Alva vede
arrivare Ale con quella stupida saccoccia di pelle triangolare raccattata da qualche nicchia della casa plurisecolare
e fa per dire qualcosa ma Ale parte per la tangente con la sua solita risata
del tipo ahwhahwhawhahwhawhahwahwhawhahwhawhahwhahwhawhhahwhahwhahwh
e capisco che si è di nuovo scolato un mezzo gotto di sambuca del cazzo, intruglio
saraceno di provenienza lidleiana che si incastonerà in maniera criminale tra
la sua cistifellea e il fegato, lato sud, innescando un maledetto e sudicio
cancro che lo scaraventerà due metri sotto terra alla velocità della luce e
così lo guardo come si guarda un incidente stradale che sta accadendo dietro la
tua macchina: dallo specchietto retrovisore che per l’occasione è rappresentato
da un pezzo di specchio a forma della regione liguria con un pezzetto di emilia
romagna appeso alla parete con un chiodo
arrugginito deformato a mò di elle e dentro di me inizia a salire la pressione
perché so che quel drugo alticcio è foriero di una qualche nuova tortura
medioevale che ci farà precipitare per l’ennesima volta nella sensazione
fantastica ed appagante che solo il dolore altrui può dare ma avevo promesso a
me stesso di non partecipare più a certe liturgie infernali perchè sò che i
cattivi sono i primi ad andare all’inferno mentre i buoni arrivano con un certo ritardo solo dopo
aver metabolizzato che in fondo in fondo nel paradiso c’è un clima meraviglioso
mentre qui si può godere di un ottima compagnia e d’un tratto comprendo che ho
detto “mentre qui” come a voler paragonare il presente con l’inferno quando improvvisamente sento il contatore della mia immaginazione che scatta
in off e l’immagine di Ale che apre la saccoccia di pelle si fissa nella mia
memoria a imperituro ricordo di quel che sarò e certamente sono conscio di non
aver più occasioni per dimostrare a lui quanto gli voglio bene e questo
pensiero arriva nell’esatto momento in cui Ale estrae l’oggetto e la mia attenzione si fissa
su una sorta di pinze scure mezze arrugginite e non capisco cosa possano
servirgli fino al momento in cui si avvicina al povero stronzo di Faccozzo, gli
abbaia in faccia di tirare fuori la lingua mentre l’altro non capisce e lo dice
NON CAPISCO ma Ale gli apre la bocca con la mano destra, gli afferra la lingua
con le pinze e dà uno strattone all’indietro mentre il poveretto inizia un urlo tarzaniano
e un pezzo di carne rosa cade sul pavimento sporco di cacca di topo.
Immediatamente comprendo che l’intelligenza è per gli stupidi perché solo
alcuni esseri superiori improvvisano ed è così che mi ritrovo ad improvvisare
aprendo la porta di ingresso e dicendo che vogliamo arrenderci anche se Ale,
con una smorfia di scazzo, tarda un pelo a capire la manovra ma quasi
immediatamente sorride e come un grande attore inizia a parlare come una checca
impaurita urlando che vuole uscire e che si sarebbe arreso così il gruppetto di
sbirri all’esterno decidono di entrare sparando cazzate tipo STIAMO ENTRANDO o
USCITE CON LE MANI ALZATE o SE FATE I BRAVI NESSUNO SI FARA’ DEL MALE ma io ed
Ale, come due piccoli Fonzie siamo tranquilli, calmi, decisi ancora una volta,
purtroppo per loro, a far del male e li vediamo entrare tra mille cautele
godendoci l’esatto momento in cui il Faccozzo , ormai quasi dissanguato, cerca
di comunicare con i colleghi ma la falce lucente della morte , ancora una
volta, ha decretato le regole del gioco e così grazie ad una botola costruita
in tempo di guerra dove i suoi nonni si riparavano dalle bombe, la piccola task
force sbirresca precipita in un pozzo sotto il pavimento profondo nove metri
con un tonfo sordo seguito da un silenzio anche se dopo un certo tot di
minuti qualche fortunato con solo una
decina di osse fratturate inizia a lamentarsi e Ale indispettito mi dice che fare
e io faccio spallucce ma poi vedo la tanica di benzina delle emergenze e con
uno sguardo chiedo consenso anche se so che Ale la pensa come me ma d’altronde
sono in casa sua e così vuoto i 5 litri di benza nel buco e lancio un cerino e
il colpo dell’accensione crea uno spostamento d’aria così potente da far
staccare il lampadario secolare dal soffitto che con un gran tonfo raggiunge il
pavimento. Ale è attonito: lui , il
custode di quel luogo non ha saputo proteggerlo e con un urlo di rabbia afferra
Faccozzo alle gambe e lo trascina al buco anche se ovviamente l’interessato non
è d’accordo e pianta le unghie al terreno avendo ben capito cosa lo attende ma
Ale è forte e con un colpo di reni lo scaglia in quel piccolo altiforno.
Siamo tutti
sudati. Ci sediamo al tavolo di noce del 1600. Su una rastrelliera di metallo
ci sono due bottiglie di Champagne datati 1839. Ale attendeva un momento
speciale per aprirle. Ne afferra una la apre e me la porge poi apre l’altra e
la avvicina con delicatezza alla mia fino a sentire TLING! come in un brindisi poi iniziamo a bere alla
canna ed è più quello che esce dalla bocca di quello che entra nello stomaco ma
non importa: siamo di nuovo io e lui. I custodi di un nuovo inferno.
A&A