CHE CI VUOLE UN CAMION PER TRASPORTARLE? EH? ME LO SPIEGHI?”

Era uno sfogo in piena regola. Stetti ad ascoltarlo in semisilenzio poiché le mie dita tamburellavano nervosamente sul tavolo pieghevole in similcompensato, acquistato in scatola di montaggio all’IKEA e montato in due giorni e mezzo a causa della mancanza di una chiave DETERMINANTE PER IL CORRETTO ASSEMBLAGGIO e costruita in 3 miliardi di esemplari, tutti nel villaggio di OKRIBUIJJJGIRST  che si trova a 800 km a nord di Caponord il che vale a dire a non meno di 200 dal Polo Nord magnetico terrestre.
Povero Renzo. Non si era ancora rassegnato al fatto che la sua mente non sarebbe stata più come prima, dopo la sprangata presa al termine della partita Sampdoria - Roma disputatasi a Marassi prima del G8 e seconda, in termini di violenza gratuita esercitata in 90 minuti, solo agli episodi di lancio del porfido stradale da parte dei BLACH - BLOCK in Cso. Italia.

“ Scusa Alva, scusa…è che debbo essere esaurito! Ho bisogno di ferie anticipate. “ - pigola Renzo, -  mentre il suo viso assume un aspetto contorto, rugoso, come una prugna California appena estratta dalla confezione.
“ No problem! - replico con una certa sicurezza, acquisita dopo un tot di inculate dalla vita - ti capisco, è tutto un casino mentale. A volte devi sforzarti per non svalvolare, mi segui Renzo? E’ come se ogni cosa intorno a noi ci volesse male, ci perseguitasse. Accumuliamo così tanta energia negativa, durante le nostre giornate, che poi da qualche parte, voglio dire, se ne deve scappare, capisci Re’?”.

Dopo aver detto questa saggezza, mi alzo perché ho un prurito al culo così devastante
che mi paralizza ogni pensiero. Mi rendo conto che grattarmi il tafanario in presenza di ospiti non è cosa, ma devo farlo.
Renzo non si è accorto di nulla. E’ancora immerso nel suo personale purgatorio mentale che sta valutando l’ipotesi di cambiare vita, di trasferirsi dall’altro capo del mondo, di far su baracca e burattini e mandare al diavolo Campi, Genova e la Liguria.
Lo vedo che ad un certo punto ha come un tremito: scuote la testa e si stravacca sulla sedia che cigola impetuosamente. Il suo flusso di pensiero è  arrivato al punto X, il punto in cui fai due più due e ti rendi conto che ci vogliono troppi soldi per farlo, ci vuole troppo tempo per spiegare a chi ti sta intorno che non ti sei rincoglionito ma soprattutto che sei troppo vecchio per ricominciare da capo.
Eccolo lì: una bella sbuffata, un sorriso da 5000 euri ed è di nuovo in piedi.

“ OHILAAA-LAAA-LLA, OHIII-LAAA-LLIII CACCIA 80 CENTS E ME NE VO’
FUORI DA QUUUU-IIII!!”

Sgancio la pecunia e lo vedo allontanarsi in una specie di danza maori, sculettando come una vecchia baldracca da porto. Il caro vecchio Renzo: più giovane lui di qualunque altro pivello nel raggio di 8 miglia marine.

 Alva.

Un mio amico.


Io ho un amico.
Siamo nati nella stessa città.
Stesso quartiere.
In un’afosa serata di Luglio dell’81 andai a casa sua
e lo trovai intento a fare i bagagli.
“ Devo trovare il mio posto nella società. La mia giusta collocazione!”
Questo fu quello che disse prima di salutarmi e andarsene.
Lo rividi dopo tre anni.
Era molto dimagrito, quasi senza denti
e con le braccia piene di buchi .
“Sto ancora cercando il mio posto. I tempi non sono maturi ma lo troverò.”
Sussurrò questa frase a testa bassa e se ne andò.
Da allora sono trascorsi 28 anni.
Quel mio amico non si è più mosso da Acqui Terme.
Ora sta poco lontano dal quartiere dove giocavamo.
Imbocchi una lunga strada con ai lati solo campagna.
Giri a destra e oltrepassi un cancello.
Fai 50 metri e giri intorno ad un cipresso.
Lui è lì. Terza fila a sinistra. Ha 21 anni da 28 anni.
Nel posto che stava cercando e che tanto lo ha atteso.
Un posto lungo 2 metri e profondo altrettanto.                                          

Alva.            

Il rilascio interiore.


“Perchè diavolo non arriva? A quest'ora di solito passa!”.

Ale scopre ,dopo qualche minuto che la scritta "fermata soppressa" cela una triste verità: i tagli del bilancio comunale,col municipio in bancarotta,hanno eliminato la linea 12. E' un colpo allo stomaco. Ale si è sempre chiesto come facessero i gestori del debito pubblico a non dire la verità alla gente,negli anni passati. Prima o poi un debito enorme scoppia,come un bubbone pieno di pus. E la gente meno agiata è quella che se ne accorge per prima.  Si inizia sempre con la soppressione di servizi pubblici,tipo linee di bus urbane e suburbane e poi si vedrà.  Ale rivà con la mente ai suoi sonnellini (a bordo del bus) di quei tardi pomeriggi invernali,con le brume messe lì apposta per conciliare il sonno,con lui
spaparanzato sempre nei sedili in fondo,gli unici che avessero sedie dirimpettaie su
cui stendere le gambe. Ora è tutto finito:bisognerà ritornare alla macchina. Lui odia la macchina; quella trappola mangiasoldi,quel lurido trabiccolo schifoso che ci aiuta a  millantare uno status sociale,inutile azzardo di boria personale e famelico divoratore di risorse.Da una casa si può ottenere qualcosa, da una macchina,dopo un po' di anni,soltanto un debito,ovvero una nuova macchina.

Ma è l'ultimo giorno di estate. Le previsioni parlano di pioggia e ribasso delle temperature. Ale si affretta a tornare a casa. Per oggi niente spesa,troppo svogliato e  scazzato per mettersi al volante. Le cose finiscono. Anche la linea 12. Anche le speranze. D'un tratto mi accorgo che un brivido di scoramento mi avvolge,come la sciarpa variopinta che solevo portare nei freddi inverni degli anni '70. Al contempo mi rilasso, anzi, mi rilascio interiormente. Devo solo registrare il mio baricentro psichico e prendere atto che per tutta la vita non ho fatto altro che rispondere a   bisogni,esigenze,capricci e pretese altrui. In questo momento mi lascio amare,si,amare alla follia da una donna che ,intimamente, anche io amo moltissimo; pur tuttavia  la sensazione netta è che,tutto sommato,anche in questo  frangente sentimentale sono soprattutto uno strumento per nutrire e consolare un'altra persona.

Il lavoro,gli amici,la famiglia e quel mostro chiamato denaro;la Fede,i tramonti,le albe e il cielo azzurro. E' stato tutto un volo sopra la follia. Quel fiume ora burrascoso,ora placidamente neghittoso  che è la sua vita, per fortuna, scorre. Ale si consola così: sa che ormai non manca più tantissimo alla foce, al Mare. Gli viene in mente quell'altro disperato del suo amico per la pelle,il buon Alva, e sorride dentro di sé. Nel suo amico ha trovato un doppio,un gemello di disavventure, un compagno grandioso di un'odissea tragi-comica che lo rende perennemente affannato tra gorghi improvvisi e rapide insidiosissime; insieme si tengono a galla bevendo una forte dose di acqua melmosa di quel fiumaccio perfido che è la loro esistenza. I due,simili a gattacci rognosi e attempati che sono caduti in un  fiume,annaspano e smanacciano tra i flutti,per poi,va a  sapere come,trovare sempre un tronco galleggiante a cui artigliarsi. Si! Sono ancora vivi. Resistono ma non hanno la benché minima idea di dove li depositerà la corrente. Ma anche questa immagine si dilegua. Resta solo una riposante certezza: Ale prima o poi morirà,e questo vorrà dire la conclusione definitiva di tutto questo soffrire. Dio forse lo risusciterà nella gloria o, forse, lo bastonerà tra i tormenti anche se una terza teoria, per lui inquietante,descrittagli da Carla,lo mette in ambasce: e se poi Dio lo riaccendesse?Lo rimettesse in questo Mondo? No,non può essere! Ale si sdraia sul divano. Spartanville lo coccola col suo silenzio austero. Un abbiocco ristoratore prende piede e Ale sogna una cosa che lo mette in pace:c'è una buona probabilità che Dio lo lasci dormire per sempre;lo lasci riposare in quel grande sonno senza fine,nel quale perdersi e perdere tutte le spine che gli hanno trafitto l'anima per cinquant'anni.

Ale.