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web sito ImageChef Custom Images "Ormai quasi giunto al termine della mia vita di peccatore, mentre declino canuto insieme al mondo, mi accingo a lasciare su questo blog testimonianza degli eventi a cui mi accadde, mi accade e mi accadrà di assistere durante il periglioso viaggio che mi separa dalla tomba. E Dio mi conceda la grazia di essere testimone trasparente e cronista fedele di quanto ho visto. Possa la mia mano non tremare mentre mi accingo a scrivere certi eventi e ricordare l'inquietudine sottile che opprime l'animo mio mentre mi collego quotidianamente a questo blog poiché oggi ho la certezza che sto rettamente interpretando gli indubitabili presagi ai quali, da quando nacqui, stoltamente, non diedi peso ."

sabato 8 dicembre 2012

Due vecchi bastardi.


Alvino Micheloni cammina lentamente. I suoi 84 anni si fanno sentire,specialmente in questa fredda giornata di dicembre. Sono le 15,il fiume Bormida scorre pigro e  freddo sotto l'arcata del ponte Carlo Alberto,il sole brilla dorato,sopra le colline di sud- ovest e la mancanza di vento rende comunque gradevole una passeggiata in corso Bagni. Alvino giunge alla fine del ponte,poi si ferma: non sa se proseguire dritto oppure
attraversare,per portarsi sul lato est del medesimo. Sceglie quest'ultima ipotesi e si incammina,lento e pensoso:pare la riedizione un po' più agile del Balordo,impersonato da Tino Buazzelli  alla rai tv,tratto dall'omonimo romanzo e andato in onda settanta anni prima. Fatti pochi passi si ferma un po' perplesso: a qualche decina di metri,attraversata la strada,ecco un anziano signore,anche lui evidentemente ottuagenario,che,all'aspetto,
così snello e dignitosamente assorto,gli ricorda un suo vecchissimo amico di decenni  prima. Alvino riprende a camminare,incespica lievemente in un rialzo del marciapiede, poi si ferma sul lato della strada opposto a dove l'altro,di spalle, pare tutto intento a contemplare qualcosa. No!,non gli pare possibile!Non può essere lui dopo così tanto tempo.
Quel "lui" altri non è che Sandro Pagelli,coetaneo di Alvino e,circa settant' anni prima, suo compagno di banco (e di merende) ai tempi delle medie,quando ancora si usavano le stilografiche e si studiava il congiuntivo.
Sandro è invecchiato ma con onore,tutto sommato. Sta guardando la piscina,attraverso la rete di recinzione:le vasche sono senz'acqua,come sempre nei mesi invernali. Non si accorge del suo amico per la pelle fino a che quello non lo saluta.
"Sandro,Sandro,ma sei proprio tu?" 
"Si,ma lei scusi chi è...è…A..Alv…ino?"
I due sono emozionati,per qualche secondo gli si azzera la salivazione in bocca a entrambi. Alvino si raschia la gola e Sandro tossisce per l'emozione: poi si abbracciano.
“Alvino ma che cavolo ci fai tu qui? Ti credevo in Liguria”
“ Si,ci vivo ancora ma è che da quando non c'è più mia madre amo venire ogni tanto in questa cittadina, sai,i ricordi...”  
“ A chi lo dici! E tu ti ricordi che là,oltre il ponte,al numero 148 ci stava mia zia? Ma come fai a ricordarla,saranno passati 70 anni…però:ti trovo bene sai?Non hai nemmeno un filo di pancia! Ah ah ah!”
“Non mi lamento,Sandro,l'unica rogna sono i reumatismi alla schiena. A volte mi trafiggono come pugnali,porca l'oca!” 
“ Capperi,Alvino, non sentivo dire porca l'oca dalla fine del '900, eh eh eh eh! Ti ricordi la piscina? Avevamo 13 anni e sguazzavamo in quella broda verdognola ,mista a cloro e pisciate, per intere ore. Quella orrenda mistura ci sembrava il Paradiso. Già. Tra l’altro, tra un po' sapremo se il Paradiso esiste o se sono tutte fanfaluche,Sandro!” 

 I due ora prendono a camminare,fianco a fianco, costeggiano adagio la piscina,avvicinandosi alla vecchia entrata del Kursaal. In lontananza,più o meno all'altezza della curva che immette verso la vecchia gelateria Canelìn, intravedono un altro vecchietto:è un po' curvo,espressione malinconica,e pur tuttavia un'andatura vivace,agevolata dalla non elevata statura corporea. Ancora qualche passo e i tre si scambiano uno sguardo che sfiora l'incredulo e quasi trasalgono per lo stupore reciprocamente indotto:il vecchietto trotterellante è, incredibile ma vero,Ulderico Pesciazzi! Ma si,il buon vecchio(ora molto vecchio) Ulderico,detto amichevolmente
"Udo". Anche lui era un compagno di scuola dei tempi antichissimi,e a quei tempi era rinomato per la sua attitudine spiccata agli strumenti a fiato (il fagotto era il suo unico vero amore.) 


 "Udo!" "Udo!!" gridano i due anziani mentre Ulderico si ferma come inebetito, sgrana gli occhi,inforca gli occhiali e finalmente prorompe in un sonoro:
"Ragazzi,...ma... siete proprio voi?!  Alvone e Sandro...che sorpresa..." (Udo soleva chiamare così Alvino,per via della sua robustezza fisica e dell'altezza). 

"Che bello rivedervi..." 

I tre si abbracciano e riprendono la camminata in direzione dell’ ingresso della piscina poi risalgono verso il ponte,alternando momenti di gioiose rimembranze ad altri,interminabili, di mesto silenzio. 

Ed è proprio all’interno di uno di quei silenzi che ad Alvino, d’un tratto,  viene in mente quel lontanissimo giorno in cui Ulderico, allora famoso suonatore e compositore di successo, fece fare una figura di merda a loro due , nel mezzo di Corso Italia, zeppo di bella gente che stava facendo le “vasche”, urlando una frase che allora era molto in voga: “ NON STATE CON LORO SE NO VI FARANNO FARE DEGLI SQUARCI! SONO SOLO DUE BUONI A NULLA!”. Quindi Alvino si ferma e informa Sandro del flashback. L’occhio intorbidito dell’altro ha un sussulto come quando ci si ricorda alle sei di sera di avere ancora in macchina il figlio che avrebbe dovuto essere alle 9 del mattino all’asilo così, giunti all'incrocio con la circonvallazione che va ad Alessandria, Alvino dice a Sandro: “ Ti ricordi cosa dice Genesi capitolo 4 versetto 8?” Sandro fa un sorriso che somiglia molto ad un ghigno poiché è sempre stato ferrato nella Bibbia quindi si rivolge a Ulderico e gli domanda:” Hai visto, mio caro, laggiù in fondo alla scarpata, quel campo di canne?” L’altro , dopo aver inforcato i suoi occhiali, risponde:” Certo, ricordo che una volta, durante uno dei miei concerti, portai proprio là una tipa e me ne feci un boccone!” Il suo sorriso sdentato fa appena in tempo a far entrare un po’ d’aria fresca tra le gengive consunte che una testata di Sandro lo centra in pieno volto. Sandro da ragazzo aveva spaccato più teste in quella maniera di quello che sarebbe riuscito a fare ai nostri giorni uno sbirro in assetto anti sommossa. Il colpo fa indietreggiare di almeno tre passi il povero Ulderico che, proprio al limite della scarpata che scende verso la Bormida, incontra la gamba destra tesa di Alvino, impedendogli di rimanere in piedi. I  vecchi amici guardano soddisfatti il rotolio nel fango di Ulderico e la sua brusca fermata dentro una gigantesca pozzanghera melmosa. Dopo essersi assicurati che nessun pericolo potesse danneggiarlo ulteriormente i due riprendono a camminare. Come nulla fosse accaduto. Erano ambedue convinti che la sorte , prima o poi, ti ripagava per quello che avevi fatto e quell’episodio era rientrato nell’opzione “poi”.  Nella loro chiacchierata estemporanea che seguì fecero l'inventario delle loro vite:erano pensionati al minimo e vivevano con molto poco. Alvino ogni tanto scriveva ancora trame di potenziali romanzi best-seller,più che altro per far passare i pomeriggi,seduto alla sua scrivania posta presso il balcone della stanza che dà sulla massicciata del treno,al terzo piano sopra la  Galleria Volta. 
Sandro stava in campagna, vicino ad Alessandria,in una vecchia cascina in mezzo alle nebbie padane (d'inverno)  e a nugoli di zanzare (d'estate). Ogni tanto qualcuno gli passava ancora delle brevi traduzioni dal tedesco che lui ,instancabilmente, eseguiva per le Edizioni Paoline:ovviamente senza essere pagato,ma retribuito in termini di preghiere volte a preparargli un sereno(si spera) al di là.

Un solo filo invisibile univa e complementava questi due poveri vecchi che nella loro vita avevano saputo coltivare una sola virtù;forse l'unica che potesse giustificare una  serena longevità condita da una malinconia di base ma, cosa ben più importante: non avevano mai perso per strada la dolcezza del loro cuore ricordando sempre che, in fondo in fondo,erano rimasti come un tempo: due sani e coraggiosi bastardi anche se ora, a volte, i ragazzini li chiamano “vecchi”. Ovviamente, a loro rischio e pericolo.

          Ale&Alva.