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web sito ImageChef Custom Images "Ormai quasi giunto al termine della mia vita di peccatore, mentre declino canuto insieme al mondo, mi accingo a lasciare su questo blog testimonianza degli eventi a cui mi accadde, mi accade e mi accadrà di assistere durante il periglioso viaggio che mi separa dalla tomba. E Dio mi conceda la grazia di essere testimone trasparente e cronista fedele di quanto ho visto. Possa la mia mano non tremare mentre mi accingo a scrivere certi eventi e ricordare l'inquietudine sottile che opprime l'animo mio mentre mi collego quotidianamente a questo blog poiché oggi ho la certezza che sto rettamente interpretando gli indubitabili presagi ai quali, da quando nacqui, stoltamente, non diedi peso ."

martedì 7 gennaio 2014

Sull'amicizia.

Oliver  entrò nella sala stampa, ricavata all’interno del prestigioso Palazzo Robellini di Acqui Terme. I flash iniziarono a fare il loro lavoro. Gli scatti si susseguivano incalzanti. Due addetti alla sicurezza tentarono di aprire un varco attraverso la folla che si era creata intorno all’artista. Si, perché Oliver è un’artista. Suona il pianoforte con la delicatezza e la precisione di un chirurgo; per non parlare dell’estro: la rivista Music&Sound lo paragona a Beethoven;  Dimensione Artista a Mozart; Spartiti e Papere a Wagner. Ma Oliver era solo se stesso. Una sorta di perfezione fattasi carne. Lui con il pianoforte dialogava; aveva un rapporto intimo con il suo strumento al punto che , durante i  concerti gli coccolava le corde, le titillava tentando di provocare  loro un orgasmo all’interno del quale un’altra tipologia di musica sarebbe uscita, non prima di immergersi nel pathos del genio e nella fluidità di un nuovo liquido ancora da scoprire.
Ora Oliver è sul palco, gli avvicinano il microfono, all’interno cade il silenzio rotto solo dal chiacchiericcio petulante degli inviati di alcune televisioni locali che fanno il loro rapporto al rispettivo editore. Oliver odia il mezzo televisivo. Lo considera un falso tramite della sua immagine così perfetta.
Si schiarisce la voce e attacca:
“ La mia musica riflette, in maniera propedeutica, ciò che la mia vita di musicista ha sempre tentato di comunicare. Il mio ultimo CD “ Lontananze” è il compendio apotropaico e antropomorfo della mia anima che è in continua evoluzione verso quello che noi chiamiamo…”

“ RACCONTALA GIUSTA, OLIVER!!!” .

Un urlo a due voci che pareva un coro spaccò in due la forbita lezione psicofilosofica di Oliver. Il pubblico ,quasi simultaneamente, si voltò là dove le voci parevano provenire. In un angolo della sala c’erano Alva ed Ale, due vecchi amici di scuola di Oliver , due reietti della società, due sopravvissuti alle bordate del tempo all’interno di un perfetto anonimato. Alva era leggermente ubriaco mentre Ale, con una barba di tre giorni, aveva la capigliatura tipica di chi ha dormito su una panchina nei giardini antistanti alla stazione di Brignole. In effetti avevano dormito, si, su una panchina, ma nella elegante sala di attesa della stazione di Alessandria, tra viaggiatori frettolosi e donne eleganti, in attesa del primo treno per Acqui.

“ PERCHE’ NON RACCONTI DI QUELLA VOLTA CHE AVEVI CATTURATO UN GATTO PER SODDISFARE LA TUA VOGLIA DI CONOSCERNE L’ ANATOMIA, SALVO POI FARTELO SCAPPARE E CHIAMARCI DISPERATO NEL CUORE DELLA NOTTE PER AIUTARTI A RIPRENDERLO ? TI RICORDI I MIAGOLII DELLA POVERA BESTIA CHE, BRACCATA, TENTAVA DI NASCONDERSI NELLA TUA MANSARDA?”

Oliver, sbigottito, si tolse gli occhiali e iniziò una lunga detersione alle lenti per consentire al suo cervello di elaborare qualche cosa di decente da dire. Era accaduto proprio a lui. Nella sua città natale. In mezzo ad amici che lo consideravano una sorta di eletto, un unto dagli dei preposti alla musica. Inforcò gli occhiali e lanciò un’occhiata nell’angolo della sala. Riconobbe immediatamente i due miserabili che, tanto tempo prima, aveva emarginato nella consapevolezza che non sarebbero mai serviti al suo scopo e cioè quello di diventare famoso.
Nel mentre un gruppetto di fan del musicista si erano già fatti intorno ai due intonando , a bassa voce e con le buone maniere tipiche di chi non si è mai preso un pugno in faccia e una testata sul naso, una serie di esortazioni a finire quella chiara apostasia musicale. Per tutta risposta Ale si alzò e fece un incredibile rutto. Una signora accanto si alzò e infilò la porta di uscita. Un ragazzo, probabilmente un allievo di Oliver, si sollevò sdegnato dalla sua poltrona e chiese ai due di allontanarsi immediatamente. Alva lo guardò con quel suo grugno martoriato da cicatrici e la mandibola vistosamente arretrata a causa di un periodo, nella sua infanzia, in cui il pugilato pareva essere l’unica arma per affrancarsi da una vita di merda. Il tipo si sedette, facendo morire dentro di se quella sua coraggiosa arringa volta a celebrare l’integrità del suo mentore.
“ SEI SOLO UN GIGANTESCO PRESUNTUOSO CHE PECCA DI AUTOCELEBRAZIONISMO 24 ORE AL GIORNO SENZA MAI ACCORGERSENE! TI SEI MAI CHIESTO QUALE SIA IL MIGLIOR MODO DI IMPEGNARE IL TEMPO E LE ENERGIE? VALE LA PENA SFORZARSI DI ACCUMULARE RICCHEZZE MATERIALI O DI RAGGIUNGERE LA CELEBRITA’? DICCI OLIVER: QUALI IMPRESE HANNO LA MASSIMA IMPORTANZA NELLA VITA? 

Dopo aver urlato questo alla volta di Oliver, Alva si sedette e si appoggiò platealmente allo schienale della sedia con le braccia conserte, come in attesa di una replica. Oliver si guardò intorno. I flash iniziavano a farsi insistenti. Doveva cambiare aspetto facciale. Era alle corde. Se avesse sorriso avrebbe dimostrato di accusare; se invece avesse assunto un aspetto dignitoso avrebbe dato l’impressione del solito musicista avulso ad ogni velleità di contraddittorio. Optò per un informe e neutro sguardo al Rolex, tentando di slacciarlo come fosse davanti al banco pegni dopo un anno di carestia. Poi, con un sussulto disse:

“ Vi presento due miei cari amici, Alessio e Alvise, che hanno la particolarità di essere due goliardi compagni di avventure a ricordo dei bei tempi pass…”

“ ALESSIO E ALVISE? MANCO TI RICORDI I NOSTRI NOMI! PAZZESCO! EPPURE LI PRONUNCIAVI SPESSISSIMO QUANDO CORREVAMO A SALVARTI DALLE GRINFIE DEI VARI SPURGHI DI FOGNA IN CUI TI IMBATTEVI E DAI QUALI , REGOLARMENTE, RICEVEVI BOTTE E INSULTI!”

“ Ecco…si, Ale e Alva, scusate ma è passato tanto tempo che…”

“ PERCHE’NON LA DICI GIUSTA? IL TEMPO NON C’ENTRA NULLA. CI HAI SCARTATO COME RIFIUTI PER IL SOLO FATTO CHE DA NOI NON AVRESTI TRATTO GIOVAMENTO PER IL TUO PROGRESSO. EPPURE, SE BEN RICORDI, FUMMO PROPRIO NOI AD ESORTARTI DI CONTINUARE QUANDO IL TUO PERCORSO MUSICALE INIZIAVA A RICHIEDERE PIU’ IMPEGNO E ATTENZIONE. COSA E’ ACCADUTO DA QUEL MOMENTO IN POI? TI VERGOGNAVI DELLA NOSTRA PRESENZA PERCHE’ I NOSTRI VESTITI NON ERANO FIRMATI COME I TUOI ?”

“ Certo che no, ma se mi è concesso un appunto, che appare come una nota discordante in questa giornata, avete scelto un momento assolutamente infausto per dirmi tutto questo. E se mi permettete, e me lo permettete, adirò a vie legali per difendere la mia immagine in relazione a quanto sta accadendo in questo…”

“ MA SENTILO, ALE…ADIRA’ A VIE LEGALI…SE RIPENSO A TUTTE QUELLE VOLTE IN CUI LO ABBIAMO TIRATO FUORI DAI GUAI. A VOLTE, OLIVER, MI VIENE DA RIDERE AL PENSIERO CHE SE PER OGNUNA DI QUELLE VOLTE AVESSIMO SCAVATO UN BUCO NEI DINTORNI DI ACQUI, OGGI IL TERRRITORIO SAREBBE COME ALLA FINE DELLA GUERRA IN JUGOSLAVIA: DEVASTATO. ANDIAMOCENE ALE, TORNIAMO NELLA NOSTRA NORMALITA’, ALLA NOSTRA VITA CHE HA UN SAPORE.”

Ale e Alva si alzarono e, un po’ barcollando , si diressero verso l’uscita. Poco prima che i due scomparissero  dalla vista degli astanti Oliver disse ridendo:

“L’invidia è una brutta bestia!”.

Il pubblico applaudì e molti ammiccarono con sorrisi e movimenti del capo.
Alva, con la mano destra bloccò Ale che, in un impeto di rabbia, si era già voltato con l’intenzione di salire su quel palco per deformare temporaneamente quella faccia da carpa bollita, quindi disse:

“HAI DEGLI AMICI, OLIVER?”

Oliver rispose:

“ A centinaia!” – il pubblico applaudì nuovamente  sentendosi parte di cotanta amicizia da lui manifestata.

 Molti, come te, sostengono di avere amici. Ma quale profondità di sentimenti esiste in queste relazioni? Spesso uno si interessa di un altro per ciò che ha da offrire, non per quello che è. Amicizie del genere sono pertanto destinate a durare poco, dato che non appena l’amico’ smette di essere utile viene prontamente messo da parte. Persino il fatto di avere cose in comune non sempre è una base sufficiente perché l’amicizia duri. Una volta, tanti anni fa’, ricordo di due grandi “amici” che nei fine settimana si divertivano a fare il giro delle osterie per ubriacarsi. Una volta, però, si misero a discutere su chi di loro due fosse il più forte. Per provare la sua asserzione uno dei due scaricò la rivoltella contro l’altro. In seguito l’assassino disse di aver ucciso il suo ‘migliore amico’. Nonostante tutte le difficoltà che si incontrano per stabilire amicizie, resta però il fatto che tutti abbiamo un innato bisogno di amici. Dove e in che modo, allora, secondo te, si possono trovare amici sinceri?”

Il grande musicista ebbe una esitazione che si prolungò un po’ troppo e chi conosce la natura umana sa che il silenzio può essere interpretato in vari modi e il più delle volte è riconducibile a smarrimento.

“Tu sei un  perfezionista e quindi vivi nell’illusione che non si dovrebbero mai fare errori. Questo punto di vista, però, presenta un vizio di fondo: nessuno di noi può essere perfetto in senso assoluto. L’idea di riuscire a fare le cose alla perfezione è assurda come l’idea di poter volare. Anche se tu credessi di poterci riuscire, è semplicemente impossibile. Se si vuole avere un amico, bisogna accettare la responsabilità di essere un amico: in altre parole si sente un obbligo morale verso il proprio amico e tu, Oliver. lo hai sentito questo obbligo morale?”

Il pubblico questa volta osservò il grande musicista che prendeva appunti. Probabilmente quella sceneggiata gli aveva ispirato una partitura che lo avrebbe reso ancor più famoso di quanto già non lo fosse. Scosse la testa e guardò quelli che una volta erano stati i suoi più cari amici, quindi disse:

“ BUTTATELI FUORI!”

Due energumeni si avvicinarono ad Alva e Ale. Poco prima di afferrarli Alva disse:

“PER AVERE UN AMICO, SII UN AMICO!  Oltre 2.000 anni fa Gesù indicò che in tutti i rapporti umani la chiave del successo è l’amore altruistico, dicendo: ‘Come volete che gli uomini facciano a voi, così fate a loro’.  Questo insegnamento è conosciuto come la regola aurea, Oliver, e l’unico modo per avere veri amici è quello di essere noi stessi degli amici generosi e altruisti. In altre parole, per avere un amico bisogna essere un amico. Perché un’amicizia fiorisca bisogna essere desiderosi di dare, più che di ricevere. Si deve essere pronti a mettere i bisogni dell’amico al di sopra delle proprie preferenze e comodità.”

Mentre quelli della sicurezza allontanavano i due , scoppiò un fragoroso applauso nella sala. Il pubblico era in piedi, in standing ovation,  con le spalle al grande artista, lo sguardo rivolto a due veri amici e una lezione di vita in più su cui riflettere.


                                                                                      Alva & Ale.

Un consiglio per te.

Togli la brutalità
da tutta quanta la tua vita.

Il passato
insignificante valore confessato candidamente
è della morte
ed è al di fuori dell'uomo.

Tieni in serbo le tue risorse
da ciò che scrivi e da ciò che senti.

Rimani acquattato e  stai attento:
non esiste un luogo che si trovi dappertutto.

Soffermati su qualcosa.
Trapianta la tua esistenza nel tuo io viziato.
Assicurati l'aiuto dei tuoi pensieri.

Cosa puoi ottenere?
Quali sono i limiti?

In ogni tua decisione c'è rabbia.
Dai il tuo affetto e smetti di dimostrarlo.

Impara la via dell'inganno.
Non fidarti, se puoi, neppure di te stesso.

Nasconditi nell'antro della tua pazzia
e affronta il giorno riflettendo su questo:

persino il tuo peggior nemico

ha una notte per dormire.

                                                                                                   Alvaro.

Lettera aperta di un ex tirocinante.

Alcuni mesi fa ho svolto il mio tirocinio presso una struttura di Alessandria con una squadra di operatrici, infermiere e dottori dedita, come lavoro regolarmente retribuito, alla cura di anziani più o meno drasticamente invalidati dal tempo e ho potuto constatare un tremendo coacervo di realtà demoralizzanti. Nelle stanze asetticamente incolori, nei letti strutturalmente perfetti (dal punto di vista della mansione loro preposta) ma privi del pur minimo richiamo a quella che io definisco Vita, intravedevo un malinconico senso di decadenza e dissoluzione. Uomini e donne ormai ridotti a fragili cariatidi malferme sulle gambe con i visi solcati da rughe che mi richiamavano alla mente i crepacci delle Montagne Rocciose e i capelli stopposi vagamente assimilabili alla paglia che da bambino scorgevo sui campi,quando mio padre mi conduceva in collina,talune domeniche di fine estate. Svariate volte provai a parlare con quelle persone risucchiate e mangiate dai lunghi evi lasciati alle spalle:esse mi rammentavano quelle mosche,o meglio,quelle spoglie di mosche,divorate dai ragni e sputate per terra dai cinici , seppur innocentemente istintivi,aracnidi. Rimaneva, nel tono basso delle loro voci, soltanto il calco di quella che fu una regolare esistenza. A stento credevo di riuscire a decifrare,nel profondo umido pozzo dei loro occhi mesti,così come nella loro espressione, irritualmente semi-anestetizzata dal lungo giacere in una inesorabile camminata lenta verso l'exitus, una qualche traccia di lontani fragori esistenziali. Talora mi sussurravano strane parole,provenienti da chissà quale sinapsi mnemonica:la memoria dei vecchi è abilissima nel ripercorrere reminescenze risalenti a varie decadi addietro; altre volte mi sospingevano crudamente,con rabbuffi burberi, a paragoni infelici tra il loro caldo e spumeggiante palpito vitale giovanile di un tempo e l'attuale semi-spento strascichio spiritual-corporeo. Si, spesso anche dal punto di vista spirituale essi mi inducevano ad intravedere la fine di tante,troppe illusioni dell'anima e, pare, che persino le robuste armature di credi e fedi, un tempo incredibilmente solide,erano venute lentamente ossidandosi ed arrugginendosi:di esse,ormai,non restavano che scarsi granelli di rossiccia polvere. Ricordo che provai a trattarli con tutto l'amorevole tatto e la delicatezza di cui ero e sono capace e,nel complesso,il mio sforzo sortiva brevi impercettibili risultati,riguardo alle loro reazioni comportamentali verso di me. Mi osservavano mentre praticavo loro la pulizia quotidiana con silenziosa sorpresa; a volte elargendomi materni o paterni sorrisi che constavano in un incrocio inquietante tra la gratitudine sincera ed il sorriso canzonatorio probabilmente incontrollabile da parte delle loro menti ormai assimilabili a quelle dei bambini, ovvero incapaci di trattenere il riso o il sorriso qualora una situazione presentasse lati,ahimè,grottescamente ed involontariamente comici. In certi momenti intuivo,nel dialetto usato da alcuni di loro, emozioni e sensazioni che mi erano famigliari e che mi scagliavano,in un attimo,a scene di vita che io stesso avevo esperito, in epoche ormai remote della mia giovinezza. C’erano anche quelli che si attenevano a un mutismo permanente all’interno del quale nemmeno i miei migliori tentativi di umana solidarietà conseguivano il benché minimo risultato  dal punto di vista della creazione di un rapporto confidenziale . Oh, come avrei voluto alleviare,almeno per un giorno,la pena interiormente lacerante,di chi era in balìa di quel destino,anzi,di quel destino crudamente anaffettivo, meccanicamente concentrato sul compimento della propria ineluttabile spietata natura, ossia l'adempimento della sua funzione primaria consistente nell'annientamento garantito delle loro vite. Questo è quello che voglio dire alle mie ormai ex colleghe: voi, allora, eravate veterane mentre io nient'altro che una recluta ma ho purtroppo notato con sgomento, come alcune di voi abbiano eretto una sorta di muraglia d'acciaio tra la loro anima, il loro cervello ed il mestiere difficile che svolgono:in parte vi siete divertite alle mie prime reazioni istintive di ribrezzo e difficoltà di adattamento e, in successione, siete state molto forti in occasione delle mie iniziali partecipazioni, in prima persona, alla pulizia corporea degli infelici ospiti della struttura; poi, pian piano, sempre alcune di voi,  hanno assunto un atteggiamento di leggero distacco verso me; quasi come se avreste desiderato che io rimanessi per sempre un novellino ipersensibile e,in quanto tale, perennemente suscettibile di una riserva di giudizio da parte vostra  poiché ,a motivo di quel poco materiale professionale che mi avete elargito per via orale ,avevo già allora intravisto la netta e cruda affermazione assiomatica di una verità incontrovertibilmente desolante: era certo che mi dovevo ancora avvezzare, o meglio: dovevo  assolutamente svezzarmi in questo lavoro e, solamente dopo questo passaggio, dopo questa mia,per così dire, avvenuta iniziazione, avrei potuto davvero usufruire dei vostri codici di comunicazione e delle vostre sincere confidenze. In tutta sincerità vi dico, ora che è passato molto tempo,anche a motivo dell’incolmabile gap intellettivo che sta tra alcune di voi e me,che le vostre confidenze non potranno mai interessarmi.  Ma c’è una cosa, sempre di alcune di voi, mie ex colleghe,che mi ha lasciato perplesso e,per certi versi,sconcertato: l'assenza, parziale o totale,della capacità di amare,di esprimere empatia,di iniettare sollievo spirituale ai miserabili che abitano quelle stanze traboccanti di tristezza inguaribile. Ottemperate gelidamente a quanto scritto dal regolamento lavorativo seguendo diligentemente le prassi inerenti all'adempimento delle vostre mansioni,ma in tutto questo,giorno dopo giorno,purtroppo, nessuna di quelle povere creature abbandonate a se stesse riuscirà a cogliere né a percepire il benché minimo afflato di quella solarità del cuore che,da sola,porterebbe a quella dimenticata umanità, piagata dal decadimento fisico, un soffio di profumata speranza;speranza in un cammino dolce verso l'ignoto,che,seppure foriero di malcelate inquietudini, proseguirebbe grazie anche alla vicinanza di calde anime soccorrevoli e non solo dal punto di vista fisiologico ma anche da quello psicologico rappresentato dalle  serene aspettative che dovreste generare in loro con tutte le capacità di cui disponete. E quando rimugino su tutto questo,beh,a dispetto di tutte le mie consolanti pseudo certezze, legate al mio credere fortemente in una Vita che tutto  abbraccia e tutto salva e che dispenserà gioia senza fine in un nuovo sistema di cose vi confesso che,nonostante la mia notevole forza interiore non di rado, un  freddo e incontrollabile brivido mi percorre la schiena,lasciandomi,per qualche  istante, incredibilmente solo a riflettere sulla parola MISERICORDIA.  Io ne conosco il significato e credo di fare cosa buona e giusta a rammentarlo anche a voi:

“Espressione di benevola considerazione o pietà che reca sollievo agli infelici.”

Pensate a questo, ogni tanto. Vi farà bene alla mente e all’anima.

                                                                                                                                  Alvaro.

Genesi o Big Bang? ( dedicato a Daniela D.P.)

“Il 15° sole sta ormai morendo su Gondrok. Il nostro immenso pianeta, situato sul Primordiale Quadrante Ellittico, è giunto alle sue ultime scansioni. L’incredibile energia accumulatasi nel corso degli innumerevoli passaggi temporali, lo ha trasformato nel più spaventoso e immane Quasar di Antimateria che l’universo esplorato abbia mai osato ospitare.
                                                                                                                                             
I suoi abitanti, una progredita e pacifica razza eso aliena, sono già fuggiti da almeno 500 scansioni temporali abbandonando gran parte delle loro evolutissime forme pensiero, l’ultima energia conosciuta.

L’Elemento Fluido Vitale è scomparso dalle sue falde 170 sottocicli or sono e, insieme ad esso, ogni forma di vita inferiore.

Tra non molto Gondrok esploderà, scaraventando una quantità inimmaginabile di materia per ogni lato penta dimensionale del Grande Nulla.

Qualunque forma di vita conosciuta cesserà di esistere.
Le probabilità che qualcosa di molto simile ad essa si ripresenti, su uno di quei frammenti, anche solo per poche scansioni, sono assenti.

Se qualcosa di diverso,invece, dovesse accadere e cioè se qualche forma di vita inferiore dovesse, per qualche incredibile quanto improbabile scherzo di Turnazione Ciclica, ripresentarsi in qualche angolo sperduto del Grande Nulla, state certi che la troveremo!!!


E’ improvvisamente diventato buio.
Il suolo sta tremando.

Il mio nome è Siblis, 214° Emanazione della Sequenza di Oidron.

Tra meno di una sottoscansione, trasporterò la mia struttura molecolare nella 7° Dimensione Piatta, che si trova nel Vortice Unificato del Quadrante Generativo; qui purtroppo non c’è più nulla da fare.

Lascio testimonianza di questo avvenimento, irradiando lo spazio che mi circonda dalla forma più elementare di comunicazione: l’Onda Pensiero.

Ho speranza che qualche forma di vita intelligente, o presunta tale, prima o poi la capti.”






Così termina il resoconto degli ultimi istanti di Gondrok, il gigantesco pianeta super evoluto esploso 5,5 miliardi di anni fa e da cui tutto ebbe inizio.


Fu intercettato il 13 Aprile 1977 dalla N.A.S.A. e registrato su nastro.

Dopo molti anni di tentativi per cercare di decriptarne il contenuto, esso fu sigillato in un contenitore stagno, privato dell’aria e riposto in una camera di sicurezza.

Qualche mente eccelsa riuscì a decifrare l’intero nastro ma scomparve misteriosamente per cause, ancora oggi, ignote.


Sul contenitore si trova ora un’etichetta con su scritto: - registrazione di suoni incomprensibili di provenienza sconosciuta -.



Secondo me rimarrà li per molto tempo.

Forse, come tutte le verità scomode, per sempre. 

                                                                                                      Alvaro.