VOTAMI!

web sito ImageChef Custom Images "Ormai quasi giunto al termine della mia vita di peccatore, mentre declino canuto insieme al mondo, mi accingo a lasciare su questo blog testimonianza degli eventi a cui mi accadde, mi accade e mi accadrà di assistere durante il periglioso viaggio che mi separa dalla tomba. E Dio mi conceda la grazia di essere testimone trasparente e cronista fedele di quanto ho visto. Possa la mia mano non tremare mentre mi accingo a scrivere certi eventi e ricordare l'inquietudine sottile che opprime l'animo mio mentre mi collego quotidianamente a questo blog poiché oggi ho la certezza che sto rettamente interpretando gli indubitabili presagi ai quali, da quando nacqui, stoltamente, non diedi peso ."

venerdì 3 dicembre 2010

                            La decisione.


Dopo quell’ennesimo e furioso litigio, decisi che non avrei mai più partecipato ad un altro. Quindi mi alzai e andai in camera a vestirmi.

“ E ora cosa fai? Torni a dormire? Ma certo, dimenticavo, è l’unica cosa che ti riesce meglio: DORMIRE!” - urlò lei.

Mi sedetti sul letto e infilai le calze; erano belle, forse le cose più belle che avessi mai posseduto.

“ Guarda che pancia hai! Fai schifo! Ti credi di piacere a una donna? Credi veramente che, in tutti questi anni, io sia rimasta con te perché mi piacevi? Ti sbagli se la pensi così; sono rimasta perché mi facevi pena, perché nessun’altra avrebbe osato starti accanto!”.

Cercai i pantaloni e scelsi quelli blu a righe chiare. Mi erano sempre piaciuti perché non cadevano eccessivamente sulle scarpe.

“ Guardatelo il culone! Ma come ti vesti bene! Vai dalla tua amante? Oppure vai dalla tua mammuccia a piangere e a dirle di quanto sei infelice?”

Si! Erano proprio belli, ma stringevano un po’. Avrei dovuto perdere qualche chilo. Infilai la cintura nei passanti e la serrai.

“ Non vali nulla, non sei nessuno! Sei solo capace di mangiare, bere e leggere quegli stupidi fumetti!”.

Presi un maglione e ci saltai dentro.

“ Sei un pazzo! Dovresti farti curare. Lo dico per te, per il tuo bene. Nessuno dorme con la luce accesa e la radio pure per tutta la notte! Nessuna donna potrà mai sopportarti; a meno che tu faccia come fai ora che dormi in una stanza per conto tuo.”

Aprii un paio di cassetti e cercai la mia sciarpa di lana. Ci ero affezionato. Aveva più di vent’anni ma avvolgermela al collo era come indossare un amuleto. Lo feci con un gesto liturgico.

“ Ti credi che non sento, la notte, quando ti alzi e ti siedi in cucina per delle ore? Ti ho anche visto una volta con una coperta sulle spalle che scrivevi. Ma a chi scrivi se non hai amici? Il bello è che non ti frega neanche di averli! Sei un malato di mente.”

Tirai giù dall’armadio il mio giaccone imbottito e lo indossai.
“ Dammi retta, Hal…fatti vedere da uno specialista. Tu hai dei problemi, dei grossi problemi!”.

Uscii dalla camera e attraversai il corridoio lentamente. Aprii la scarpiera che stava nell’entrata ed estrassi le mie scarpe da ginnastica: erano vecchie e logore ma quando le avevo ai piedi mi sembrava di camminare su una nuvola. Me le infilai delicatamente, ma ben deciso a spingere con forza nel caso avessi trovato resistenza. Pensai che quella procedura aveva un nonsoché di erotico e che mi aveva sempre procurato brividi di eccitazione.

“ Non sei nemmeno in grado di vestirti! Hai visto come ti sei conciato? Devi ancora uscire e sembri appena tornato da una corsa di 100 km!”.

Allungai il braccio destro e impugnai la maniglia della porta. Premetti il pulsante e tirai. La porta si aprì cigolando.

“ Ma si…vattene, vattene. Non hai nessuno a cui chiedere aiuto! Tu lo sai bene. Nessuno ti sopporta! Sei  un essere a parte…sei come una bottiglia vuota!”.

Scesi le scale e nell’aria avvertii ancora l’odore di fritto della cena di qualcuno. Aprii il portone e fui fuori. Iniziai a camminare. Non guardai indietro.

“ Dove dormirai?  - urlò dalla finestra - Non senti che freddo fa? Finirai come un barbone. Morirai da qualche parte, in qualche brutto posto, solo e abbandonato…come piace a te!”.

La strada era leggermente in discesa. Dovetti fare attenzione a non scivolare. Non guardai indietro.

“ Sei solo un maledetto figlio di puttana!! - urlò con tutto il fiato che poté.

Poi sentii la finestra sbattere e subito dopo il silenzio. Lo assaporai. Non guardai indietro.
La luna, terrea, era nel cielo. Le stelle intorno a lei. Mi fermai ad osservarle: era strano…non le avevo mai viste brillare in quel modo. Poi, mi ricordai che erano più di 15 anni che non le guardavo. Decisi di rimanere ancora un po’ a testa all’insù.

Doveva essere passato parecchio tempo poiché il collo mi doleva. Abbassai lo sguardo.
Lassù l’infinito, quaggiù i muri imbrattati della città. Lassù poesia, quaggiù desolazione e miseria umana.
Faceva freddo. Molto freddo. Misi le mani in tasca, cercai di far rientrare, per quanto possibile, il mio viso sotto la sciarpa. Più o meno come fanno le tartarughe quando sono in pericolo. Continuai a camminare. Non guardai indietro. Entrai nel buio di un vicolo che mi inghiottì.


                                                                                              Hal
                                      Discorso.

Dimmi una cosa:
perché continui a restare con me?
Non sono nessuno,
anche se ho studiato tanto per esserlo,

il bello è che non mi interessa nessuno
e
a parte questo
non ho quasi interesse per nulla
se non per ciò che scrivo;

inoltre sono molto soprappeso
e ho tagliato i capelli quasi a zero

( ti ricordi come li avevo lunghi?)

e il pretesto quale è stato?

Che avevo paura di diventare il loro schiavo.

Invece Tu sai che non è così.

L’ho fatto per sembrare un altro,
per dare un calcio al passato.

Cosa c’è?
Non mi credi?
E’ inutile che mi guardi con gli occhi sbarrati
e la bocca aperta!
Non fare la finta tonta!

E come se non bastasse
ho i peggiori difetti di questo mondo
e di qualche altro ancora…

Per esempio: russo!

Chissà quante volte ti ho svegliata
senza che mai tu mi disturbassi
anche solo una volta!

Me lo chiedo sempre più spesso: come fai a reggermi?
Devi essere una specie di santa
o giù di lì!

Sopporti anche la mia ossessione per la pulizia
e non ti arrabbi mai quando,
entrando in casa,
mi senti urlare di non sporcare il tappeto rosso…

è che ci tengo tanto…

mi ricorda del mio ultimo viaggio in India.

Mi chiedo
come puoi tollerare il fatto
che mai una volta sei riuscita a mangiare
in un orario decente:

sempre in ritardo ( la cena di notte)
o sempre in anticipo ( la colazione di notte).

Tutto questo a causa del mio lavoro.

E che dire
di tutte le notti
che dopo un incubo
corro davanti alla tastiera del mio PC
per tentare di trascriverlo;

mentre tu
ogni volta
ti alzi e ti siedi accanto a me,
osservandomi in silenzio,

che picchio su quei tasti
come un pazzo!

Sei veramente unica!

Mi viene da ridere al pensiero
della mia ex moglie che diceva
che non poteva esistere qualcuna in grado di sopportarmi!

E invece…eccoti qua,
scesa dal cielo,
tutta per me!

Cosa vuoi ora?

Vuoi uscire?

Lo sai che è molto tardi?

E’ quasi mezzanotte!

O.K., O.K., andiamo…

Questo discorso possiamo continuarlo anche fuori.

Però,

TI PREGO,

mentre scendiamo le scale,


NON ABBAIARE!!!


                                                                                     Hal
                            Dimentica.

Ora ti insegno:
fai così:
raccogli e conserva le immagini del mondo.

E' un vergognoso spreco
lasciare che svaniscano
ogni giorno
davanti a noi.

Si chiamano ricordi.
Tutti li hanno.
Tranne i morti.

Anch'io faccio lo stesso:
prelevo dal mondo

                                                                  i suoi colori
                                                                  i suoi suoni
                                                                  e gli odori

li sottraggo al genere umano
che non mi interessa,
che mi rattrista,
che mi disgusta

e li fisso nella mente.

Dopo quest'operazione
a volte piango
e

...ripenso a Garueb,
il mio amico immaginario
che rimase con me per tanti anni,
e al nostro correre scalzi sulla ghiaia
con il sangue che usciva sotto i piedi solo a me.

“ E' rosso, vedi? - diceva – Ricordalo!”
...ripenso alla mia povera nonna
che piangeva seduta al tavolo,
la sera
con le bollette da pagare in mano.

“ Come faremo a tirare avanti? Come faremo?” - diceva.

Io la guardavo e me ne andavo a letto.
E sotto le coperte tremavo.
Avevo capito di essere povero.
Avevo capito che la mia vita sarebbe stata dura.

...ripenso a Matteo
che, credendo di poter volare,
si lanciò dal 4° piano
e si sfracellò al suolo

con il suo sangue
che rimase per molto tempo
sul cemento del cortile dove giocavamo.

...ripenso
a quella volta che in Francia
durante una giornata di pioggia
una macchina uscì di strada e si capovolse
e io corsi verso quella macchina
e dentro c'erano 2 bambini che urlavano
terrorizzati
e al volante la loro madre con il collo spezzato.

Ricordo i loro volti.
Ricordo la pioggia sul mio viso.
Ricordo il gelo che scese nel mio cuore.

Ora ti insegno:
fai così:

cerca di ricordare solo le cose belle
anche se è impossibile.

Tutti ricordano.
Tranne i morti.

Silenziosi protagonisti
dei ricordi di qualcun altro.

Anche loro avevano il dolore dei ricordi.
Ma nella morte l'hanno dimenticato.

I morti.


Loro si che la sanno lunga.




                                                                  Hal
                            Dedicato al Milite ignoto.

Nessuno saprà mai quando nacque.
Né come trascorse quel poco che visse.
Ma tutti sanno come morì.

Fu durante una guerra,
sanguinosa e cruenta,
fatta per difendere i sacri confini di una patria,
che nulla gli aveva dato,
se non sogni di vittoria
e incerte certezze.

Era
quasi sicuramente
poco più di un bambino
e la paura lo faceva tremare
anche sotto il sole cocente.

Aveva tra le mani un fucile,
che spesso si inceppava e vestiti inadatti per affrontare l’inverno della montagna.

Ma gli ordini che riceveva erano sempre precisi e chiari:

- AVANZARE E RESISTERE! A COSTO DELLA VITA! -

La Sua vita.

E lui camminava con il fango alle ginocchia
e il morale nella scarpe.

Probabilmente non sapeva nemmeno
a chi doveva sparare.

Com’era il nemico?
Molto diverso da lui?

Aveva capito, però,
che per non morire
bastava stare in trincea,

seduto,
tremante.

I giorni passavano.

Bisognava resistere.

Anche senza cibo.
Anche senza acqua.

Ma tu eri forte,
avevi la gioventù dalla tua parte.
La patria si era affidata a te.
Non potevi deluderla.
Bastava non fare come i tuoi compagni che,
distrutti dalla febbre,
dalla fame
e dalla paura

si alzavano
e camminavano verso il nemico.

Ogni volta che uno lo faceva,
aspettavi i colpi del fucile
che avrebbero messo fine
a quella misera esistenza.

Era semplice smettere di soffrire: dovevi alzarti e camminare.

Ma tu hai resistito.
E quando intorno a te
c’erano solo cadaveri
hai pensato
che veramente saresti riuscito a tornare a casa.

Se solo avessi finto di esser morto.

Ma
quando hai sentito
qualcuno avvicinarsi a te,
hai creduto che la tua patria
ti avesse mandato l’aiuto
di cui tu avevi bisogno…

e hai urlato la tua disperazione,
con quanto più fiato avevi in corpo.

Invece
hai incontrato altri ragazzi.
Proprio come te.
E per loro TU eri il nemico.
Un nemico stanco,
assetato,
affamato,
senza munizioni e terrorizzato.

Quando i vostri sguardi si sono incrociati,
abbozzasti perfino un sorriso.

Ma non per renderti simpatico,
perché finalmente
potevi vedere chi
da mesi
avevi odiato
anzi,
chi ti avevano detto di odiare.

Era colpa sua se ti trovavi lì.
Lontano da casa e nel fango.
Senza tener conto che anche per lui era la stessa cosa.

Solo che lui aveva avuto un po’ più di fortuna.

Mentre ascoltavi la sua incomprensibile lingua, sembravi felice.
Non tremavi più.
La fatica era svanita.
Sapevi che in un modo o nell’altro te ne saresti andato da lì.

I tuoi pensieri si interruppero
quando sentisti un rumore metallico.

Lo conoscevi bene.

Era lo stesso rumore
che faceva il tuo fucile
quando finalmente riuscivi
a mettergli un colpo in canna
dopo svariati tentativi.

Ma mai col primo, come aveva fatto lui.

Lo guardasti negli occhi, quando prese la mira.
Poi, chiudendo i tuoi, cercasti quelli di tua madre.

Per l’ultima volta.



Ora sei un eroe.

Da decenni, due soldati, con una bellissima divisa, stanno a fianco a te.

Ogni ora del giorno e della notte.

Sia che piova.
Sia che nevichi.

E la tua patria, ogni anno, celebra una sontuosa festa in tuo onore.

Ora sei il simbolo
di tutti quelli che morirono
senza che qualcuno
sia riuscito mai a dar loro un nome.

A Voi. Ragazzi della nostra terra.
A Voi. Eroi di una patria che vi abbandonò al Vostro destino.

Lassù.
Sulle montagne.

Nel più profondo inferno.

A due passi da Dio.



                                                                                     Hal
                                Vanità.

Ti stai truccando,madre mia
e intanto tossisci
e mi dici che hai sempre la febbre alta.

Ti stai truccando
e lo specchio ti rimanda
un'immagine a cui non eri più abituata
e continui a tossire
mentre ti osservo dalla cucina
dietro a un tavolo
con sopra farmaci di ogni genere.

Ti trucchi
per cercare di lenire
quelle rughe che scavano il tuo volto
per cercare di mascherare la tua sofferenza.

Mi ricordo di com'eri bella
e tu, come se avessi percepito il mio pensiero,
mi domandi: “ ti ricordi com'ero bella?”.

Annuisco e sorrido.

Un vento freddo
si infiltra dalla porta del salotto
e fa sbattere una finestra.
“ Chiudi, che c'è corrente - urli – mi manca ancora una polmonite!”.

Attraverso il corridoio e chiudo la porta.
E' ottobre.
Due giorni fa mi hanno detto che non vivrai ancora per molto.
E l'hanno detto anche a te.

Ma tu
con incredibile attenzione
ti stai truccando                                                                                                                 

                                                                                                     Alva.