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web sito ImageChef Custom Images "Ormai quasi giunto al termine della mia vita di peccatore, mentre declino canuto insieme al mondo, mi accingo a lasciare su questo blog testimonianza degli eventi a cui mi accadde, mi accade e mi accadrà di assistere durante il periglioso viaggio che mi separa dalla tomba. E Dio mi conceda la grazia di essere testimone trasparente e cronista fedele di quanto ho visto. Possa la mia mano non tremare mentre mi accingo a scrivere certi eventi e ricordare l'inquietudine sottile che opprime l'animo mio mentre mi collego quotidianamente a questo blog poiché oggi ho la certezza che sto rettamente interpretando gli indubitabili presagi ai quali, da quando nacqui, stoltamente, non diedi peso ."

lunedì 11 aprile 2022

Invecchiare serve a qualcosa...



Un Airbus A380 è sulla rotta per l'atlantico.

Vola costante a 800 km / h a 30.000 piedi di altezza, quando all'improvviso si avvicina un Eurofighter 7L-WF con velocità Mach 2.
Il pilota del caccia vola accanto all’aereo di linea e saluta il pilota via radio dicendo:
" Volo noioso, eh? Allora, guarda!"
Assetta il suo jet sulla schiena, accelera, spezza la barriera del suono, aumenta rapidamente fino ad un altezza vertiginosa, solo per ricadere in un tuffo mozzafiato quasi fino al livello del mare. Con un cerchio di morte, ritorna accanto all’Airbus e chiede:
" Com'è stato?"
Il pilota dell’Airbus risponde:
" Molto impressionante. Ma ora guarda qui!"
Il pilota del jet osserva l’aereo di linea, ma non succede niente, continua a volare dritto, con la stessa velocità.
Dopo cinque minuti, il pilota dell’Airbus dice via radio:
" Beh, che ne dici!?"
Il pilota del jet chiede:
" Che cosa hai fatto?"
L'altro ride e dice:
" Mi sono alzato, mi sono sgranchito le gambe, sono andato in bagno, poi mi sono preso un caffè, un bombolone e ho strappato un appuntamento alla hostess per le prossime tre notti, in un hotel a 5 stelle pagato dal mio datore di lavoro."
La morale della favola è:
Quando sei giovane, la velocità e l'adrenalina sembrano essere una cosa fantastica.
Ma se riesci a diventare vecchio e più intelligente, la convenienza e la tranquillità non sono da disprezzare.





sabato 29 gennaio 2022

C'era una volta...

 … un uomo che aveva un difetto: voleva far vedere a tutti che sapeva sempre tutto. Non riusciva a trattenersi. Era più forte di lui. Di fronte a qualcuno che gli parlava di moto ,ecco che si improvvisava un provetto centauro; quando l'argomento era la politica diventava un esperto politologo e se la discussione virava improvvisamente sul tema della fame nel mondo il suo parere, di riffa o di raffa, non  mancava di farsi sentire per l'eccellenza dei suoi forbiti contenuti. Questione era che quell'uomo veramente sapeva un po' di tutto: esattamente quel po' che gli bastava per millantare una conoscenza molto più ampia e dare sempre, in ogni occasione, l'impressione di uno che ha qualcosa di intelligente da dire.

Ovviamente i suoi occasionali interlocutori non osavano mai approfondire troppo con lui, vanificando quindi una reale possibilità di essere messo in difficoltà, almeno da loro. Purtroppo, così facendo, egli aveva smesso di imparare cose nuove e si limitava a rigirare come una bistecca sulla griglia quelle quattro nozioni che aveva in testa. Come se non bastasse, sempre più di frequente, lo assaliva il terrore che la gente potesse accorgersi della sua ignoranza. Prima o poi sarebbe successo. Qualcuno, sempre prima o poi, avrebbe gridato al mondo intero che lui era un imbecille e di certo, in quella malaugurata occasione, si sarebbe sentito un idiota.  Pur tuttavia non escludeva del tutto l'ipotesi che quel giorno avrebbe potuto essere un bel giorno, alla fin fine. Quell'uomo, nel più profondo del suo essere, non desiderava altro che ottenere la libertà di non sapere per riuscire a vivere in pace con la sua coscienza.

Alzheimer.

 Ecco.

E’ arrivato.
Ha un sorriso strano: nell'arcata dentale superiore destra gli manca un dente ma è simpatico.
Mi rivolge la parola.
Mi chiede come sto, come va, ho dormito bene?
In verità no: mi sono pisciato addosso e non riuscivo a dirlo alla donna russa che dormiva accanto a me. No! Non è mia moglie. E’ una donna che si occupa di me, di notte, per 3 euro all'ora . Suo marito è stato ucciso in Afghanistan e la sua famiglia è rimasta in Ucraina.  Il suo compagno , un ex ferroviere di 74 anni,  quando torna a casa, la riempie di botte. Ma almeno ha un tetto sulla testa e alla fine morirà e le lascerà qualcosa. Il nuovo assistente mi da una carezza. Ho notato che ha due tatuaggi: una specie di coda di balena sul petto e un drago sul collo.  Io ho 79 anni ma, se dipendesse da me, uno così non lo farei mai entrare in casa…ma hanno detto a mia moglie che è uno in gamba. Mia moglie ha 81 anni. Non è russa; cioè: di notte russa ma è un tutto un altro discorso.
Non so cosa mi è successo. A ottobre dell’anno scorso andavo su per le colline dove sono nato. Camminavo per delle ore e mangiavo come un lupo. Poi un giorno, anziché andare a casa, mi sono trovato alla stazione ferroviaria e il brutto è che  chiedevo al capostazione dove fosse mia madre. Pensavo fosse il luogo dove ero nato. In effetti , nelle ferrovie dello stato ci ho lavorato 40 anni e sono stati anni duri in cui ho dato tutto me stesso perché credevo in quello che facevo. Ma non era casa mia. Era la banchina antistante ai binari. Hanno chiamato la polizia e mi hanno portato in ospedale e lì mi hanno fatto parlare. E io l’ho fatto: parlavo, parlavo, parlavo ma continuavano a rispondermi che non capivano così mi hanno portato in un sacco di posti dove c’erano persone col camice bianco, ma io continuavo a parlare della mia vita, dei giorni sotto la pioggia passati a lubrificare gli scambi dei binari che non scattavano, tanto erano arrugginiti.
Poi sono arrivati gli assistenti sociali. Ogni giorno ne veniva uno nuovo.  Mia moglie era stanca e credeva che in quell'unica ora in cui loro erano accanto a me potessero cambiare le cose.
Ma quando se ne andavano io ero nervoso e non mi veniva in mente mai un discorso logico. Avevo sete e parlavo della pioggia. Avevo fame e chiamavo mio padre.
Poi è arrivato lui. Con quei tatuaggi. Con quel dente mancante. Con quella faccia da criminale redento.
Con quel sorriso.
Io parlavo e lui capiva.
E spiegava a mia moglie cosa volevo dire.
E’ un ragazzo in gamba.
Arriva alle 9 del mattino e se ne va alle 6 di sera.
Poi , verso le 7, arriva la donna russa.
Mi veste per la notte, mi cambia il pannolone e mi trascina nel letto.
Alza le sbarre protettive e spegne la luce.
Dice sempre: “ ho sonno, fammi dormire questa notte, maledetto!”.
E io ho paura.
Si arrabbia sempre quando mi piscio addosso e voglio alzarmi per andare a lavorare verso mezzanotte. Così mi urla in faccia, tanto sa che mia moglie è sorda e non la sente dalla stanza accanto.
Se ne va via dieci minuti prima che arrivi quello coi tatuaggi.
E sono i dieci minuti più belli che precedono nove ore meravigliose.
Adesso che ci penso: sono in ritardo sul lavoro!
Devo andare. Il mio capo è uno severo. Potrebbero licenziarmi.

“ COME STAI GIUSEPPE? COME VA OGGI? HAI DORMITO BENE?

Sono le 9. E’ arrivato. Mi sorride.

“ MI SONO PISCIATO ADDOSSO” – gli dico.

“ E’ CAPITATO ANCHE A ME!” – mi risponde strizzandomi l'occhio.

Vorrei ridere ma non ci riesco. Ma lo guardo; eccome se lo guardo!

Ha due strani tatuaggi, una faccia da criminale, un cuore grande come una locomotiva e un bel sorriso.

Peccato per quel dente mancante.


                                                                                                  Alvaro.

Tra sette giorni.

 L’uomo guardò attraverso le sbarre: il mare in lontananza sembrava un’infinita coperta azzurra stropicciata dal vento sulla quale, un bambino disordinato, aveva dimenticato due barche a vela di diverso colore. Chiuse gli occhi e serrò le palpebre fino a lacrimare. Gli venne in mente che anche lui, molti anni prima, correva lungo il fianco di quella coperta sempre alla mattina, prima dell’alba. Di solito iniziava con una camminata veloce lasciando che i piedi  sprofondassero nella sabbia e poi via via, sempre più in fretta, fino a correre a perdifiato lasciando che la respirazione si stabilizzasse mentre la muscolatura, lentamente, si adeguava al ritmo. Amava sciogliersi nella piacevole sensazione olfattiva dell’aria mista alla salsedine che gli levigava le fosse nasali. La sua corsa era sempre fluida e veloce e il suo sguardo incollato alla scogliera a est della città, come in una sorta di riferimento geografico.

D’un tratto allentò la pressione sulle palpebre per lasciare che il bulbo oculare iniziasse la sua danza concentrica seguendo furiosamente l’occhio della mente che era arrivato ai piedi della scogliera. Gli pareva ancora di sentire le onde frangersi  su quegli scogli ammassati l’uno accanto all’altro e di vedere i gabbiani volteggiare nella affannosa e continua ricerca di cibo.
Era un caldo martedì di  Aprile e una giornata splendida. Il suo orologio da polso, preposto anche per il controllo del battito cardiaco, segnava le dieci e sette minuti quando tutto accadde velocemente.
Davanti a lui un uomo e una donna che litigano. Lui la schiaffeggia e lei inciampa  cadendo in un anfratto tra uno scoglio e l’altro mentre lui si avvicina iniziando a sferrargli calci e a urlare brutte cose.
Le palpebre dell’uomo si serrano nuovamente con le mani che stringono con forza le sbarre della cella.
Avrebbe dovuto lasciar perdere. Al massimo, avrebbe potuto solo farsi notare nella speranza che l’altro smettesse. Invece no. Iniziò a correre nella loro direzione senza accorgersi che il suo orologio da polso gli segnalava un’attività cardiaca esagerata per il tratto di strada percorso, consigliandogli di fermarsi onde evitare il peggio. Che puntualmente arrivò.  
 Quando fu davanti all’altro uomo non fu difficile per uno della sua stazza e con il suo allenamento, sferrare un pugno nel viso dell’altro. In quel momento era l’unica cosa da fare. Lo aveva imparato nelle decine di occasioni in cui la vita, nelle sue centinaia di palestre sparse tra i vicoli e i quartieri della città, lo aveva messo alla prova. Le prime volte te ne tornavi a casa con il corpo dolorante , le labbra rotte e gli occhi gonfi ma poi, facendo tesoro di quelle sofferenze, non commettevi più gli stessi errori. La regola era: colpire per primo senza mai distogliere lo sguardo dall’obiettivo. Il più delle volte lo scontro si chiudeva subito perché l’avversario scappava o rimaneva a terra piegato in due a urlare dal dolore. Solo qualcuno si rialzava per continuare e tu sapevi che sarebbe stata dura così, mentre aspettavi che si rialzasse, qualcosa nel più profondo del tuo essere, ti faceva sperare che non accadesse. Che rimanesse a terra. Sconfitto. Umiliato.
Era quello il pensiero di quel martedì di Aprile anche se stranamente, la voce proveniente dal più profondo del suo essere, sperava che in quel giorno accadesse il contrario. Che si alzasse per continuare. Ma la scena di quel piccolo corto metraggio sarebbe stata muta se le urla della ragazza da cui era corso per soccorrere avessero smesso di pronunciare la stessa, ripetuta parola: assassino.
L’uomo aprì gli occhi. Erano passati 25 anni da quel momento.  Tra una settimana sarebbe uscito. Sapeva di non essere un assassino. Sapeva anche che a volte, nella vita, le cose vanno come non dovrebbero andare e ci si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ma il ragazzo, ormai uomo, aveva pagato il suo debito in silenzio, come quando da bambino, tornando a casa tutto pieno di lividi, cercava di fare tesoro dagli errori che avevano causato il suo stato. Non riusciva a pensare ad altro se non al fatto che da lì a una settimana non  sarebbe più stato in quel luogo.
Lanciò un’altra occhiata all’enorme e infinita coperta azzurra che stava davanti a lui proprio mentre i suoi muscoli inferiori si contrassero più volte. Sorrise. Conosceva bene quella sensazione: era il desiderio di correre. Avrebbe finalmente di nuovo corso. Magari un po' più lentamente, per via dell'età ma lo avrebbe fatto di nuovo. Tra sette giorni.


                                                                                                             


Riunione di Equipe.

 “Inutile star qui a cincischiare dottor  Fenestrelli ; come può vedere dalle facce gli operatori sono tutti in subbuglio; vorrebbero una riduzione degli straordinari e l'ammodernamento delle strutture. Così è proprio un inferno!”   Piera Cirio è la  veterana del gruppo: una cicciona placida e benevola ormai prossima alla pensione.


“D'accordo Piera, proverò a farlo capire alla direttrice sanitaria ma non ti garantisco niente. Da quando è arrivata qui, coi suoi modi da preside ottocentesca, non riesco più ad intavolare una minima discussione utile. Sentiamo cosa mi propongono gli altri”

“Non c'è proprio niente da proporre, vacca miseria ladra! Io ci metterei quella a fare la vita che facciamo noi!”   

A imprecare è Lardelli, un infermiere che lavora in questa lugubre piccionaia da circa venticinque anni. Lardelli, detto "Lardo" (per via anche della sua mole addominale) è il boss della squadretta di operatori, infermieri ed educatori addetti alla gestione di una trentina di psicodeviati di vario genere.  Guido Fenestrelli, neuropsichiatra della struttura, comprensivo e buono come il pane, ora deve mediare tra una ciurma sull'orlo dell'ammutinamento ed una direttrice giovane ma vecchia dentro e antipatica quanto il classico gatto che ti si artiglia ai testicoli e non accenna a mollare la presa.

“Ok, Lardo, dimmi quali sono le priorità e vedrò di proporre un piano di lavoro.”

“Belìn,le priorità sono che io ne ho le balle piene di dover rincorrere tutti i giorni quello sfigato del Cipretti! L'altro giorno me lo sono trovato che sfruculiava dentro le mutande della vecchia novantenne. Lui che ne ha 22! E io a cercare di togliergli le mani dal sedere della vecchia e lui a rinfilarle di continuo per poi annusarsele. A un certo punto mi sono stufato e l'ho spinto via con un calcio nel di dietro! Santo cielo, non posso mica aspettare tutte le volte che mi arrivi la autorizzazione scritta della "signora" per usare la levolsulpiride! La prossima volta lo rovino di botte!”

“Qui non si rovina un bel niente! Diamine...che maniere sono mai codeste?”

Virginia Floppi, la direttrice,  entra in sala personale in quel preciso istante. E' sui 50 anni ma il suo atteggiamento la assimila più ad una ultrasettantacinquenne inacidita.

“Signora...finalmente è arrivata! Stavo dicendo alla Piera e al dottore che il Cipretti va sedato sempre perché quello lì è una bestia!”

“La levolsulpiride è potente e va somministrata secondo criteri appropriati; non mi dia in escandescenze alla guisa di un volgare bifolco, signor Lardelli!”

“Bifolco io? Allora ci provi lei col Cipretti. Solo ieri mi ha sputato in faccia tre volte nella mattinata!”

“Ha ragione Lardo, signora Floppi! Mi scusi, io sono nuova di qui, mi chiamo Laura Cinisi e nei turni di notte ho il settantenne sordomuto che lascia regolarmente il suo letto e si intrufola nel reparto femminile: l'ho sorpreso a masturbarsi cioè...diciamo a cercare di masturbarsi, vista l'età e il risultato scarso dei suoi tentativi di stare a  cavalcioni sulla giovane dislessica mentre quella, giustamente ,urlava tentando di colpirgli ripetutamente i genitali con una ciabatta con lui che mugolava come un ossesso. Ho lo stesso problema di Lardelli; se lei non ci autorizza a fare l'uso che riteniamo giusto della levolsulpiride almeno ci dia il nulla osta per l'uso immediato del "rispo" che è in diverse situazioni è risultato molto efficace nel calmare i più scalmanati.”

“Sono oltremodo spiacente, esimia signorina, di doverla ragguagliare circa l'evidente  distonia concettuale inerente al suo reclamo: il rispo, come lo chiama lei, peccando di patentemente esigua professionalità, è una molecola di recentissima sperimentazione; se io dovessi autorizzare le novelline par suo a somministrare risperidone come fosse acqua, mi renderei correa di un'evidente interpretazione fallace del protocollo medico”.

“Ma porca assassina, come diavolo parla, signora?”  A intervenire così bruscamente è Alvaro, un valligiano del Piemonte sud orientale, da molti anni residente in Liguria e da circa otto mesi assunto in prova.

“Alvaro, come si permette? Un po' di buona creanza, cribbio!"

“Buona creanza un par di balle, mi scusi eh...adesso le spiego io come funziona questo casino. Lei lo sa che tutti i giorni dobbiamo sfacchinare fino a 10 ore, includendo gli straordinari e ci facciamo un mazzo così, comprensivo di manipolazione di liquidi organici dei pazienti, pulizie forzose dei loro siti di degenza, sputi in faccia e, nel migliore dei casi, le vecchiette che se la fanno addosso ogni due per tre. E che dire dei quattro giovani disadattati psicotici che ti mostrano di aver defecato, esibendoti le mani copiosamente coperte di cacca? E tutto questo per quella miseria di stipendio che lei ci elargisce generosamente? Ma mi faccia il piacere, lei e la sua parlantina da professoressa dell'800!”

“Calmati Alvaro, ora ne parleremo con calma. La direttrice ed io te  lo promettiamo!”.

Fenestrelli è la persona più pacata che ci sia mentre Alvaro, sanguigno e schietto quanto una scorreggia, un metro e novanta per cento chili di peso e un fosco passato nella Legione Straniera si siede, trattenendo a stento un accidente all'indirizzo della Floppi.

“Però abbiamo diritto a un orario più umano! Io, per esempio, ho dovuto addirittura attaccare la mattina alla notte per l'assenza di una collega influenzata e quando sono tornata a casa, mio marito mi ha detto che puzzavo di vomito: per forza! Il paziente più giovane mi ha vomitato addosso dopo aver mangiato la segatura del gatto con quello che conteneva!”

A parlare è la Milly Martinelli, la "bellona" del gruppo, regolarmente insidiata dai pazienti di ogni età; lei non usa molto i farmaci quanto le sue ginocchia nel senso che placa i bollori degli sventurati molestatori in erba a suon di ginocchiate nei testicoli.

“Signora Martinelli, io sono costretta a ribadirle che non transigo! Sono stata resa edotta sulla tremenda fattispecie che la concerne: lei non può percuotere i  pazienti sulle loro parti intime e poi venire a lamentarsi da me! Acciocché non accada più, lei è sospesa per tre giorni dal servizio!”

“Sospesa? Ma brutto spurgo di fogna! Io ti scateno il sindacato contro e poi la vedremo, vecchia nana deforme!” In effetti la Floppy era oltremodo bassa di statura e camminava dondolando a motivo di una scoliosi infantile.

La protesta esplode in un parapiglia generale tra la Martinelli che strapazza per il camice la direttrice, Lardo che rimedia un doloroso calcio tra le gambe nel tentativo di dividere le due, Alvaro che scaraventa un tavolo sulla scrivania senza avvedersi che la povera Piera stava lasciando la sua sedia e quindi colpendola sulla testa: la semi-obesa Cirio stramazza a terra, stecchita come un coniglio e la sua vescica si rilascia, inondando di urina il pavimento.
Alvaro, in preda alla rabbia più pura, afferra la porta dell'ufficio, la scardina e la lancia dalla finestra sulla macchina appena acquistata dalla Martinelli. Poi, in preda al panico e , dispiaciuto del gesto, fugge in preda al panico. Qualcuno ha avvisato i carabinieri che intervengono pochi minuti dopo tra le grida della Floppi del tipo:

"Per carità, sottoposti, calmatevi, Gesummio, non trascendete! Di grazia, lei,  si ricordi di non mancare di rispetto alla sua superiore in gerarchia, signora Martinetti!” 

“ Mi chiamo Martinelli, brutta  handicappata putrescente raccomandata di questa cippa. Adesso
ti scaravento dalla finestra ,così vendico anche il Lardo e  ti leverai dai maroni che qui non ti vogliamo più!”
 Urlando questa frase si affaccia alla finestra e realizza che la sua meravigliosa Fiat 500 ha il tettuccio sfondato dalla porta dell'ufficio lanciata da Alvaro. In silenzio biascica qualcosa tipo :cosa? chi? ma? perché? Poi con calma scende nel cortile e abbandona il gruppo come sconfitta. 

Altri operatori e infermieri si lasciano contagiare dal casino tipo rissa da saloon e, in mancanza di meglio, corrono nei reparti alla caccia di poveri mentecatti intempestivamente beccati nell'espletazione delle loro usuali "marachelle" psicopatiche: quando i carabinieri intervengono sono necessari i rinforzi da Genova per sedare questa edizione riveduta e  corretta delle rivolta dei Ciompi. Dopo i primi accertamenti della polizia, magicamente torna la calma.

“Belìn...un casino così non me lo sarei mai aspettato, dottor Fenestrelli!“esclama basito Lardelli. 

Dopo  alcuni mesi  la struttura fu temporaneamente chiusa e i pazienti trasferiti in altro sito. Tre anni dopo fu parzialmente ristrutturata per ospitare un poliambulatorio. L'unico "riciclato" fu il Lardelli che trascorse lì gli ultimi anni che gli mancavano alla pensione.

“Lardelli, ma è vera quella cosa di Alvaro?” - chiese un giovane dottore, appena assunto, all'infermiere che stava raccontando ad un suo amico,  per l'ennesima volta, quella incredibile riunione d'equipe. 

“Si dottore, il "gigante" come lo chiamavano qui, diede fuori di matto: dopo aver malmenato due carabinieri con calci e pugni tornò sui suoi passi, afferrò la Floppi, la sollevò di peso e la trascino al cesso del primo piano. Quando intervennero alcuni colleghi a fermarlo, teneva la testa della direttrice infilata nel water mentre lui  tirava l'acqua senza smettere. Poi saltò dalla finestra e scomparve. Qualcuno dice che sia tornato nella legione straniera, qualcun altro invece è convinto di averlo visto in un bagno dell'Outlet di Serravalle Scrivia che rideva a crepapelle tirando l'acqua dello sciacquone. Ancora oggi è ricercato dalla polizia.”

                                                  MORALE DEL RACCONTO:


Certe cose avvengono per forza di cose; la gente deve imparare che nessuno è fatto di ferro. Siamo tutti umani e imperfetti e il lavoro deve essere un modo per arricchirsi dentro, umanamente ed eticamente. Non può ridursi ad un abbrutente somma di ore di semi-schiavitù, in condizioni intollerabilmente rozze e senza gli strumenti necessari. Anche la gestione va affidata a persone che coniughino professionalità ed elasticità mentale e, soprattutto, non dimentichino che gli altri sono come noi, meritevoli di ascolto e solidarietà umana.

domenica 2 gennaio 2022

Riflessione del 2 gennaio 2022


Domanda:

Un alto QI  è necessariamente indice di qualità superiore?


Risposta:

Non c’è nessuna garanzia che individui dal QI elevato producano persone migliori e una società migliore. Non sono stati i bambini ritardati a causare guerre e distruzioni. Anzi, l’ultima persona decisa a selezionare una razza superiore morì in un bunker nazista alla fine della seconda guerra mondiale.