Sostiene di essere uno scrittore
ed è sempre di lungo a proclamare
che adesso
si concentrerà su qualcosa di meraviglioso,
di profondo,
di incredibilmente sensato.
Naturalmente
quello che ne uscirà,
prima o poi,
sarà ovviamente fantastico.
Non so dove prenda i soldi per vivere,
ma in casa sua
c’è una bella signora
che si spacca la schiena
10 ore al giorno
in un ricovero per anziani.
Lui, a quanto pare, se ne vergogna
e sostiene
che lei non dovrebbe pulire il culo ai vecchi.
-…forse non sarà arte, ma il mio lavoro ti riempie la
pancia! -
è quello che gli risponde la sua donna.
- Cosa ti credi? Sto lavorando ad un romanzo! Tra meno di un
anno smetterai di fare quel lavoro! -
e questo è quello che gli risponde lui.
Lei annuisce con la testa,
le sue labbra si piegano in un sorriso sarcastico
mentre lava i piatti unti della cena.
E’ sempre
imbarazzante essere invitati da questo pseudo scrittore,
perché devi
mettere in cantiere
che ti
toccherà ascoltare
l’ennesimo loro litigio,
e
di solito, quando accade,
non sai mai cosa fare,
cosa dire e dove guardare.
-…ma che ne sai tu di letteratura? Non hai sensibilità! E’
il tuo lavoro che ti uccide! -
dice colui che sostiene di essere uno scrittore, mentre si
versa un gotto di rosso.
Mi avvicino a lui e gli sussurro in un orecchio: - Ma la
vuoi finire, testa di cazzo che non sei altro? -
Lui mi guarda con quei suoi occhi spiritati.
- …e anche tu non capisci l’arte…quella mi castra, mi toglie
la vita! -
Sostiene, inoltre, di essere un gran bevitore ma dopo due
bicchieri è già al capolinea.
Allora lo afferro.
Inizio a scrollarlo.
La sua artistica persona ha come un tremito,
un sussulto.
I suoi capelli lunghi e unti si scompigliano.
Sua moglie mi guarda
come a dire di lasciar perdere,
che è tempo perso.
Gli prendo la faccia tra le mani.
- IDIOTA! Hai una donna fantastica e stai facendo di tutto
per perderla! -
Ora sostiene
che io sono un gran pezzo di merda,
che la morte mi inghiottirà
insieme alle mie brutte maniere
e che ogni uomo è un poeta
e che ogni donna è una puttana.
La sua donna lascia la cucina,
entra in salotto,
si siede davanti al televisore
e mi invita a fare altrettanto.
Lascio cadere su una sedia il poeta
un attimo prima che inizi a vomitare.
Dopo essersi ripulito la bocca con una salvietta
si versa un altro bicchiere di vino.
-…CIO’ CHE CONTA E’ IL MIO ROMANZO - urla dalla cucina - TRA
MENO DI UN ANNO L’AVRO’ FINITO E ALLORA SARANNO CAZZI VOSTRI! -
Sullo schermo passano le immagini della liberazione
di due ragazze prese in ostaggio, in Iraq, qualche tempo fa.
La donna è felice, quasi commossa.
- Povere ragazze - mormora - chissà quanto avranno sofferto!
-
La guardo: è il ritratto della disperazione.
-…E ANDATEVENE TUTTI
AFFANCULO, VOIALTRI DUE! - sbraita lo scrittore dall’altra parte.
La donna chiude gli occhi, come in un’intima preghiera.
Mi alzo,
le dico che è meglio che vada,
le accarezzo i capelli rovinati da tinture di quart’ordine.
Lei mi sorride. Con gli occhi umidi.
- Tra non molto me ne andrò anch’io! - dice lei cantilenando
-
Lascio che il
silenzio risponda per me.
- Ho un altro! Uno che mi ama, che vuole prendersi cura di
me, capisci? -
Faccio si con la testa.
Le accarezzo una guancia.
Mi dirigo verso l’uscita.
Apro la porta e la richiudo dietro alle mie spalle.
- TRA MENO DI UN ANNO LO FINIRO’, QUESTO CAZZO DI ROMANZO, E
ALLORA…-
E’ l’ultima cosa che sento mentre scendo le scale di quel
casermone di 6 piani
e penso che rinuncerei
a tutti i romanzi che non ho mai scritto
per una donna così.
- E NON TI FARE MAI
PIU’ RIVEDERE, MALEDETTO BASTARDO!-
Per urlarmelo si è affacciato alla ringhiera
sulla tromba delle scale.
Sorrido.
Lo scrittore ha capito
che ci vorrà molto più
di meno di un anno per finire il suo romanzo
e molto meno
di meno di un anno
per rimanere solo
ad aspettare che ciò avvenga.
Alva