Ho ballato un’infinita danza
attendendo i paradisi dell’alba
e tutto ciò
che era nel bagliore della notte
l’ho lasciato nel bagliore della notte.
Ho vissuto e amato
odiato e amato
baciato e amato
e nutrito il battito del mio respiro.
Sentivo la vita come infinita
e il mondo come infinito
senza la fine dei suoi giorni.
Era infinito anche il profumo dell’amore
mentre gemevo per un orgasmo perduto.
Mi sentivo eterno
come l’anonimo volto della morte
e il rumore
con le sue eterne allucinazioni
confondeva la mia anima.
Un giorno lasciai la mia memoria
sui tetti di Gerusalemme
mentre calava il tramonto
e osservai un nostalgico elefante
immergere la proboscide nel fiume.
La nausea riempiva il mio corpo
e solo il canto
di un upupa lontana
mi salvò dalla pazzia
ma ora
che ho 49 anni
cerco l’amante
che non mi soddisferà
in una guerra
dove il tempo scivola a terra
trasformando l’atto del sesso
e l’atto della poesia
nel momento dello scrivere
e del venire
e anche se leggo Proust ed Apollinaire
o Sartre e Beauvoir
a volte ho difficoltà a scrivere
e le parole non emergono sulla carta
così accendo una piccola lampada
che disegna un cerchio sul foglio
e attendo:
è la luce che conta.
E’ la luce che attira i pesci di notte.
Alva.