VOTAMI!

web sito ImageChef Custom Images "Ormai quasi giunto al termine della mia vita di peccatore, mentre declino canuto insieme al mondo, mi accingo a lasciare su questo blog testimonianza degli eventi a cui mi accadde, mi accade e mi accadrà di assistere durante il periglioso viaggio che mi separa dalla tomba. E Dio mi conceda la grazia di essere testimone trasparente e cronista fedele di quanto ho visto. Possa la mia mano non tremare mentre mi accingo a scrivere certi eventi e ricordare l'inquietudine sottile che opprime l'animo mio mentre mi collego quotidianamente a questo blog poiché oggi ho la certezza che sto rettamente interpretando gli indubitabili presagi ai quali, da quando nacqui, stoltamente, non diedi peso ."

giovedì 16 gennaio 2014

Due bottiglie di gin, qualche panino e un tiramisù.

“No, Alva,non farlo! C'è gente in giro,se entri in quel bar ti noteranno subito!"     

"Faccio una cosa rapida,manco se la danno di chi sono e come sono vestito,Ale"  

I due sbandati non mangiano da  giorni,sono leggermente maleodoranti e con la barba incolta.  Alva ha fame e quando ha fame non riconosce più valori o leggi, e la sua regola principe è che non ci sono regole. Ale si dispone a qualche metro dal bar-bersaglio pronto a far cenni se dovesse arrivare della sbirraglia.  Alva entra ostentando non-chalance,adocchia alcuni panini nella teca e,con vocina mieloso-ruffianoide, si rivolge al barista,un tipo tozzo,basso e sui sessantacinque.

"Mi scusi,signore,quanto me li mette questi panini?"    

"Sono tre euro cadauno" risponde secco l'altro che, va a sapere come, fiuta in Alva il tipico ceffo sbandato,pur non notando in lui alcunché che lo possa assimilare ai classici tossici di periferia.
Ale nel frattempo ferma una coppia di ragazze sui 18 anni,chiede loro cortesemente se hanno moneta da regalargli e,per tutta risposta,rimedia un dito medio da entrambe.
Alva intanto apre la teca,sfila 4 panini,li appoggia sulla teca stessa e finge di cercare i soldi nella tasca lurida dei suoi jeans bisunti. Il barista lo guarda perplesso,poi, come in una tragedia sofoclèa,tutto accade,alla velocità della luce. Alva chiede scusa e bofonchia qualcosa sul fatto che non mangia da giorni e gli han rubato il portafogli, l'altro corre verso di lui con una mazza da baseball, estratta fulmineamente da un 
ripostiglio sotto il bancone, e gli rifila una tranvata sulla spalla sinistra. Alva grida,e 
al contempo si incazza:si scaglia a testa bassa sull'altro e lo scaraventa,di schiena,
contro la teca dei panini,che si infrange e rovescia al suolo focacce e tiramisù un po'
frolli. Il barman non fa in tempo a rialzarsi perchè una scarpata di Alva numero 47 lo prende allo
zigomo destro facendogli sbattere la tempia sul lato tagliente del supporto in legno: l'uomo sbarra gli occhi,un sottile filo di sangue gli sgorga dall'occhio destro e in un  millisecondo Ale,da fuori,lo vede accasciarsi lentamente sul pavimento. Alva resta fermo,quasi incredulo,e inizia a piangere,gridando cazzate tipo "…non volevo farlo!non  volevo farlo!"
Ale a quel punto piomba nel bar,salta il corpo steso e guizza oltre il bancone, rapidissimo; acchiappa due bottiglie di gin,poi apre la cassa e prende quanti più quattrini riesce ad afferrare.

"Muoviti  Alva, porca puttana,è questione di sopravvivenza!"

Gli mette in mano le bottiglie e arraffa i panini  sparsi per terra,infilandoli dentro il suo vecchio,liso e lercissimo tascapane,reperto archeologico dei suoi trascorsi da picchiatore di autonoma operaia di svariati decenni prima. Due secondi dopo si lancia fuori del locale,trascinandosi per mano il suo inebetito partner di sortita. I due corrono a  perdifiato,si dirigono verso la zona porto,il buio in parte li aiuta nella loro fuga. Quando il caos e lo sconcerto assalgono i primi curiosi, accorsi a constatare le condizioni dell'infelice barista,
Ale e Alva sono abbastanza lontano:i due riescono a sfuggire ai carabinieri, giunti pochi minuti dopo,avvisati a loro volta da alcune vecchie starnazzanti. 

"Cazzo, Ale,ma dove stiamo andando?!!"  -gracchia Alva-

"Scendiamo verso la spiaggia e troviamo un buco per nasconderci,cazzo!" -replica,roco e 
trafelato,l'altro- 

"Io non lo volevo ammazzare,io non ammazzo la gente...Vacca puttana!"

"Alva,piantala,porca troia,non è stata colpa tua,e poi quello stronzo poteva anche 
farti credito,no?! Si vedeva lontano un miglio che sei alla fame!"  

I due imboccano un  vicolo pregno di miasmi misto pesce morto/urina umana e ad un tratto si trovano di fronte ad una ringhiera,costituita di due barre trasversali alte circa un metro,imbullonate
ad una fila di paletti mezzi arrugginiti.

"Porca di quella puttana,qui bisogna saltare,il vicolo è sotto,io me lo ricordavo a livello della strada: dài saltiamo!" -esclama Ale-  

I due ormai sono disperati e non connettono molto,i due  metri e mezzo di salto non li fermano.
Prima va Alva,spinto dall'amico: atterra malamente,rotola su se stesso e si rialza;

"Dai Ale,vieni! Anzi,un attimo,aspet..."

 Alva intravede qualcosa di strano nel buio, come una sagoma scura,oblunga,rimasta nel cono d'ombra rispetto ai lampioni della strada sovrastante,ma non fa in tempo ad avvertire l'amico.
Ale si è gettato,a piedi uniti,tascapane a tracolla e tiramisù  infilato nelle mutande, all' altezza del pube; quando atterra,si sorprende dell'inquietante effetto-petardo causato dal suo impatto con il pavimento del vicolo:un tonfo sordo,simile ad un palloncino gonfiato a bocca e fatto esplodere a mani unite,ed ecco che uno spruzzo caldo e pastoso gli colpisce la faccia,da sotto. In un nanosecondo si accorge di essere piombato a piedi giunti su una specie di sacco dei rifiuti,solo un po' troppo solido per essere ripieno di sola immondizia. Lo slancio lo manda,in scivolata,a mezzo metro da Alva. I due si guardano,un po' sbalorditi,poi si avvicinano alla sagoma scura,da cui
notano scorrere del liquido denso;i loro occhi si stanno abituando alla luce scarsa del
lungo mare,subito li pervade un mix di orrore e schifo.

"Ma..ma...quella è..era.." azzarda,titubante,Ale  

 "Una testa umana,porca di quella troia marcia..." –soggiunge intontito,Alva   

Ale è caduto in pieno sul cranio di un clochard:lo sfigato cencioso si era avvolto in un sacco nero dell'immondizia e,per prendere sonno più facilmente, si era posizionato ai piedi del muro,lontano dalla luce dei lampioni. Ale,cadendo su di lui,gli ha fatto esplodere la calotta cranica,schizzi di cervello sono sparsi fino a un  metro e mezzo di distanza e alcuni sono spiccicati sulle suole dello stesso Ale. 

"Io non volevo ammazzarlo..non volevo ammazzarlo!" -piagnucola disperato Ale- 

"Lo so,amico, è stato un incidente,dai,andiamo via,se no qualcuno ci vede" -prova a rincuorarlo Alva- 

I due ora corrono verso le luci del faro,fortunatamente non incrociano nessuno per alcuni interminabili minuti. Ora si siedono,sono stanchi,disperati,corrosi dal rimorso. Trascorrono ore fissando il mare. L'odore della salsedine e il ritmico infrangersi della risacca cullano le loro menti offuscate,risvegliandoli gradualmente dalla torpida psico labilità che li ha tenuti in scacco fino a quel momento. Alva stappa le bottiglie di gin, Ale estrae le vivande dal tascapane;i due iniziano a mangiare. Le stelle adesso splendono come tanti lumini argentati,alcuni ratti si fermano a osservare quei due avanzi di uomini che divorano rumorosamente i panini e bevono a canna il gin; Alex tira fuori dalle sue mutande il tiramisù,piuttosto frammezzato .

"Alex,cazzo,è buonissimo, con uno strano retrogusto!" 

Alex non risponde,dentro di se riderebbe,all'idea che i suoi afrori pubici hanno condito il dolciume piuttosto stantio,ma la vista di quella testa di barbone, esplosa  sotto i suoi piedi come un gavettone,lo ricaccia in una tetra abulia da shock emotivo.  L'altro mastica e ingurgita a più non posso,ma pare un bulimico più che un affamato, e la scena di quel vecchio barista ,stramazzato a terra e con gli occhi fissi,lo pinza dentro, come un demonio implacabile. Poco dopo i due riprendono il cammino,la stazione ferroviaria non è distante.
Saliranno sul primo treno,destinazione ignota.
I soldi rubati alla cassa forse basteranno per tirare un altro paio di giorni,poi si vedrà. Sempre che i caramba non li becchino strada facendo.
Alva e Ale,ridotti all'accattonaggio da traversie imprevedibili, e trasformati in  omicidi senza averlo scelto,adesso si trascinano in un nuovo inferno,peggiore di quelli precedenti cui, bene o male,  erano avvezzi.
Albeggia.


I due salgono alla spicciolata sull'ultimo scompartimento,ovviamente sprovvisti di biglietto e in un paio di minuti la stazione di Genova Principe scompare dal finestrino lurido su cui i due si sono appoggiati e addormentati.