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web sito ImageChef Custom Images "Ormai quasi giunto al termine della mia vita di peccatore, mentre declino canuto insieme al mondo, mi accingo a lasciare su questo blog testimonianza degli eventi a cui mi accadde, mi accade e mi accadrà di assistere durante il periglioso viaggio che mi separa dalla tomba. E Dio mi conceda la grazia di essere testimone trasparente e cronista fedele di quanto ho visto. Possa la mia mano non tremare mentre mi accingo a scrivere certi eventi e ricordare l'inquietudine sottile che opprime l'animo mio mentre mi collego quotidianamente a questo blog poiché oggi ho la certezza che sto rettamente interpretando gli indubitabili presagi ai quali, da quando nacqui, stoltamente, non diedi peso ."

mercoledì 21 marzo 2012

Un bacio?

Quella notte l'aveva passata a tradurre dal tedesco all'italiano.Ale si era infilato
nel letto verso le 5 e mezza,otto ore di sonno ed ora stava silenzioso nel letto,
nella buia penombra della camera,a meditare sul film della sua vita.La casa era avvolta
nel suo consueto silenzio,favorito dallo spessore di quei muri antichi,che,dal lato nord,
prospicente la strada comunale ed i campi,escludeva il rumore di cani,galli e uccellini,
proveniente dal lato sud,soleggiato e ricco di vegetazione. Non se ne faceva una ragione:
non aveva raggiunto una sintesi,in tutte le sue esperienze esistenziali,e questo lo 
aveva precipitato in un cupo fatalismo dalle arcaiche sfumature di morte.
Si alzò,si infilò i consueti vestiti da casa e si diresse all'armadio a muro che si trovava
un paio di camere più avanti;aprì l'anta e tirò fuori la corda:era una fune da traino,
con ai capi due ganci da alpinista. Percorse il lungo corridoio,giungendo alla porta
dai vetri opachi:essa separava la casa dallo scalone vecchio. Lo scalone vecchio conduceva
al solaio,e aveva una caratteristica estetica molto bella:era dotato di una ringhiera in ferro
battuto,che,su due livelli,era posizionata come a delimitare un balcone.Scelse quella che dava
sul vuoto,rispetto al muro con la finestrona del lato nord.Legò un capo alla base della 
ringhiera e si passò,tre volte la corda intorno al collo. Era deciso a chiudere con la vita e 
con tutte quelle sintesi mancate che ne erano state la caratteristica precipua. Scavalcò
la ringhiera.Proprio nel preciso istante in cui stava per lasciarsi cadere nel vuoto-
aveva calcolato che lo strappo susseguente lo avrebbe accoppato in un decimo di
secondo,troncandogli la vertebra cervicale-sentì come un impalpabile,leggerissimo
tocco sulla fronte:era umido,quasi si fosse trattato di un bacio invisibile.Ma chi poteva
volerlo salutare con un bacio,e per di più dal mondo dell'Invisibile?! Il quesito era
imbarazzante...no,non poteva morire con un ulteriore motivo di disappunto,relativo
a questa ennesima domanda senza risposta:riscavalcò la ringhiera e si tolse la corda dal
collo,lasciandola sul pavimento. Scese tutto lo scalone,passò per la cameretta del 
sottoscala,dove riposava un vecchio stufone in ghisa,antica caldaia dei tempi dei
nonni,e attraversò la casa,portandosi in giardino.Il verde aprìco del prato era 
invitante:ammirò i fiorellini azzurri,le prime viole bellissime-era il 21 marzo- e si
intrattenne ad ammirare le sue preferite,lui le chiamava le margheritone:erano 
quei fiorellini gialli a stella,dotati di otto petali...I fiori e quello sconosciuto spirito,
che lo aveva baciato sulla fronte, lo indussero a concludere che-per il momento-
la sentenza era sospesa. Tornò allo scalone,ritirò la fune e la ripose nell'armadio
a muro. Tra sè e sè pensò che per fortuna Alva non era lì,senz'altro lo avrebbe
cazziato,sia pure dolcemente.Quest'oggi la Vita aveva vinto un'altra battaglia.

                                                                              Di Ale

lunedì 19 marzo 2012

La riconoscenza.


                                                                          
Alva era nervoso. Scese le scale a tre gradini alla volta allo stesso modo di come lo faceva da bambino, in quel vecchio casermone al 42 di via A. De Gasperi, con il palmo della mano destra che scivolava sul mancorrente, pantaloncini corti, canottiera un po’ sbrindellata e il pensiero che era già su quella collina sulla quale, da lì a non molto, avrebbe scaricato tutta la sua energia repressa rincorrendo un pallone e sudando come un vitello. Ma non era più un bambino. Aveva 50 anni, i capelli grigi, una montagna di vita  fangosa e puzzolente alle  spalle e due figli sparsi chissà dove. Due parti della sua esistenza che non sapevano nemmeno se era vivo o morto. Alva quel pomeriggio stava pensando a cose importanti. Erano anni che studiava la Bibbia e proprio quel mattino aveva letto la seconda lettera di Giovanni. I versetti dal 9 al 11 recitavano così: 9 Chiunque va avanti e non rimane nell’insegnamento del Cristo non ha Dio. Chi rimane in questo insegnamento è colui che ha il Padre e il Figlio. 10 Se qualcuno viene da voi e non porta questo insegnamento, non ricevetelo in casa e non rivolgetegli un saluto. 11 Poiché chi gli rivolge un saluto partecipa alle sue opere malvage.”

Alva sapeva molto sull’apostolo. Innanzitutto doveva essere originario della Palestina e abitarvi, come si desume dalla profonda conoscenza del paese. I particolari relativi ai luoghi menzionati dimostrano che li conosceva personalmente. Parla di “Betania al di là del Giordano”  e di ‘Betania vicino a Gerusalemme, inoltre  scrive che presso il luogo dove Gesù fu messo al palo c’era un orto con una tomba commemorativa nuova e che Gesù parlava “nel luogo del tesoro mentre insegnava nel tempio” e che “era inverno, e Gesù camminava nel tempio sotto il colonnato di Salomone”. Inoltre non c’era nessuna ragione per dubitare che Giovanni abbia scritto questa lettera. Lo scrittore si definisce “l’anziano”. Questo si addice certamente a Giovanni non solo a motivo della sua età avanzata, ma anche perché, essendo una delle “colonne”  e l’ultimo apostolo ancora in vita, era davvero un “anziano” della congregazione cristiana. Egli era ben noto, e non occorreva nessuna ulteriore identificazione per i suoi lettori. Che lo scrittore sia lui è evidente anche dalla somiglianza di stile con la prima lettera e con il Vangelo di Giovanni. Come la prima lettera, sembra che anche questa sia stata scritta a Efeso, o nei pressi, verso il 98 E.V. Riguardo a 2 e 3 Giovanni, un’enciclopedia osserva: “Dalla loro generale somiglianza, possiamo supporre che le due epistole siano state scritte poco dopo la prima Epistola da Efeso. Tutt’e due applicano a singoli casi di condotta i princìpi che erano stati estesamente trattati nella prima Epistola”. A sostegno dell’autenticità di questa lettera c’è il fatto che essa è citata da Ireneo, del II secolo, e che fu accettata da Clemente Alessandrino, dello stesso periodo. Le lettere di Giovanni sono inoltre elencate nel Frammento Muratoriano.
C’era però un’incertezza sulla traduzione resa della parola “saluto” nel versetto 11. Gli scrittori delle ispirate Scritture Greche Cristiane si preoccupavano di trasmettere il loro messaggio in modo comprensibile a tutti, perciò non ricorsero alla lingua greca classica, ma alla koinè. Quegli scrittori erano tutti ebrei. Pur essendo semiti, non intendevano divulgare il semitismo, ma la verità del puro cristianesimo e per mezzo della lingua greca potevano raggiungere più persone; potevano meglio assolvere l’incarico di fare “discepoli di persone di tutte le nazioni”. Inoltre la koinè era un ottimo strumento con cui potevano esprimere bene i difficili concetti che volevano spiegare. Con il loro messaggio gli scrittori cristiani ispirati conferirono alla koinè forza, dignità e calore. Nel contesto delle Scritture ispirate i termini greci assunsero un significato più ricco, più pieno e più spirituale.

Per farla breve la parola “saluto”, tradotta dalla Khoinè significava rallegrarsi ed era resa KHAIRO’ mentre l’ideologia comune voleva che fosse tradotta come un ciao o un  buongiorno e quindi KHAIRE’. Ad uno sterminato numero di persone la questione non sfiorerebbe nemmeno un ‘infinitesimale parte dell’ultimo neurone preposto per il ragionamento ma, per Alva, si ergeva ad un’importanza storica, uno di quei quesiti da dipanare molto velocemente a dispetto dei secoli trascorsi nell’assenza della conoscenza soggettiva di cosa avrebbe cambiato una diversa traduzione.  
Una volta arrivato sulla strada, Alva si immerse per un attimo in tutti quei libri di Diritto Canonico e le reminiscenze di Liceo Classico che avevano suggellato , anni prima, una laurea “cum laude” all’ateneo dell’Aquila. Le sue sinapsi iniziarono a considerare centinaia di testi sacri e scritti e lettere e traduzioni e gli sovvenne che l'attico era parlato ad Atene e in  Attica; tuttavia Omero viene  studiato in dialetto dorico, poi ci sono autori che usavano il  dialetto ionico-vedi quello molto usato in Magna Grecia,e poi l'eolico,parlato da Saffo, la poetessa di Lesbo e Alcèo. Comunque l'attico è quello che si studia solitamente. La koinè è appunto una miscela dei principali dialetti greci antichi fu usata soprattutto ad Alessandria d'Egitto,nel periodo ellenistico quindi, per estensione, :
χαιρε(chàire) = salve! Che Dio ti aiuti! / Buona fortuna (usato all'arrivo ed alla partenza),
χαιρω (chàiro)= mi rallegro,gioisco,esulto.
Alva aveva ripreso il bandolo della matassa. Ora i suoi pensieri erano più fluidi, trasparenti, assolutamente chiari. Per un attimo aveva compreso quell’ uomo che ormai era senz’altro “anziano”, poiché in quel tempo poteva avere circa 90-100 anni. Era anziano anche in quanto a maturità cristiana, ed era una ‘colonna’ della congregazione. Non ebbe mai figli. Sapeva che non avrebbero seguito le orme del padre. E mai lo avrebbero compreso.  Dai vocaboli ebraici e greci usati in riferimento alla prole umana si desumono vari utili particolari. Il comune termine ebraico per bambino o fanciullo è yèledh.  Il termine affine yaldàh può indicare una “fanciulla” o una “ragazza”. Entrambi derivano dal verbo yalàdh, che significa “generare; partorire”. Altri due termini ebraici resi fanciullo (ʽohlèl e ʽohlàl) derivano dal verbo ʽul, che significa “allattare”.  L’abituale termine ebraico per ragazzo o giovane è nàʽar , che viene però usato anche in riferimento a bambini piccoli come Mosè quando aveva tre mesi. L’ebraico taf (fanciulletti; piccoli) rende fondamentalmente l’idea di camminare “con agili passetti”. Alcuni vocaboli greci sono tèknon (figlio), teknìon (figlioletto), paidìon (bambino) e àrsen (figlio maschio). Il termine greco nèpios indica un “bambino” piccolo e brèfos un “bambino” anche prima della nascita.

I figli di Alva, nella sua personale traduzione, erano resi con un unico aggettivo: estranei.
Durante il viaggio nei suoi pensieri, Alva si era ritrovato davanti ad uomo di colore che suonava la chitarra. Aveva uno strano tic all’occhio destro e la custodia aperta con qualche moneta dentro. Si frugò nelle tasche e trovò una moneta da 50 cents. La mise sull’unghia del pollice e con  l’indice fece leva scagliandola in aria dentro un moto vorticoso. Il sole la fece luccicare prima di cadere nella custodia.  Satchmo aprì la bocca e un piccolo, fulgido sole accecò gli  occhi di Alva. Era il sole della riconoscenza. Lui la conosceva.
                                                                                                                          Alva.

sabato 17 marzo 2012

L'ennesima minchiata di A&A.


Alva ma come ti viene in mente di organizzare una sparizione di centrini sotto-bicchiere della
birra Heineken?!- Ale non voleva credere ai suoi occhi...e alle sue orecchie. - Dai,demonio,ho 
scoperto che verso le 2 di notte,quando la disco è al top del casino,la sala bar si svuota, e ,sul retro
della cucina ci sono diversi pacchetti di sottobicchieri originali Heineken,ho trovato chi ce li pagherà
bene!-  La spiegazione di Alva non lo convinceva minimamente,ma tant'è,Ale non se la sentiva
- anche per questioni di stanchezza anagrafica- di provare a dissuadere il suo grandissimo amico
dal suo ennesimo,squinternatissimo piano... -Alva ma Carla lo sa che hai in mente questa genialata?-
-Carla non lo deve sapere,altrimenti mi ammazza..le ho promesso che non avrei più fatto cazzate...-
-Carla speriamo non lo sappia mai..l'ultima volta sono riuscito a malapena a distrarla dalla sua ultima
incazzatura...porco giuda,Alva,avevi sostituito le alici della sua zuppa di pesce con dei cavedani del
Bormida!-  I due scoppiano a ridere,poi Alva sottopone ad Ale una cartina stampata da web,con alcuni
punti topografici-ingranditi in scala 1:1000; ci sono i dettagli delle uscite di un localino sito in cima alla 
montagna ligure,tra Rapallo e Genova; la discoteca funziona tutto l'anno. Ale cerca di convincersi che
Alva è un bravo ragazzo,solo che,ogni tanto, va assecondato in queste sue ideone! -Alva,ma dimmi,
il grossista di sottobicchieri-meglio chiamarlo trafficante- quanto ti darà?- Ale nel tono di voce,pare
leggermente rassegnato. - Belìn,ci rimediamo la bellezza di 7250 euro!- ribatte,orgoglioso,l'altro.
-Alva,ma porca zoccola,sono quattro soldi..diamine!- azzarda Ale,tra l'incredulo e il disilluso.
-Con metà del malloppetto ci compro un suzuki di seconda mano per quell'esaltato di mio figlio,
così per un po' non  mi rompe i coglioni!- -Ok ok,te l'appoggio!- Sintetizza Ale,cameratesco.
I due si siedono,Ombra li osserva, forse conscio della cazzata numero mille ,che sta prendendo 
piede grazie agli uffici del suo quasi-padrone umano...Carla è tutta presa nella selezione meticolosa
di bulbi e sementi per il giardino-orto,e Alva-per ora- è riuscito a nasconderle il machete col quale
lei è intenzionata a decapitare la gallinaccia neghittosa che non vuole  saperne di fare neanche un
uovo. -Ascolta,Ale,non saremo soli a fare questo "colpetto"....cioè...va bè,adesso non ti incazzare...
tu siediti e beviti il cinzanino,che io ti racconto.-  Alva stava pigolando in tono carezzevole una
nenia di scuse anticipate,perchè già sapeva che Ale avrebbe maldigerito quello che stava per udire
dall'amicone. - Il carico di sottobicchieri ce lo segnala,via cell,al momento opportuno,l'amico di una
nostra vecchia conoscenza..si...cioè...ora ti dico.- - Cazzo,Alva,tu me la conti proprio storta stavolta!-
Ale cominciava ad essere nervoso. Tuttavia sapeva che con Alva bisognava armarsi di santa pazienza..
-Allora,ragazzo,tieniti forte! Il tipo che ha imbeccato il trafficante è un nostro beniamino-si fa per dire-
awhwahwahawhwahawh!!! Caro Ale,nientepopodimenochè Enriquez Pesheira( pronunciasi Pescèira)!!-
Alva esultava di allegrìa,ma Ale rimase letteralmente basito,con un leggero filo di bava che gli usciva
dal lato sinistro della bocca ancora cinzanata.  - Ma perchè proprio quell'insulso cazzaro portoghese?!-
Sbottò Ale. -Pesheira è si,un deficiente da premio oscar,ma sa intortarsi alla grande i grossisti di mezza
Europa!- Enriquez Pesheira era un tipo tarchiatello,sull'1 e 74,aveva capelli posticci che gli conferivano
l'aria di un mezzo tossico esaltato,ma aveva uno sguardo da pesce bollito malinconico,che rassicurava
circa la sua assoluta innocuità. Enriquez sarebbe stato sul posto,avrebbe distratto il proprietario,con
i suoi soliti suggerimenti assurdi circa una sua serata, a-solo, per concerto di ottavino ,con accompagnatore
al triangolo acustico. Pesheira aveva conosciuto Alva nelle periferie di Genova,una volta Alva lo aveva
salvato da un pestaggio dentro a un bar-aveva suonato l'ottavino solo 34 secondi,quando due pensionati
genovesi lo volevano massacrare a colpi di sedia...-Alva,ma Enriquez da chi ha avuto la dritta su quella
fornitura extra di sottobicchieri?- - Ce l'ha avuto da un suo cliente,cioè uno che faceva lezioni di
flauto da lui...un certo Ermenegildo Azzolina,di Casalpusterlengo. Da giovane trafficava in gorgonzola
rubato e ora si occupa di giacenze di magazzino varie...tra cui i sottobicchieri.- -Va bè,già il 
nome è un programma...Pesheira poi è la ciliegina sulla torta- concluse Ale,abbacchiato all'idea,
come un barboncino al quale-eccezionalmente-fosse appena stato tosato il pelame dello scroto.
Alva giunse alla discoteca con puntualità tedesca,ereditata dai suoi trascorsi bavaresi- Ale era lì
da qualche minuto,vi era giunto con un autostop tanto azzardato quanto improbabile,ma la 
buona stella lo aveva aiutato. Pesheira era arrivato prima,col bus di linea,che lo aveva depositato
un km più in là,e aveva dovuto scarpinare fino al locale,con due spartiti nelle tasche,la tinta
del parrucchino leggermente scaduta e due aloni di sudore ascellari a malapena coperti dal suo
panciotto infeltrito. In compenso aveva un  guizzo negli occhi,che attirava simpatìa,e Alva
non riuscì a capire se era per colpa di qualche birra di troppo. Ale doveva intervenire alla
ora precisa in cui Pesheira lanciava un mess ad Alva,confuso tra la folla danzante,e questi
lo avrebbe girato ad Ale. Ale era considerato,dei tre,il solo in grado di incutere timore
negli eventuali scopritori,inoltre era il più agile dei tre sulle gambe. Alva avrebbe inscenato
un finto svenimento,e Pesheira avrebbe rintronato di cazzate il proprietario del pub-disco,
con le sue inconcepibili panzane circa il futuro roseo dell'ottavino nell'ambiente delle 
orchestre sinfoniche. -Ma la stecca di Enriquez quanto vale?- Chiese Ale,sospettoso.
- Cioè...bè,si...non tanto,Ale...Cristo,mi ha chiesto duemila euro..- Ale esplose. Aveva,
casualmente per le mani,una cassetta di attrezzi agricoli,contenente tenaglie e pinze,
per la rimozione di eventuali impedimenti fisici tra lui e i sottobicchieri: Ale svuotò 
il contenuto,poi prese a sbattere quella cassetta per terra,finchè non fu ridotta a pezzettini,
volati a velocità supersonica per lo spiazzo antistante la discoteca,nell'angolo vicino al
bosco,lontano da occhi e orecchi indiscreti. Alva se ne stette immobile,strabiliato e,per 
misura precauzionale,si teneva a due metri dall'amico in preda ad una evidente crisi
di nervi. Ale si placò,si ricompose,estrasse dal taschino del suo giubbotto un flaconcino
di alcool,si deterse le ascelle e riprese la sua flemma semi-permanente. Alva intanto
prese a provinare con se stesso la parte del cliente discotecaro. Gli arrivò un sms,verso le
2.30..la pista da ballo era zeppa,Alva si inserì nel lato che dava-in orizzontale-sulla
porta che conduceva alle cucine,perchè il suo compito era quello di avvisare,via trillo,
Ale,qualora qualche buttafuori avesse puntato oltre lo stand delle birre...
Ale estrasse il suo mini-tronchesi,acchiappò quante più confezioni di sottobicchieri potè,
posizionandole nella sua sacca di tela,e stava quasi per riempirla,quando giunse-inaspettato-
il trillo di Alva. -Che cazzo c'è?!- Ale occhio,stanno arrivando due tipi ben piantati,si dirigono
verso la tua postazione!Molla tutto e scappa!-  -Ma porca puttana porca!_ Fu la risposta secca
e netta di Ale. Ma non mollò il bottino,richiuse la sacca,e infilò la finestra,come da piano b.
Quel coglione di Pesheira aveva avuto una carta approssimativa da quell'altro demente di
Azzolina...in seguito a ristrutturazioni la finestra non dava più su un pavimento erboso,
bensì su un salto di un metro e ottanta che terminava su un mezzo dirupo coperto da roveti...
Ale ci ruzzolò dentro,e cominciò a imprecare come un netturbino turco,che si fosse appena
accorto di uno strato mefitico di monnezza scaricatogli addosso da un
camioncino in manovra ,della municipalizzata di Ankara.
Pesheira aveva inavvertitamente acceso il vivavoce,e così quel pirla di Alva aveva rivelato
le mosse di  Ale anche al proprietario del bar, e ai relativi bodyguards: due
massicci energumeni sardi,originari del Sulcis-Iglesiente,ancora ultraincazzati per via dello
smantellamento industriale appena ultimato,vieppiù sotto il governo Monti. Alva però si era
reso riconoscibilie,perchè era l'unico tipo strampalato con i mano un cell e nell'altra una birra,
e negli occhi l'espressione di uno spiritato cultore del reiki. Pesheira intanto non sapeva che
dire,fece per prendere la porta,ma riuscì soltanto a voltare la schiena,poi,in un millisecondo,
un poderoso calcione nelle chiappe lo sospinse, a velocità superiore al suono,e lo fece planare di due metri
e mezzo-roba da guinnes dei primati! Enriquez si alzò rapidamente e senza voltarsi prese a correre
come un pazzo,guadagnando lo spiazzo e puntanto deciso verso la macchia. Alva aveva perso 
tempo-l'idiota- a finire la sua fottuta birretta di marca e quando si accinse a lasciare il locale,
si avvide che i due mastini sardi stavano ritornando dalla loro fallita ispezione alle cucine, e 
puntavano sicuri, ed ultraconvinti, verso di lui. Alva era troppo esperto di mondo,per non
campanare che la sua salute ossea era gravemente in pericolo,e che soltanto una fuga a rotta di
collo lo avrebbe salvato da un massacro garantito. Ale si era ricomposto,guardò il contenuto
della sacca e capì che il quantitativo corrispondeva,a grandi linee,al bottino minimo ipotizzato,
a tavolino, dai tre. Se la era cavata con qualche graffio alle gambe e un lieve bernoccolo-conseguenza
di una craniata al buio contro una sana pianta di faggio ligure... Si spostò con cautela,in direzione
del mare,e dopo qualche minuto sentì rumori confusi,a metà tra le ramaglie spezzate e l'attrito
 di scarpe strascicate sul terreno irregolare della scarpata. Alva intanto infilò l'uscita, sfondando
una linea di blocco operata da tre ragazzoni cappelluti-fortunatamente magrolini-Alva aveva 
usufruito dell'effetto-massa,favorito dalla velocità con la quale aveva lanciato i suoi 93 chili sulle
sue robuste gambe. Appena giunto nello spiazzo voltò verso la boscaglia-come avevano fatto i 
suoi partner di minchiata, e non si avvide di una radice di ligustro,canagliescamente posizionata
da Madre Natura proprio in quel mezzo metro quadrato: Alva volò letteralmente,sorvolando un 
pericoloso tronco mozzo di abete rosso e atterrò su un cespuglione semisecco,schiantando rametti
e fuscelli,emettendo guaiti lupeschi,stranamente rassomiglianti agli ululati di Ombra-quella notte che
gli aveva propinato un immondo pastone a base di fagioli,peperoncino e pastafrolla da pasticceria.
Pesheira intanto raggiunse Ale,si fermò,guardandolo con orecchie basse e aria indifferente. -Qualcosa
mi dice che il tuo piano è andato a rotoli...non sono sicuro che sia colpa tua.Ma ho dei sentori...come
un presentimento:cazzo Henriquez...possibile che tu riesca sempre a combinare qualche cazzata?!-Ale
era molto irritato,e Pesheira stava lasciandosi sfuggire un invisibile rivoletto di urina dalle mutande: era
terrorizzato dalla voce di Ale-sapeva,dai racconti di Alva,che quando perdeva le staffe era pericoloso.
Alva intanto aveva a sua volta rispettato il piano di fuga,scendendo verso il mare,molto visibile, quella
notte ,grazie alla luna semipiena. Camminò con cautela per dieci minuti,poi si fermo a qualche metro
da una scena a malapena riconoscibile nell'oscurità notturna della macchia mediterranea.
-Cristo Pesheira,questa volta ti rompo in due!- Alva intravide la sagoma di un uomo che teneva
sollevato ,sulle  sue braccia, una strana forma,anch'essa simil-umana...La voce era quella di
Pesheira-rispondeva con  incomprensibili semicrome alveolo-palatali...Alva provò a interpretarle,divertito. 
-Ale,ti prego,
non mi picchiare,non mi ero accorto del vivavoce,e poi anche Alva poteva ben mandarmi un trillo o
un messaggio...non è colpa mia...scusa...io ...non volevo...- Ale si era impietosito,uno strano odore
stava promanando dalle braghe impolverate di Enriquez...si,non c'erano dubbi:Pesheira,il portoghese
pseudo-concertista si era cagato addosso! -Ah eccovi qua!- Si insinuò Alva,trattenendo a stento il 
riso.-Raga,un altro po' e ci beccavano. Minimo ci ammazzavano di botte!.Che culo,l'abbiamo fatta
franca!-Il suo tono era quasi trionfale. -Alva ho qui buona parte della roba che dovevo trafugare:
dici che Azzolina ci pagherà il prezzo concordato?- Incalzò Ale,tranquillizzatosi. - Si,anche perchè qui,il nostro Enriquez farà
in modo che ciò accada,verdade,Vossè?!- - Si,si,io...scusatemi,ecco,è che lo spartito,non era per
ottavino,ma per trombone basso, e la sorella del proprietario era-combinazione-allieva di un 
fisarmonicista di Portofino,e ha sgamato la vera natura dei righi...-Bofonchiò timidamente Pesheira: 
era felice di essere scampato sia al pestaggio dei discotecari,sia a quello-altrettanto temibile-di un Ale
furoreggiante. I tre si avviarono su un sentiero da cercatori di funghi e  impiegarono 4 ore
per raggiungere una stazioncina ferroviaria lì vicino. Presero il primo regionale, e si allontanarono
dal luogo del misfatto.Facevano schifo all'aspetto,sembravano tre cossovari in cerca di questua
nei  treni. Salirono separatamente e viaggiarono seduti in diversi vagoni,per non dare nell'occhio,
fingendo di non conoscersi. Il Pesheira ottenne 6500 euro da Ermenegildo Azzolina,più un 
buono pasto ,valevole per 4 consumazioni ai bar di una nota catena ristoratrice di Brescia.
Alva convinse il Pesheira ad accontentarsi dei buoni pasto,previa minaccia di scatenargli
contro un Ale poco incline alla trattativa. Ale si prese 4 mila euro,per aver salvato baracca e 
burattini e Alva comprò uno scooter a suo figlio;che si fottesse il suzuki,in questo modo gli
rimasero 500 euro e con questi si comprò alcuni vestiti nuovi,e offrì una pizzata a Carla.
Già,Carla. Ale ci impiegò meno di un'ora,con una guida pazzesca in autostrada, a giungere
a Lavagna,due sere dopo,giusto in tempo per la cena organizzata da Alva,con i panzerotti
ripieni di ingredienti succulenti,una specialità della cazzuta compagna di Alva. -Per questi
panzerotti potrei-non dico uccidere- ma ferire gravemente!- Esclamò Ale,con la bava alla
bocca,pochi istanti prima di gettarsi sul poderoso piattazzo servitogli da Carla. Alva intanto
sorrideva felice,era riuscito a rintuzzare gli assalti del figlio e aveva placato le ire della sua
consorte,la quale non era riuscita a spiegarsi perchè mai il suo stravagante compagno
avesse fatto ritorno con i vestiti ridotti a brandelli,ed a mattina inoltrata,pur essendo,la loro macchina,
rimasta parcheggiata tutta la notte. Ancòra una volta Alva aveva inventato
una storia di fughe professioniali,ovvero di trasferte ,improbabili, nell'entroterra ligure, al
fine di rinvigorire la sua vena di scrittore. Aveva saputo semi-ipnotizzare Carla,approfittando
della di lei iper-attività agricola;lei-in verità poco convinta-aveva preferito sorvolare,in fondo
paga del fatto che Alva avesse riparato eccellentemente la malferma bat-house di casa.
Ale si era fatto fuori due piattoni di panzerotti,battendo,di stretta misura,il suo compare.
I due ebbero appena il tempo di sorseggiare un maraschino d'annata,poi sprofondarono
nel divano,per un inconsueto e russante abbioccone. Si svegliarono ore dopo,a notte fonda;
si scambiarono uno sguardo di intesa,con occhi sabbiati,poi,come funzionali ad un segnale subliminale telepatico,
 lanciato da una astronave di Pleiadiani,richiusero gli occhi e si addormentarono sul divano,fino a tarda mattinata.
                                                                                         A&A