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web sito ImageChef Custom Images "Ormai quasi giunto al termine della mia vita di peccatore, mentre declino canuto insieme al mondo, mi accingo a lasciare su questo blog testimonianza degli eventi a cui mi accadde, mi accade e mi accadrà di assistere durante il periglioso viaggio che mi separa dalla tomba. E Dio mi conceda la grazia di essere testimone trasparente e cronista fedele di quanto ho visto. Possa la mia mano non tremare mentre mi accingo a scrivere certi eventi e ricordare l'inquietudine sottile che opprime l'animo mio mentre mi collego quotidianamente a questo blog poiché oggi ho la certezza che sto rettamente interpretando gli indubitabili presagi ai quali, da quando nacqui, stoltamente, non diedi peso ."

giovedì 5 gennaio 2012

Il giro giusto.


E’ questo il segreto: essere nel giro giusto.
In mezzo a chi ti può togliere dalla strada.
Da dove sei nato.

La strada.
Dove hai fatto i primi passi.
Guardando quelli che contano.
Da lontano.
Solo.
Anche quando non c’era ragione di esserlo.

Eppure,
quando sarai tra loro,
se ci sarai,
potrai scrivere ciò che vorrai,
soprattutto cazzate;

e più ne scriverai
più tempo rimarrà per te,
perché non dovrai perderne rileggendole.

Andrai ai party.
Ai rinfreschi.
Conoscerai la bella gente.
Quella che conta.

Stringerai mani.
Sorriderai.
I camerieri faranno a pugni
per portarti il vassoio dei drink.

Le donne più belle
smanieranno per poter parlare con te.

Ma tu sarai annoiato,
perché saprai
che ognuna di loro
sarà solo un altro pezzo di carne
da aggiungere
nella tua rubrica telefonica.

Sarai famoso.
Tutti ti vorranno.
Pagheranno qualunque cifra
per avere i diritti
di ciò che avrai scritto
e di ciò che scriverai.

E tu
qualche volta dirai si,
ma il più delle volte dirai no,
perché tutti dovranno sapere
che a te il denaro fa schifo,
che ti serve solo per mantenere

chi non ha la tua arte,
chi non ha il tuo genio,

E poi
quando le feste in tuo onore
saranno finite
salirai sulla tua lussuosa macchina

e te ne andrai
sfrecciando nelle prime luci del mattino

confuso,

chiedendoti se quello che hai
è veramente ciò che desideravi.

Entrerai nella tua magnifica casa
cercando la migliore bottiglia di vino.

 Inizierai a bere.

E più berrai
e meno capirai il senso della vita.

Ti ricorderai
di quando morivi di fame
e di quando lavoravi duramente in un mese
per guadagnare esattamente
quanto ora spendi in un giorno.

Continuerai a bere.
Cercherai delle giustificazioni.
Ma non arriveranno.

Le attenderai
stappando un’altra bottiglia.

Ma non arriveranno.

Cadrai a terra.
Saturo di alcol
proprio come ti accadeva
quando eri uno spurgo di fogna.

Solo che allora eri giovane.
Te la cavavi sempre.
Anche perché qualcuno
il giorno dopo
ti veniva sempre a cercare.

Ti aiutava ad alzarti.

Erano tuoi amici.
Derelitti come te.
Non avevano ambizioni.
Non volevano diventare qualcuno.

Cercavano solamente di sopravvivere.

Così
sono rimasti ai loro vecchi lavori,
alle loro incertezze,
ai loro pensieri torbidi,
ai loro sogni
che non si sarebbero mai realizzati.

Perché non avevano la tua arte.
Perché non avevano il tuo genio.

Ma tu no!
Tu hai avuto tutto questo!
E ora sei qua.

Vecchio e privo di forze.
Nella tua gabbia dorata.

Che stai morendo.
Che stai pensando a loro.

Che non verranno.

Perché non sono nel giro giusto.

Anche se sai benissimo
che nessuno verrà.

Perché nessuno
osa disturbare

un grande scrittore.



                                                                                              Alvaro.

Agosto del '66


E' tutto quello che mi è rimasto
di quell'anno:
una fotografia in bianco e nero sbiadita.

Ci sono io
su una spiaggia
con un costume di spugna
che do la mano a te

6 anni in due

ovviamente non so chi tu sia
e mai lo saprò

ma tu sorridi
con gli occhi chiusi
il sole in faccia
e le nostre ombre proiettate all'indietro.

C'è un mare grigio
con un'onda bloccata a metà
e una donna che si sta tuffando
bloccata a metà anche lei.

Agosto del '66
tutto dentro una fotografia di 10 x 15.

Il mio sguardo è triste.

Quella fu la vacanza
prima della tragica alluvione che colpì
la mia città due mesi dopo.

Sabbia, sole, cielo, mare e gente.
Tutto in bianco e nero.

Ma è a colori
il ricordo
di mia madre
piegata in due
che asciuga l'acqua sporca in salotto
secchi di alluminio ovunque

odore di muffa

e mio padre
giù da basso
nel garage
che bestemmia
mentre spala fango
intorno alla macchina appena comprata

e io
con l'acqua alle caviglie
che tremo dal freddo
con la mano sinistra aperta
che ripenso a quando era stretta
a quella della bambina
sulla spiaggia
qualche mese prima.

Chissà dove sei ora.
Chissà cosa stai facendo.
Sarai una donna.
Avrai dei figli.
Oppure sarai morta.

Ma non per me.

Io e te saremo sempre vivi.
Mano nella mano.
In bianco e nero.
Sbiaditi.
10 centimetri per 15.


Con il mare
la gente
e gli sguardi


bloccati a metà.


                                                                  Alvaro.

Io e lui.



         ...anni '70.

        
        
        
        
         Io e Luigi.
         Per tutti Gigi.
         Io e lui.
         Coppia fissa.
         Io sensibile all'inverosimile.
         Lui bastardo dentro.
         A scuola faceva a botte con tutti.
         Era grande e forte.
         Troppo forte per affrontarlo.
         Adorava fare scherzi a tutti.
         E non erano scherzi carini.
         A un tipo gli infilò un petardo nei pantaloni.
         A un altro versò un barattolo di colla nei capelli.
         Strappava le code alle lucertole e le ali alle mosche.
         Poi le bruciava con l'alcol.
         E rideva. Rideva.
         E i suoi denti storti e pieni di tartaro si facevano vedere.
         Ero terrorizzato.
         Mi picchiò duramente un paio di volte.
         Quando partimmo per militare ( entrambi nei paracadutisti)
         chiese di andare volontario nelle forze di pace a Beirut.
         “...posso ammazzare un sacco di negri e divertirmi un casino!”.
         Quella fu l'ultima cosa che gli sentii dire.
         Due mesi dopo calpestò una mina che lo trasformò in poltiglia.
         Un gran brutto scherzo della sorte a uno che di scherzi se ne intendeva.
                                                                                                      
                                                                                                       Alvaro.

Il settimo bicchiere.



Un po’ di tempo fa venne da me un anziano scrittore e poeta molto conosciuto. Lo feci accomodare e rimanemmo in silenzio. Uno di fronte all’altro.
Avvertii un lieve imbarazzo, quindi mi alzai e versai da bere. Iniziammo, lentamente, a sorseggiare un Cabernet Sauvignon. Il tempo scorreva e il vino anche.
Al quarto bicchiere, il canuto scrittore mi disse: “ Ho ascoltato le tue poesie alla radio…”.
“ Mmmhhhh…e allora?” - domandai con ancora un goccio di vino in bocca.
“ Niente male, davvero niente male!”.
“ Grazie, ma in confronto alle tue sono spazzatura”.
“ Oh, adesso non adularmi…non sei tenuto a reagire con dei complimenti a delle verità!”.
“ Ti assicuro che non sono complimenti…è quello che penso!”.

Ci fu un altro periodo di silenzio. Questa volta più lungo. Una specie di meditazione interiore. Uno di quei silenzi in cui, di solito, ci si prepara all’ascolto di grandi verità.

“ Ho letto anche qualche tuo racconto!” - disse il vecchio poeta, interrompendo finalmente l’oblio.
“ Che ne pensi?” - domandai.
“ SANTO CIELO! E’ energia pura! Vento gelido nell’afa della vita!”.

Per tutta risposta mi alzai nuovamente e Gli versai il quinto bicchiere.
Due minuti dopo il sesto.
Quasi subito il settimo.

Dopo averlo ingollato, rimase con lo sguardo sul pavimento per qualche istante. Poi, di scatto, lo alzò nella mia direzione e disse: “ Beh, per dirla tutta, sei schifosamente approssimativo, volgare e con atteggiamenti pseudo intellettualistici…”.

Sorrisi . Finalmente l’alcool strappava fuori da lui il suo vero pensiero, la verità, ciò che ognuno di noi pensa ma che, a causa di certe strutture mentali, non dice mai.

“…e aggiungo, totalmente privo di armonia letteraria! “ - continuò, brandendo il bicchiere come una spada, agitandolo per aria con movimenti circolari.
Terminata questa piccola scenetta si sporse in avanti, guardandomi minacciosamente.

“ Sai che ti dico? - proseguì ad alta voce - i tuoi lavori mi fanno VOMITARE!”.

Non fece nemmeno in tempo a dirlo che uno sbocco di vomito gli sporcò le labbra, iniziando a colare sul mento.
Mi alzai e gli porsi un piccolo asciugamano. Mi scostò con un’impensabile violenza. Tornai a sedermi.

“ Ma chi ti credi di essere? Perché scrivi in quella maniera? Puoi esprimerti molto meglio! Penseranno di te sempre come il figlio di un dio minore…CAZZO!...lo capisci o no?”.
Cercò di alzarsi, ma cadde a terra come un sacco di patate marce.
Tentai di rialzarlo e mentre lo facevo osservai intensamente il suo volto sporco di vino, vomito e saliva. Lo issai faticosamente e lo deposi sul divano.

“ Perché?...perché sei così?” - cantilenava sommessamente.

Lentamente e delicatamente gli risposi: “ Amico mio, io voglio scrivere per tutti quelli che, come me, sono stati presi a calci dalla vita. Per i reietti, i traditi, gli incapaci, i grassi, i brutti, i timidi, gli sfigati; insomma, per tutti coloro che sono costretti a vivere ai margini della società da chi si sente onnipotente, privilegiato e furbo.Magari lo sarà anche ma giorno verrà in cui la mia penna si ficcherà nelle loro chiappe come una dolorosa quanto indispensabile cura!”.

Detto questo lo accarezzai su una guancia.

“ Comunque Ti ringrazio per la sincerità dimostratami: è la qualità che più apprezzo nell’essere umano!” - gli mormorai dolcemente in un orecchio.

Eravamo nuovamente uno di fronte all’altro. Potevo sentire il suo alito fetido. I suoi occhi verdi guizzavano ovunque e in nessun posto.
Diede un colpo di tosse poi, a bassissima voce, disse: “ Alvaro, Tu devi osare…le tue poesie sono schiaffi morali, i tuoi racconti pugni allo stomaco; le tue parole frugano le budella di chiunque ;perché non ti pubblicano?”.

“ Mah, forse è per via del lavoro che faccio!” - fu la mia risposta.
“ No, no, no…non è per questo! Secondo me Tu spaventi qualcuno!”.
“ Chi posso spaventare? Il tipografo?” - domandai ridendo.
“ No"Tu spaventi Dio!” - disse con gli occhi fuori dalle orbite.

Il vino lo aveva sconvolto.

“ Amico mio, tu sei sbronzo!” - fu la mia conclusione.

“ Alvaro, tu sei immortale! Tu vivrai in eterno! Sei la sottile paratia che divide il buio dalla luce! Le tue parole si depositeranno nelle menti di chi ti leggerà! Non te ne andrai mai da quei luoghi! Sei magico,sei vivo in mezzo ai morti!”.

L’ultima parola gli uscì come un rantolo. Si appoggiò allo schienale del divano, privo di energia e vuoto come le mie tasche.
Mi alzai e aiutai il vecchio poeta a mettersi in piedi. Barcollava. Lo accompagnai in strada. Chiamai un taxi. Quando arrivò lo ficcai all’interno. Diedi l’indirizzo all’autista e il denaro. Guardai la vettura andarsene, con la testa del poeta che ondeggiava.
Non so perché, ma ebbi come l’impressione che non l’avrei mai più rivisto.

Risalii in casa. Mi buttai sulla poltrona ed iniziai a pensare.

Immortale io?
Sarebbe bastata una lattina di birra in più del dovuto ad uccidermi.

Appoggiai le gambe alla sedia che avevo davanti e risi di gusto, mentre con la mano destra aprii la mia prima lattina di birra.

Altre quattro mi attendevano.

Il mio primo passo verso la morte.




Alvaro.


Rifletti su questo.


Cerco sempre
di ricordare a me stesso
l’emozione più intensa.


Dico “cerco”
perché non sempre
trovo le parole giuste
per poterla trascrivere.


A volte
è così forte e totale
che mi toglie energia


allora penso:  - Beh, lo farò un’altra volta!  -

Ma non c’è nulla di peggio
che lasciare

al dopo

un attimo di adesso

anche se solo



per un’altra volta.


                                                                     Alvaro.


300 secondi.



Da piccolo
avevo il gusto dell'orrido,
perciò terminate le scuole
nelle vacanze estive

passavo il tempo
nel cimitero della mia città.

Stavo sempre incollato
ai tre becchini che lavoravano lì.

Seguivo le esumazioni periodiche
con morbosa curiosità
facendo domande tipo: “ quanto dura la putrefazione?”

oppure:” e se uno non è morto e si sveglia dopo che lo hanno seppellito?”.

A questo proposito
mi raccontarono di un tale
che si risvegliò
dopo esser stato tumulato dentro a un loculo.

Ciononostante
egli riuscì
con la forza della disperazione
a sfondare la bara
dalla parte dei piedi
e ad abbattere il muro di mattoni
insieme alla lastra di marmo.

Quindi
dopo essersi fatto scivolare fuori
saltò di sotto, finalmente libero.

Peccato che si trovasse in dodicesima fila
a 7 metri di altezza.

Lo ritrovarono al mattino
con il cranio spappolato a terra.

Un gran brutto scherzo del destino.

Fu fatta un'inchiesta
e qualcuno stabilì
che “l'evasione”
non poteva esser durata più di 5 minuti.

Cinque minuti.

La Morte aveva commesso un errore
regalando 300 secondi di vita
a quel tipo.

Giusto il tempo
per porvi rimedio.


                                                           Alvaro.

Frankfurth am Main. 14 Giugno 2005.


Ho lasciato dietro a me l'Italia e le montagne svizzere.

Tra  nebbia e  pioggia
800 km dopo

mi ritrovo a Francoforte,

la New York europea ( così dicono!)

e io fermo a quel cartello: “INTERNATIONAL DEPARTURES”
e lei che arriva con quella BMW
e si ferma
mi guarda
e dice:
“ QUI E' IL MIO DESTINO! ( HERE IS MY DESTINY )”.

Entrambi siamo immobili
come un mosaico che riemerge dopo  secoli
da uno scavo archeologico,

tra ruspe, manovali incattiviti dall'alcol
e soprintendenti alle belle arti estasiati.

Ci guardiamo negli occhi
e qualcuno (forse Dio?)

o qualcosa ( la luna opaca?) dice:

“non vorrete lasciarvi così!”.

Insieme udiamo le nostre voci,
afoni preludi a imminenti peccati.

Abbracciandoci, lasciamo che le nostri carni si uniscano
sui sedili posteriori di quell'auto meravigliosa

mentre con un rombo devastante, sopra di noi, l'ultimo volo della Lufthansa
decolla alla volta di Parigi.

“ In perfetto orario! - esclama il comandante, sorridendo al secondo pilota,

anche se la sua mente
è su quella costosa macchina
che ha lasciato alla moglie dopo un violento litigio.

“ Mi è costata 50.000 euro!” - sbotta il comandante
in direzione del suo secondo.

“ E’ una vettura perfetta e dietro, sui sedili posteriori,
c'è un tale spazio che ci possono dormire
due persone comodamente sdraiate!”.

Il secondo pilota sorride e annuisce.
Il tecnico di volo, dietro a loro, sbadiglia.
I motori sono a regime massimo.

Tutto fila liscio.

Novemila metri più sotto, tra l'aeroporto
e la cittadina di Kelsterback
in una stradina che porta in un magnifico parco
io e lei ci addormentiamo

sui sedili posteriori.




                                                                     Alvaro

Nella mia morte per Dio.


Non temete:
nessun male
sopraggiunge per ultimo
dopo la morte.

Siate vivi e al  tempo stesso
cercate di oscillare
tra l'angoscia e la verità.
Nessuna ricchezza.
Nessuna perdita.

I vostri occhi sono stanchi
e le mie ferite hanno cessato di estendersi.
Ho paura dell'inganno,
della seduzione,
della sciagura,
dell'errore,
della possessione.

Ma ho timore di Dio.
Quanti pensieri  generati
dalla tragedia
mi esortano all'inerzia.
Non c'è nulla di grande oltre me.
Non mi appartiene
il vostro pensiero ancora più bello.

“Oh, Dio mio,
la mattina udrai la mia voce
e mi rivolgerò a te...
e starò in guardia!”

Sale dal fondo dell'anima
senza saggezza
l'urlo di Diocleziano:
“... che la distruzione abbia luogo!”.

Colori,
speranze,
analisi,
vita,
filosofia,
genocidio.

La paura della morte.
La grande energia dell'esaltazione.

Uomini inermi,
armati di fede.
Eserciti solitari.

“Torna, oh Dio mio,
libera la mia anima.
Salvami per amore
della tua benignità
poiché nella morte
non c'è menzione di te.”

Stanchi e spaventati
si accingono a parlare.
Il rogo davanti a loro.

Sbattono i denti.
La lingua si inceppa.
La paura ricorda ai più forti
la loro debolezza.

“Ascolta la mia preghiera, oh Dio mio,
presta ascolto alla mia invocazione.
Non tacere alle mie lacrime
poiché non sono che uno straniero
presso di te.
Fai si che mi rassereni
prima che me ne vada e non sia.”

La verità e la purezza
sono affidate ai posteri.
La giustizia ancora oltre.
Urlo.
Le catene stringono e il dolore sale.
Il fuoco è su di me.

Ma è solo per un interminabile,
istantaneo
attimo.

                                                                                               Alvaro.