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web sito ImageChef Custom Images "Ormai quasi giunto al termine della mia vita di peccatore, mentre declino canuto insieme al mondo, mi accingo a lasciare su questo blog testimonianza degli eventi a cui mi accadde, mi accade e mi accadrà di assistere durante il periglioso viaggio che mi separa dalla tomba. E Dio mi conceda la grazia di essere testimone trasparente e cronista fedele di quanto ho visto. Possa la mia mano non tremare mentre mi accingo a scrivere certi eventi e ricordare l'inquietudine sottile che opprime l'animo mio mentre mi collego quotidianamente a questo blog poiché oggi ho la certezza che sto rettamente interpretando gli indubitabili presagi ai quali, da quando nacqui, stoltamente, non diedi peso ."

giovedì 15 settembre 2016

Le sue parole.


                                     

 




La notte si era appena dileguata intorno a lui, senza avergli permesso di dormire, inchiodandolo ad uno stato di veglia talmente brutale da stordirlo. Stava sdraiato a terra, di fianco al suo letto, a causa della sbronza della sera prima.

Tutto intorno, sparsi sul pavimento. centinaia di fogli, con su scritti milioni di parole; tutte nate dalla sua rabbia, dal suo dolore, dalla sua disperazione.

In mezzo a tutta quella carta c’era ancora la busta strappata che conteneva l’ennesima lettera di rifiuto, l’ennesimo editore che aveva distrutto il suo sogno di vedere pubblicate le sue poesie, i suoi racconti, i suoi pensieri stupidi.

Erano le sue parole. Ed erano li per terra. Sarebbe bastato spazzarle via o bruciarle per non vederle mai più. Tutto a un tratto iniziò ad odiarle. Aveva speso un bel pezzo della sua vita per scriverle, rinunciando ad amicizie, perdendo donne meravigliose e trattando se stesso come l’ultimo degli ultimi.

Evidentemente a nessuno interessavano. Non c’era una sola anima illuminata in tutto quel buio di incertezza. Era un fallito, anche se nessuno glielo aveva mai detto esplicitamente. Avrebbe potuto scrivere romanzi d’amore, fiabe o addirittura fantascienza...e invece NO!!

Tutte quelle cose sulle brutture della vita lo avevano annientato in tutti i sensi...e ora erano li sul pavimento che attendevano di essere calpestate o riposte con cura in qualche angolo di un solaio dove il tempo, i topi e l’umidità si sarebbero divertiti a farne scempio.

Si issò faticosamente sulle ginocchia ed iniziò a raccogliere tutti quei fogli.

Impiegò parecchio tempo per sistemarli sul tavolo e quando ebbe finito, davanti a se, si formò un’alta colonna di un bianco opaco e con i lati irregolari.

Pareva il lungo collo di una mostruosa creatura. Lo guardò a lungo, barcollando leggermente in avanti, poi con passo insicuro si diresse verso il ripostiglio. Dal suo interno tirò fuori un enorme zaino di un blu ormai scolorito che gli proiettò nella mente tutti i bellissimi viaggi fatti in sua compagnia. Se lo avvicinò al naso e con dei profondi respiri lo annusò; puzzava di muffa e polvere di decenni ma con un incredibile sforzo sensoriale riuscì ancora a percepire il profumo di nuovo che aveva quando lo acquistò da ragazzo. Lo aprì e lo sistemò sul tavolo. Senza indugiare lo riempì con tutta quella carta. Poi lo richiuse e se lo mise in spalla, accusandone il forte peso. Uscì dalla sua vecchia abitazione e si diresse verso quell’alta collina sulla quale, da giovincello, amava recarsi alla sera per guardare la città dall’alto, seduto sopra uno sperone roccioso che fuoriusciva così tanto da una sua parete da dare l’impressione, a chiunque lo guardasse dal basso, di vedere un trampolino per i tuffi, anche se sotto non c’era la piscina con l’acqua ma 50 metri di vuoto e i binari della ferrovia sui quali, ogni tanto, scorrevano pesantemente lunghissimi treni merci diretti verso gli appennini e poi oltre fino al mare.

Il suo cammino fu lento e faticoso.

Ci fu un attimo in cui gli parve di realizzare l’esatto stato d’animo di Gesù Cristo mentre, con la croce sulle spalle, scalava il Golgota.

Ma fu solo un attimo. Il tempo scorreva. La luce diminuì e la notte scese, ammorbando ogni cosa di buio. Egli arrivò ansimante su quella protuberanza rocciosa; posò lo zaino e si sedette con le gambe a penzoloni nel vuoto.



SI!

La sua città c’era ancora! Solo che ora splendevano molte più luci e si potevano vedere sfrecciare molte più macchine sulle strade. Rimase in quella posizione ad osservare quel turbinio di luci per oltre un’ora.

Poi gli parve che la città si fosse addormentata; le luci nelle case si erano spente una dietro l’altra e anche il fiume, che si srotolava pigramente giù nella vallata, sembrava essersi assopito.

Si ridestò dalle sue visioni ad occhi aperti e si alzò in piedi. Sporse cautamente il corpo in avanti, osservò il vuoto e sputò. Indietreggiò di qualche passo e afferrò lo zaino. Lo riaprì facendolo strisciare fino al bordo dello sperone di roccia. Alzando lo sguardo si accorse di un meraviglioso cielo stellato; quante volte lo aveva guardato cercando ispirazione.

Ed ora era lì, davanti a lui, sopra di lui, ovunque.

La serata sembrava giusta per pareggiare i conti con l’universo.

Estrasse i fogli di carta zeppi di parole.


Erano le sue parole.


Le aveva scritte lui dopo aver bevuto, dopo aver pianto e urlato la sua pazzia al mondo intero. Con un lento gesto le alzò verso il cielo, come in un propiziatorio dono al nulla...e le scagliò nel vuoto.

Dapprima quel mucchio di fogli parve precipitare poi, come in un improvviso battito d’ali, esplose e ognuno di quei fogli prese una direzione diversa dall’altro.


Erano le sue parole.
Lui le aveva scritte.


Continuò a lanciare quella carta nell’infinito fino a che lo zaino fu vuoto.

Subito dopo gli assestò un calcio, abbandonandolo a se stesso quindi prese la strada del ritorno velocemente, senza voltarsi.



MA COSA AVEVA FATTO?



Si era separato dall’unica cosa in grado di tenerlo in vita...forse ancora per qualche anno!



Continuò a camminare.



Cosa avrebbe letto d’ora in poi? Il giornale con le notizie sportive? Un libro di cucina? L’oroscopo della settimana? I necrologi?



I suoi piedi divennero pesanti a tal punto che si dovette fermare. Rimase come pietrificato per qualche secondo poi, con un gesto leggiadro, si voltò e quello che vide lo stupì più di ogni altra cosa al mondo: tutti i suoi fogli, le sue parole, i suoi pezzi di vita ERANO DAVANTI A LUI! Come un’immensa nuvola bianca che si stagliava nel cielo stellato. Probabilmente una corrente ascensionale li aveva sollevati verso l’alto. Ma lui non volle interpretare la cosa scientificamente.

Ci voleva poco a capire che si trattava di un segno del destino.

Erano le sue parole. Lui le aveva scritte. Ne era certo.

Guardò quella nuvola come un bambino guarda i fuochi d’artificio quindi iniziò a correre.

Dapprima lentamente, poi sempre più velocemente verso di essa.

Gli vennero in mente molte cose in quegli attimi: la sua vecchia madre, il padre che non aveva mai avuto, la sua infanzia, i suoi figli che lo avevano abbandonato, la casa dove aveva vissuto, le donne che aveva amato....DIO.



La nuvola era sempre li, davanti a lui, ogni attimo più vicina.



Mentre correva iniziò a piangere con un misto di tristezza, dolore e felicità.



Il trampolino di roccia stava per finire ma la sua corsa era costante, sinuosa, elegante.



I suoi fogli galleggiavano nel vuoto, come in attesa di qualcosa...o di qualcuno.



Percorse gli ultimi metri e con un balzo si staccò dal suolo...a braccia aperte...con un sorriso...verso le sue parole.


Le aveva scritte lui.