VOTAMI!

web sito ImageChef Custom Images "Ormai quasi giunto al termine della mia vita di peccatore, mentre declino canuto insieme al mondo, mi accingo a lasciare su questo blog testimonianza degli eventi a cui mi accadde, mi accade e mi accadrà di assistere durante il periglioso viaggio che mi separa dalla tomba. E Dio mi conceda la grazia di essere testimone trasparente e cronista fedele di quanto ho visto. Possa la mia mano non tremare mentre mi accingo a scrivere certi eventi e ricordare l'inquietudine sottile che opprime l'animo mio mentre mi collego quotidianamente a questo blog poiché oggi ho la certezza che sto rettamente interpretando gli indubitabili presagi ai quali, da quando nacqui, stoltamente, non diedi peso ."

martedì 20 dicembre 2011

Alva & Ale.

           

Ed eccomi di nuovo nelle braccia di un altro giorno! Merda, c’ho mica il carro attrezzi per alzarmi! Sento che la capoccia sta per esplodermi. Mi giro e mi rigiro sul divano e ho le ossa a tocchi. Porco demonio, devo darci un taglio con certe nottate che ti lasciano come un rifiuto. Manco il letto sono riuscito a centrare. Eh no, capo, così non va bene! Non sei più un pivello, voglio dire, un attimino di logica ci vuole ! Devi capire che se vuoi campare ancora qualche mesetto e darci dentro
col flauto di pelle, è necessario ristabilire l’ordine fisico e mentale.
Penso che da oggi in poi la parola d’ordine sarà G.O.R. che sta per Gestione Ottimale delle Risorse, cioè che,si, se voglio tirarmi due piste ogni tanto non c’è un nulla di male, voglio dire, ma due devono essere, capito capo? Vuoi farti il pieno di birra fallo pure, ma vai di cervello e lascia lo stomaco due dita sotto il tappo, così se dai qualche frenata qua e là non cola a terra, capito la furbata? Eppoi, cosa non da poco, non corri il rischio di perdere la reputazione con qualche pollastrella. Non so se intendi: se il tiraggio viene a mancare son problemi, sono!
Vabbò, cerco di alzarmi e mi srotolo in bagno. Caccio via un po’ di porcheria interna e  la doccia mi ristabilisce un odore più umano.
Vado in cucina e,ancora tutto sgocciolante, apro il frigo: naturalmente il vuoto è l’interprete principale,  mentre 3 lattine di birra Peroni semivuote sono le tristi spettatrici di  tutto ciò.
Ok, capo, il mondo è tuo. Apro le finestre e occhieggio la giornata come butta: niente male, per essere domenica. Il sole è già alto in cielo e la gente tutta indaffarata per negozi. Il solito ingorgo di macchine in Corso Perrone mi dà l’esatta dimensione della zona in cui vivo. Il  semaforo di piazza Massena sembra,ogni giorno che passa, che allunghi di qualche secondo la durata del rosso a discapito del verde. Mi sa che prima o poi ci attacco una catena e lo ranco via, quell’ammasso di ruggine ! Mi sporgo quel tanto che basta per mollare uno sputo sostanzioso sul parabrezza della macchina che sta usando il clacson come valvola di sfogo. Beccati questo, capo! Oh,  l’ha smessa subito! Però adesso urla che se mi affaccio e lui mi riconosce,  mi denuncia e me la farà pagar cara e intanto le macchine dietro iniziano a suonare e scoppia un casino da film da non credere. Saltello da una stanza all’altra, col pisello in libertà, felice di non essere impegnato in qualche traversata di donna da una parte all’altra. E’ come se anche lui si godesse quel riposo, quel delicato e fuggevole momento in cui nulla ci sfiora, nulla accade, nulla potrebbe frapporsi tra noi e l’oblio della più obnubilante pigrizia.
Su un tavolo trovo un tocco di cioccolato. Lo ingoio. Poi leggo sulla confezione che è scaduto da un mese: merda, penso, devo ricordarmi della G.O.R. e non lasciare tutto al caso. Devo lavorare su di me. Lavorare: ecco il punto! Il lavoro distrugge l’anima e il fisico e…oh,  ‘spetta un attimo che suona il telefunken.

“ Pronto qui è la segreteria telefonica di Alva. Se volete un insulto premete 1; se volete due insulti premete 2; se invece volete solo rompere le pelotas premete il grilletto della Vs pistola, assicurandoVi che la canna sia perfettamente introdotta nella Vs bocca;  se non avete una pistola di Vs proprietà premete 3.Vi sarà inviata il più presto possibile alla ridicola cifra di….”.
“ OHI, TESTA DI GOMMA, HAI FINITO DI  DIRE STUPIDAGGINI!”
“ Ciao Ale - è Ale - ti piace la mia nuova segreteria?”
“ Ma smettila, idiota, piuttosto come stai a grana?”

Ahi, ahi, ahi, sentivo già i dolori di un’ imminente inchiappettata.   

“ Eh! Hai toccato un tasto che è meglio lasciar perdere. Sono nella bratta: frigo vuoto, birra zero!”.
“ Ok, ricevuto al cento. Tutte conseguenze della carestia di pecunia, però stai tranki perché c’ho avuto l’idea del secolo!”.
Le idee di Ale, chissà perché , erano tutte stranamente collegate ai terminali nervosi del mio buco di scarico. Cioè: lui aveva le idee ed io le evacuavo irregolarmente; come giganteschi malloppi di feci che faticano ad uscire perché sono cementificati dal troppo tempo passato nella parte finale dell’intestino.
“’Scolta…c’hai presente il supermercato, quello di corso Perrone…come si chiama…? “
Ingoiai un tot di saliva che ingombrava il portello superiore.
“ Il Di Meglio? “ Lo imbecco nella sua narcotica lacuna .
“ Esatto! Proprio quello, dicevo, quel posto alla sera ci trovi due,al massimo tre pollastrelle innocue. A volte c’è un tipo, un ebete tutto dritto ed ossequioso, non so se mi spiego…della serie SIGNORAVUOLECHE L’AIUTIHABISOGNODIUNAMANOSENONLEBASTANOI SOLDINONSI PREOCCUPIMELIDARAUNALTRAVOLTA…e altre cavolate del genere”.
Beh, non sono cavolate, brutto imbecille di un cervello spappolato, si chiamano buone maniere, educazione, civiltà dell’ostia; mica noccioline ,scimmione d’una bestia che non sei altro – penso.
“ E allora? - sbuffo da sentirmi a un km - Hai bisogno di far la spesa?”
Mi esce un ghigno al pensiero di Ale con le borse piene di verdura, prezzemolo, pomodori e altre faccende da massaia rinco.  
“ Ehi, Alva, hai capito alla grande di cosa si tratta. Devi dirmi solo se ci stai!”
Ale ha un pregio: il dono della sintesi. Quando parli con lui sei sempre certo di avere il passaporto per la comprensione universale.
“ Ehi Ale,cioè voglio dire, ma come stai? Sai come si chiama questa? Una fottuta rapina ! Capisci che, cioè, mica ciò voglia di passare altro tempo al Marassi Hotel!”.
“ Sei il solito cacasotto!
Quando Ale s’incazza, inizia a ragliare come un somaro su una salita eccessivamente ripida. 
“ Ehi, ehi, frena un pelino Ale, non ti sembra un posto rischioso? Voglio dire metti che mentre noi, cioè, facciamo il servizio e ti arriva un polìs  che non ha un belino da fare e noi ce lo troviamo lì come una maledetta muraglia cinese, e quello magari tira fuori il ferro e gli dà voce, cioè, non è che ti sto dicendo questo perché ciò paura però,capisci Ale, è da poco che sono uscito dal collegio e vorrei godermi un po’ la vita, compreso l’inghippo? “. Sento che dall’altra parte Ale si sta preparando a spararne una delle sue, lo percepisco chiaramente dal suo silenzio rotto solo da un leggero succhia succhia tra un dente e l’altro.
“ Chi accidenti vuoi che entri all’ora di chiusura se non qualche vecchia rimbambita che ha bisogno di un mazzo di prezzemolo? Fidati del vecchio Ale, è tutto calcolato: appena abbassano a metà la serranda noi entriamo e diamo la paga a tutti!”.
“ Ale, santo cielo, è proprio sotto casa mia, anzi, la casa di mia sorella e sai come sono ‘stè cose…”
“ Stai tremando dalla paura, vero?” mi sibila lo psicopatico.
“ Manco per idea, è che stasera, belan Ale, stasera c’ho un impegno e…”
“ Alva, passo a prenderti stasera verso le sette e trenta, non si discute!”
Ha chiuso il telefono. Sono di nuovo nei casini. Lo sento.

                                       Fine prima parte.                                          Alva.

23 giorni di vacanza gratis.

  

Tutto accadde una sera di molti anni fa. Ero giovane e scalpitante. Il periodo in cui lavoravo come un pazzo nei mesi estivi, per poi andare a far baldoria oltre confine. Di solito nella vecchia e cara Inghilterra. Precisamente a Liverpool. Quella città era come una baldracca di lusso: bella e volgare al tempo stesso; ma se avevi un bel gruzzoletto in tasca, ti avrebbe fatto godere in maniera perversa. Dicevo, andavo là perché c’era birra eccellente e la gente mi piaceva. Non so se io piacevo a loro, ma queste sono cose che non ti chiedi mai, soprattutto quando ci sei in mezzo.

Frequentavo locali terribili, bazzicati perlopiù da teppisti e padri di famiglia alcolizzati.
Stavo bene in quelle bolge. Nessuno faceva domande e, particolare non trascurabile, nessuno dava risposte in caso ce ne fossero state. Eravamo lì tutti per lo stesso motivo: bere.
Si sapeva che non avremmo dovuto romperci l'anima l’un l’altro, pena risse furibonde durante le quali chiunque poteva diventare una bestia assassina incontrollata. Per farla breve, quella sera entrai in un pub tra la Evelyn C.H.  street e la Harbor Columnis road. C’era poca gente e, come al solito, per farmi amico di tutti, offrii da bere ai presenti. Era una mossa astuta. Creavo intorno a me l’aura dell’idiota, di quello che avrebbe pagato di nuovo, di quello da tenere buono per il bicchiere successivo.
Il cameriere portò le birre e noi le assalimmo: erano pinte da un litro e quando ne finivi una, ti era a malapena passata la sete. Ne ordinai un altro giro. anche per tutti gli altri. Ci fu come una piccola ovazione.

“ LUNGA VITA!” - urlò qualcuno.

Mi tastai la saccoccia e valutai positivamente il mio stato economico. Era okay. Mi rilassai. La cosa peggiore che ti poteva capitare, in quel genere di posti, era di rimanere senza denaro.
Attaccai la seconda pinta e iniziai ad assaporarla. Questa volta da professionista: centellinandola con cura. Ero nel bel mezzo di un ragionamento in cui valutavo
quante possibilità potevano esserci, in una ipotetica scala da 1 a 2, che da un momento all’altro potesse entrare Alessandro Baricco, piegato in due dalla stanchezza per aver scaricato, da solo, un container di pellame proveniente dall’India,  quando entrò un ganzo vestito da straccione anzi, come la controfigura di un pezzente in un film di Tarantino sugli “homeless”. Lo guardai. Non era Baricco. Non ci somigliava nemmeno un po’. Peccato! - pensai . Gli avrei offerto una birra anche se lui, in seguito, da quel gesto, ci avrebbe scritto un romanzo. Il tipo ordinò una birra che arrivò quasi subito. Prese la pinta e si avvicinò a me. Lo guardai venirmi incontro e qualcosa dentro di me si attivò con la solita vocina che iniziò a sussurrarmi: “ Stai all’occhio, amico mio, quel fottuto figlio di N.N. ha tutta l’aria di uno che potrebbe, in un amen, scaraventarti nei casini!”.
Al diavolo! - risposi alla vocina - e mi rovesciai una mestolata di rossa giù per il gargarozzo. Il cencioso si piazzò, baldanzosamente, davanti a me e disse: “ Ehi capo, togliti di torno!”.

Abbassai lo sguardo, diedi un sorso alla mia birra e risposi: “ C’è qualcosa che non va, amico?”.
Ebbi come l’impressione che la mia domanda lo avesse fatto incazzare.
“ Questo tavolo è mio!” - urlò il demente.
“ Questo tavolo è di chi si siede!” - risposi, con la calma tipica di chi possiede una saggezza interiore indiscutibile, ma che poi è spesso incline a dimenticarsela quando gli eventi materiali prendono una brutta piega.

Lo straccione diede un colpo alla sua birra.
Io diedi un colpo alla mia.

“Ascolta - disse il rifiuto di fogna - ti do tre minuti per togliere le tue  chiappe dalla sedia del MIO tavolo!”.
“ E io te ne do altrettanti  per toglierti davanti a me!” - risposi.

Diede un altro colpo alla sua birra.
Diedi un altro colpo alla mia.

Ci stavamo studiando. Come fanno i pugili.
Pensai a cosa avrebbe fatto Baricco. Probabilmente avrebbe chiesto un “time out” per prendere appunti.

Ad un tratto si chinò e mi sputò nel bicchiere. Rimasi lì a guardare quella saliva bianca che galleggiava su quell’ottima rossa di Edimburgo poi, lentissimamente, mi alzai con in mano la pinta. Il barbone, ghignando a 16 denti marci, fece mezzo passo indietro. TROPPO POCO, BABY - pensai - e come un fulmine gli sparai il boccale sulla parete destra del suo stupido e vuoto cranio.
Sentii un CRASH. Poi ci fu un fuggi fuggi generale. Sicuramente qualcuno uscì senza pagare il conto. Mi sovvenne che l’avevo già pagato io. Pazienza! Forse avrei dovuto scappare  ma poi pensai che in ogni finale che si rispetti, il protagonista c’è sempre. Così rimasi e tornai a sedermi. Mi arrovellai il cervello per qualche istante nel pensiero di cosa avrebbe fatto Baricco in quel frangente, ma non mi venne in mente nulla. Dirottai i miei pensieri su Hemingway: nulla. Pound: nulla. Baudelaire: nulla. Azzardai Prevert: nulla. Poi mi venne in mente Bukowski e le sue risse da bar: in quel preciso momento mi venne da ruttare. Ruttai con il gorgoglio che solo la birra provoca. Stavo molto meglio! Ringraziai mentalmente il grande scrittore, poiché in quell’occasione non c’era null’altro da fare se non compensare la pressione interna del proprio organismo.

Guardai il pezzente: era a terra come morto, con la testa appoggiata al bancone e un occhio aperto a metà. Il bicchiere, che aveva provocato quell’improvviso stato di torpore al tipo, stranamente, era integro; ma la birra con sputo era schizzata così lontano, in un angolo nascosto del locale, che quasi certamente, il cameriere, il giorno dopo, si sarebbe chiesto come aveva fatto a non vederla il giorno prima, durante le pulizie.

Poco dopo arrivò la polis. Tirarono su l’idiota e qualcuno indicò me. Arrivò un armadio a quattro ante, alto circa due metri e con i capelli a spazzola.

“ Cosa diavolo è successo, amico?” - mi chiese.

Ero felice di essere suo amico.

“ Non so mica - risposi - ha detto che questo tavolo è suo e mi ha sputato nel bicchiere!”.
L’armadio capì immediatamente. Si allontanò un attimo e poi tornò.

“ Ci sei andato giù duro, eh capo ? Ti costerà caro!” - disse con uno sguardo che è tipico del pitbull quando hanno già pranzato.

“ Lo so - risposi facendo sissì con la testa - ma è stata una gran soddisfazione!”.

Sorridendo mi schiaffò un paio di braccialetti luccicanti.

Mi portarono nella prigione della contea. Un bel casermone pulito e ordinato.
Subii un processo in cui si concluse che avevo agito in stato di provocazione, ma con un eccesso di legittima difesa. Il giudice stabilì che se avessi pagato avrei ottenuto immediatamente la libertà. Quello che possedevo era di gran lunga inferiore alla somma richiesta  per la mia cauzione. Ero in “iunaited chingdom” per pagarmi la birra, mica per foraggiare lo stato, quindi per 23 giorni rimasi attaccato alle tette della giustizia inglese.
Un’esperienza indimenticabile!
La finestra della mia cella dava sul mare e in lontananza mi giungevano gli ululati delle navi in partenza.
Per tutto il tempo che vi rimasi, non feci altro che domandarmi quale sarebbe stata la loro destinazione.

                                                                                        

                                                                                         Hal