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web sito ImageChef Custom Images "Ormai quasi giunto al termine della mia vita di peccatore, mentre declino canuto insieme al mondo, mi accingo a lasciare su questo blog testimonianza degli eventi a cui mi accadde, mi accade e mi accadrà di assistere durante il periglioso viaggio che mi separa dalla tomba. E Dio mi conceda la grazia di essere testimone trasparente e cronista fedele di quanto ho visto. Possa la mia mano non tremare mentre mi accingo a scrivere certi eventi e ricordare l'inquietudine sottile che opprime l'animo mio mentre mi collego quotidianamente a questo blog poiché oggi ho la certezza che sto rettamente interpretando gli indubitabili presagi ai quali, da quando nacqui, stoltamente, non diedi peso ."

venerdì 15 febbraio 2013

Valium.


Diede un’occhiata circolare alla grande stanza: lo sguardo abbracciò l’ampio tavolo barocco che fungeva da scrivania, sopra al tappeto persiano; si spostò, poi, all'arazzo secentesco che occupava tutta la parete alle spalle di una poltrona dirigenziale, in morbida pelle scura sulla quale aveva passato un considerevole periodo di tempo negli ultimi dieci anni della sua vita.
Non sarebbe stato rieletto alla carica di sottosegretario all'ambiente  d'altronde il giorno prima, aveva rassegnato le proprie dimissioni e non lo aveva neppure sfiorato, nei mesi precedenti, l’idea di ripresentarsi candidato alle elezioni che si sarebbero tenute tra meno di dieci giorni.
Era stata una questione di buongusto, un ultimo anelito alla decenza.
Qualche settimana prima  era già stato arrestato l’amministratore delegato e i tre soci dell’A.N.T.E.C., un’industria chimica sorta alla fine degli anni ’70, proprio in prossimità di un’area urbana, in un paesino dell’estremo sud italiano.
Era solo una questione di tempo e sarebbero arrivati fino a lui, se già non lo avevano fatto. Quando? Domani? O forse il giorno dopo ancora?
La stampa avrebbe messo in piazza i suoi traffici illeciti e tutti avrebbero saputo che razza di farabutto era“l’Onorevole Alvaro De Michelis” nato a Genova, zona Campi.
In vent'anni di corruzione politica aveva intascato una quantità tale di mazzette, sulla pelle della povera gente, da poter considerarsi un uomo ricco. Gli anni del silenzio e della connivenza avevano prodotto, almeno ottanta morti, causati da tumori direttamente collegati all'inquinamento ambientale prodotto dalla fabbrica. Così aveva stabilito la magistratura.
A lui, invece, tutti quegli anni avevano fruttato “solo” parecchi milioni di euro.
Certo, a sua discolpa poteva invocare il fatto che a essere marcio fosse il sistema e che fossero implicati altri organi di controllo e di tutela, ma LUI sapeva e aveva taciuto per vigliaccheria, per cupidigia e aveva mandato la sua coscienza in vacanza. Ma ora  si rendeva conto dell’immane disastro che aveva permesso e qualcosa giù, più o meno all'altezza delle viscere, si contorceva come una biscia impazzita, procurandogli a tratti un dolore acuto. Dapprima si era spaventato pensando a un brutto male, poi aveva capito: la coscienza aveva terminato le vacanze e lo incalzava senza lasciargli respiro.

Pensò alla sua famiglia: anche loro avrebbero saputo. Non osava considerare quell'evento.
Incrociò lo sguardo di sua moglie Viviana e dei figli Marco e Serena che gli sorridevano dalla raffinata cornice in argento e cristallo sulla scrivania, ancora ignari della bufera mediatica che di lì a poco li avrebbe travolti tutti. Lui, nella foto,rimaneva dietro di loro con le braccia allargate, circondando tutti e tre in un abbraccio protettivo.
Pensò al periodo felice di quell'istantanea  scattata una ventina di anni prima: aveva circa trent'anni, pochi soldi, tanti sogni e una famiglia felice.
Poi le cose erano cambiate.
Si concentrò sul suo viso acerbo di giovane uomo, riprodotto accanto a quello raggiante di Viviana: il suo sguardo diretto e aperto e il suo sorriso fiducioso dicevano qual era il futuro che voleva, non solo per se e la sua famiglia, ma per l’intera società della quale si riteneva parte integrante. Allora aveva ideali irrinunciabili di giustizia e condivisione, per stabilire i quali aveva pensato che il mezzo più idoneo fosse proprio una vita spesa nella politica: nella buona politica.
Era un puro e si commuoveva nel ricordo della sua genuina fede per la ragion di stato e di come si spendeva con zelo e vigore a favore dei deboli.
Non riusciva a ricordare quando le cose fossero cambiate: forse era successo in maniera impercettibile, oggi un orologio d’oro, domani un’auto di lusso, e poi la barca ,l’appartamento e soldi, tanti soldi. Poi, come una barca che perde l’ancoraggio, pian piano si era trovato al largo invischiato in un mare di acque oscure, vischiose e maleodoranti.
Notò quanto si era trasformato in quegli anni e quale sorta di metamorfosi incontrollata aveva modificato il suo sguardo che era diventato sfuggente e velato; non riusciva più nemmeno a sorridere; le sue labbra si tiravano, solo, in una specie di ghigno acido. La luce che brillava nei suoi occhi si era spenta e aveva lasciato il posto a un’espressione fissa e fredda. Rifletté che, mentre alla miseria non ci si abitua mai, si fa presto ad assuefarsi al lusso, alle cose belle e lui, per delirio di possesso, per brama di potere, aveva venduto la cosa più importante che aveva: la sua anima, anche se non esattamente per un piatto di lenticchie.
Raccolse in una scatola di cartone gli ultimi effetti personali, svuotando i due cassetti posti sotto le doppie ante di un mobile, alla destra della scrivania: anche quello un pezzo unico di antiquariato. Per ultima, in cima alla pila delle sue cose, pose la cornice con la fotografia.
Durante la giornata aveva prenotato una camera in un alberghetto vicino al Ministero. Avrebbe passato la notte lì: non se la sentiva di tornare a casa.
Uscito per strada, si avviò verso la farmacia di fronte, comprò una confezione di Valium e con la scatola in tasca, lentamente si avviò verso l’albergo. Quel farmaco lo avrebbe fatto dormire. Aveva bisogno di riposare. Era troppo stanco.
Mentre imboccava la porta d’ingresso, gli venne in mente una canzone degli anni ottanta di Vasco Rossi : “… 10 gocce di Valium per dormire bene,20 per dormire meglio, 100  per dormire del tutto”. Sorrise e per la prima volta dopo settimane, si accorse che il dolore in fondo allo stomaco, non c’era più.
Certo, rifletté, suicidarsi col sonnifero è da deboli, da vigliacchi, da codardi e forse da donne. D'altronde lui era stato tutto questo e anche qualcosa in più. Per quanto riguardava l’esser donna non ci era andato tanto lontano dato che le palle non le aveva mai avute.

                                                                                        Alvaro.