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web sito ImageChef Custom Images "Ormai quasi giunto al termine della mia vita di peccatore, mentre declino canuto insieme al mondo, mi accingo a lasciare su questo blog testimonianza degli eventi a cui mi accadde, mi accade e mi accadrà di assistere durante il periglioso viaggio che mi separa dalla tomba. E Dio mi conceda la grazia di essere testimone trasparente e cronista fedele di quanto ho visto. Possa la mia mano non tremare mentre mi accingo a scrivere certi eventi e ricordare l'inquietudine sottile che opprime l'animo mio mentre mi collego quotidianamente a questo blog poiché oggi ho la certezza che sto rettamente interpretando gli indubitabili presagi ai quali, da quando nacqui, stoltamente, non diedi peso ."

martedì 13 settembre 2016

Amarcord.


Era un bellissimo pomeriggio di fine giugno quando gli sposi entrarono nella piccola chiesetta di Coronata, attraversando una discreta folla di curiosi, qualche tossico appoggiato al muretto della salita e i parenti in lacrime, alcuni vestiti all’antica con giacche e cravatte altri decisamente più sobri, forse un po’ troppo ma con i volti abbronzati ma tutti, dico tutti, erano sudati marci e anche i bambini che vociavano e correvano allegri, tirandosi addosso una varietà di riso scadente, sudavano copiosamente e il sole scintillava con i suoi raggi sulle goccioline che scendevano dalle loro fronti e i cani avevano la bocca spalancata con la lingua a penzoloni e ansimavano e abbaiavano per poi lasciarsi cadere in qualche anfratto lurido alla ricerca di ombra e quando gli sposi varcarono la soglia del portone in legno della chiesa ci furono degli OOOOHHHH da parte dei bambini, come in quella canzone di Povia e una folata di vento improvvisa scompigliò i capelli di tutte le adolescenti brufolose che erano sedute all’interno per godersi il fresco insieme ai più anziani mentre gli sposi avanzavano lentamente uno accanto all’anziana madre, infilata a fatica dentro un vestito giallo e rosso e l’altro accanto al padre che dritto come un pilastro dell’autostrada pareva avere la testa come un soprammobile appoggiata al colletto di una camicia bianca lavata troppe volte e la sposa aveva un bellissimo vestito bianco di organza con lo strascico che veniva calpestato da decine di marmocchi irritati dal caldo e lo sposo indossava un completo alla coreana nero opaco con cuciture ai polsi che formavano disegni orientaleggianti e quando si trovarono di fronte al sacerdote si guardarono negli occhi e pareva che in quegli occhi ci fosse tutta la felicità di questo mondo ma io sapevo che di felicità non poteva essercene abbastanza per tutti e l’anziano prete officiò la cerimonia in maniera davvero impeccabile riuscendo anche a fare delle battute in dialetto genovese che quasi nessuno capiva perché l’unico ligure era lui ma il tutto sortì l’effetto desiderato e poi disse la frase di rito e gli sposi si dissero si reciprocamente decretando la fine dei loro sogni da bambini e si baciarono furiosamente, lungamente al punto che un anziana donna si sentì in imbarazzo e volse lo sguardo altrove e i genitori degli sposi iniziarono a modo loro a piangere e qualcuno iniziò a urlare ai bimbi di stare zitti e non fare chiasso ma quando gli sposi uscirono sul sagrato della chiesa iniziarono ululati e urla e cori e fischi e applausi e lanci di riso e latrati di cani e clacson di macchine e clangore di campane a festa poi arrivarono un bambino che sembrava un piccolo mafioso e una bambina che sembrava una piccola baldracca e ognuno di loro aveva in mano una colomba e ogni colomba aveva un nastrino legato alla zampetta, azzurro per il piccolo padrino e rosa per la sua degna compare poi porsero le colombe agli sposi che delicatamente le afferrarono e si guardarono negli occhi e con un piccolo gridolino di gioia le lanciarono verso il cielo e ci fu gente che fece foto, filmati e quant’altro e le colombe sbattevano le ali e parevano disorientate come se si inseguissero una coll’altra e tutti le guardarono per un po’ ma il sole picchiava così duro che gli sguardi si abbassarono e arrivò una macchina di quelle americane, lunga un chilometro, bianca, con un ‘autista vecchio e mezzo gobbo che scese e aprì la porta posteriore con estrema fatica e io pensai che forse quella sarebbe stata la fatica che lo avrebbe stroncato proprio in quel frangente e pregai che non accadesse e per fortuna non accadde così gli sposi salirono e i genitori applaudirono sicuramente pensando a quanto gli era costato l’affitto di quella macchina che quasi non riusciva a far manovra nella piazzetta e quando la prua della Lincoln si diresse verso la discesa  allora tutti corsero verso le rispettive vetture per seguire gli sposi e c’erano fiori e riso ovunque e le colombe ormai dimenticate iniziarono a puntare verso sud in direzione di Ponte Assereto e l’allegra comitiva festante discese la strada di Coronata quando ancora gli anziani del rione si scambiavano antichi rituali da compiere sempre dopo un matrimonio con la regia di arcane liturgie tramandate di padre in figlio sia che si trattasse di un matrimonio o di un funerale e quando gli invitati si trovarono in piazza Massena dopo aver atteso il verde del semaforo svoltarono tutti verso levante diretti ai giardini di Nervi e le colombe che veleggiavano perfettamente in coppia fecero una sorta di leggera cabrata per poi picchiare verso la Lanterna con i loro nastrini ancora attaccati alla zampette uno azzurro e uno rosa e quando la bianca macchina americana guidata dal vecchio gobbo imboccò la sopraelevata tra schiamazzi e clacson e felicità nessuno si accorse che le colombe stavano perdendo quota e quando la lunga fila di macchine arrivò ai giardini di Nervi per le foto le colombe erano ancora una a fianco all’altra che volavano quasi al livello del mare con un orizzonte basso e lontano e terso e affilato come una lama di rasoio ed era certo che avrebbero volato ancora accanto con i loro nastrini, uno rosa e l’altro azzurro e quando il fotografo chiese agli sposi di baciarsi per la foto di rito davanti alle famose rose dei giardini di Nervi la colomba col nastrino rosa cadde in acqua ma l’altra continuò ancora per una decina di metri poi atterrò su una boa di segnalazione e beccò ripetutamente il nastrino azzurro che si sfilò.
Poco dopo riprese il volo.  Quando arrivò sul Porto Antico atterrò delicatamente vicino ad una panchina dove un signore in abito bianco e cravatta gli lanciò del pane secco. Era domenica. Il sole stava tramontando e da lì a non molto, Genova, pigramente , si sarebbe addormentata.       
                                                                                                                                                                                                       


Cronaca di una calda giornata in un condominio di Cornigliano.


Mi alzai

in quella mattina

calda e umida



nella stanza

aleggiava ancora

l’odore della cena



mi sforzai di guardare

attraverso le tapparelle



il sole

più dinamico che mai



spandeva ovunque

i suoi raggi bollenti



qualche zanzara rintronata

svolacchiava senza meta apparente



arrotolai un giornale

e con un paio di colpi



ne proiettai una

in un’altra dimensione



poi mi diressi

come un non morto

verso il bagno



mi sedetti sulla tazza

e cagai

e pisciai

quasi all’unisono ( un gran bel colpo!)



finito tirai l’acqua

cinque volte



poichè la merda

che tanto era stata in me

non ne voleva sapere di abbandonarmi



si era aggrappata sul fondo



con lo scopino la grattai via

vigorosamente



e vederla scivolare nel nulla

un po’ mi dispiacque



ma poi pensai



che al termine del viaggio

avrebbe trovato un sacco di compagnia



mi distolsi da quei pensieri

e mi guardai allo specchio...



chi era quello?



non lo conoscevo!!



mi somigliava un po’



ma niente più



aprii la bocca

tirai fuori la lingua



dio che orrore!!



la feci rientrare



mi lavai i denti

e mi sciacquai la faccia



mi asciugai con una tenda

perché l’asciugamano era sporco

(mi ci ero pulito il culo)



uscii dal bagno

e guardai il letto



pareva avvitato su se stesso



diedi un’occhiata

alla foto di mia madre



era lì appesa

e sembrava dicesse:

“Ma guarda come ti sei conciato...VERGOGNA!”



abbassai lo sguardo

mi infilai i vestiti

prendendoli un po’ ovunque...



in effetti ero un attimino trasandato



la pancia mi precedeva di una lunghezza

tranne quando ero a letto



allora mi sovrastava come una collinetta tondeggiante



ma...mi piaceva!

mi teneva compagnia



se mi dimenticavo l’orologio

all’ora di pranzo

lei faceva: “Gruumble...gruumble!”



in fondo era utile



uscii



chiamai l’ascensore



quand’ecco che si aprì la porta

dell’appartamento accanto al mio


e fece capolino la deliziosa vecchietta

che da molti anni era mia vicina





“...ma quando cazzo la finirai di chiamare l’ascensore per fare 18 gradini? - esordì urlando -Ti farebbe anche bene muovere un po’ il culo!!”





la gentile signora

pareva fosse sempre esistita



quando ero ragazzo era così



e ora

dopo 40 anni



era ancora con le stesse orribili fattezze di allora





lunghi capelli canuti abbandonati al caso

naso bitorzoluto con goccia perenne

e una gobba da farla sembrare un cammello (o un dromedario? boh...)



la fissai per qualche interminabile secondo

per capire cosa stesse dicendo



ma non feci in tempo a replicare

che lei aggiunse:

“...cosa guardi, idiota, guardati tu piuttosto che sembri la morte in vacanza!!”



aveva una fottuta ragione



“ La ringrazio, gentile signora, per la istruttiva conversazione!!” riuscii a rispondere



“VAI A FARTI INCULARE DA UN TORO!!” urlò nuovamente



l’ascensore stava scendendo

e lei era aggrappata alla ringhiera che ringhiava

dietro al mio dito medio che svettava come un monolito nello spazio





arrivato al piano terra mi sistemai i pantaloni

ripulii le punte delle scarpe con gli stessi



ed imboccai il portone di uscita appena in tempo

per assistere ad un tamponamento tra due macchine





...i guidatori schizzarono fuori

ed iniziarono un elegante battibecco





“...ehi. testa di cazzo, cosa stavi guardando invece di guidare?”

                                                                                     disse il tamponato



“...stavo guardando dov’era il numero di casa tua perché tua moglie mi ha appena telefonato dicendo di far presto dato che tu eri appena uscito!”

                                                                                     rispose l’altro



“...ho capito...vuoi che ti ficchi la testa su per il culo?”



“...cazzo, ma se vuoi vedere un po’ di merda non è più semplice metterti davanti allo specchio?”



“...amico...sei in cerca di rogne, vero? allora vuol dire che le hai trovate!”



“...no...trovo strano che tu sia qui. Gli stronzi non dovrebbero viaggiare nelle fogne?”







Era quasi divertente starli ad ascoltare

ma me ne andai e li lasciai a loro







“...devi solo succhiarmi l’uccello, amico!”



“...quale? non vedo la gabbia!”



“...tra un po’ vedrai le stelle!”



“...cristo santo, ti porti dietro il telescopio tutti i giorni?!”





era iniziata un’altra gran bella giornata

e ce ne sarebbero state ancora



il traffico impazziva

in un mondo pieno di pazzi



il sole vomitava calore

sul genere umano



facendo sudare tutti di brutto

ed anche me



i gatti dormivano all’ombra

mentre un cane attraversava la strada

con la lingua a penzoloni



guardai prima a sinistra e poi a destra

e la attraversai anch’io.                              



                                                                               Alvaro.