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web sito ImageChef Custom Images "Ormai quasi giunto al termine della mia vita di peccatore, mentre declino canuto insieme al mondo, mi accingo a lasciare su questo blog testimonianza degli eventi a cui mi accadde, mi accade e mi accadrà di assistere durante il periglioso viaggio che mi separa dalla tomba. E Dio mi conceda la grazia di essere testimone trasparente e cronista fedele di quanto ho visto. Possa la mia mano non tremare mentre mi accingo a scrivere certi eventi e ricordare l'inquietudine sottile che opprime l'animo mio mentre mi collego quotidianamente a questo blog poiché oggi ho la certezza che sto rettamente interpretando gli indubitabili presagi ai quali, da quando nacqui, stoltamente, non diedi peso ."

sabato 7 gennaio 2012

Intelligenze superiori.


“...ho una laurea in economia e commercio!”

disse il tipo elegante, dopo essersi seduto al tavolo, nell’angolo più illuminato della saletta del bar.


“ ma và?” - disse il tipo decisamente malvestito nell’angolo opposto.


Era un brutto periodo per me e il mondo che mi gravitava intorno mi infastidiva più del solito. Avevo compreso da poco che la mia vita poteva essere paragonata ad uno sputo per terra, durante un violento acquazzone. Scrivevo come un dannato, ma il prodotto di quello sforzo non mi soddisfaceva...era, per così dire, a malapena accettabile.


“...dirigo un importante ufficio commerciale che trasporta merci in tutto il mondo!”
esclamò con enfasi il distinto laureato.


“Assì? - disse quell’altro nell’angolo - e che ne diresti di dirigermi uno sputo nel tuo occhio?”

Ero anche decisamente convinto che tutto ciò che volevo dire l’avevo ormai scritto e che l’unica soluzione sarebbe stata quella di infilarmi la canna di una 38 in bocca e premere il grilletto due volte. Almeno nella morte avrei cercato di essere meglio di Hemingway.

“...ho alle mie dipendenze 30 persone e perfino il posteggiatore del mio parcheggio privato ha un’intelligenza superiore alla Sua!”
esordì il manager all’indirizzo dell’altro.


“Può darsi - rispose il tipo - ma dubito che possa avere il pisello più grosso del mio!”


Passavo intere giornate a pensare su cosa scrivere. E più pensavo e più mi rendevo conto che non avrei dovuto farlo; sapevo che le parole fuggono quando le cerchi        ( quelle vere,intendo ) mentre ti saltano addosso quando non ti interessano.
Mi sentivo arido, vuoto, inutile. Se avessi indossato la toga e mi fossi trovato all’interno di un tribunale sarei stato un perfetto avvocato.


“...lei è una persona decisamente volgare e rozza; se non fosse che io sono un gentiluomo, le darei una lezione!!” disse,con garbo, il laureato.


“Lezioni di cosa? Di risucchio?” rispose ridacchiando quello accusato di essere volgare.


Dormivo poco la notte e quel poco lo trascorrevo a rimuginare vecchie poesie di Prevert o a cercare di ricordare almeno uno dei Cantos di Pound.


“...una lezione di buone maniere, simpatico microcefalo!!”

“MICROCHE? E’UN INSULTO, VERO? PREGA DIO CHE NON LO SIA BRUTTO SACCO DI MERDA!!”
urlò l’altro alzandosi e dirigendosi verso il manager.

Mi alzai anch’io e mi diressi alla cassa. Pagai e me ne andai, ben intenzionato a non sentire, né vedere, l’epilogo di quella discussione.
Scivolai sulla strada e rimasi fermo ad osservare il traffico impazzito.
Poco dopo una volante della polizia si fermò davanti al bar.
Alcuni minuti dopo arrivò anche un’autoambulanza.
Entrò una lettiga. Uscì con qualcuno sopra. Poi sfrecciò via a sirene spiegate.
Uscirono anche i poliziotti con un tizio a braccetto: era il microcefalo malvestito. Parlava concitatamente. Uno sbirro gli mise una mano sulla testa e lo fece entrare sulla volante.
Schizzarono via pure loro.
Poco dopo tornò il silenzio o perlomeno qualcosa di molto simile.

Mi incamminai verso ovest, dove il sole moriva ogni sera, con il pensiero che qualcuno, l’indomani, in qualche posto sperduto nel globo, avrebbe avuto serie difficoltà nel ricevere la propria merce.


                                                                                                  Alvaro.

Earth, Wind & Fire.


“Ale, accidenti,ma devo proprio venire da te?”
“ Alva, vedi di non fare storie e smamma da quel bar schifoso!”
“ OK,ok,non ti arrabbiare!” -  disse Alva, consapevole che l'unica alternativa a non dire di no ad Ale era non dire di no.
Il pomeriggio era insolitamente ventoso su Genova. Tirava uno scirocco violento; in compenso la temperatura era gradevole per essere i primi di ottobre. Alva prese la sopraelevata, la percorse a 130 all'ora, giunse in via Comegliano alla rapidità di Wilcoyote, anzi dello struzzo antipatico che lo faceva sempre cadere nei baratri del Gran Canyon. In prossimità di Via Verona parcheggiò e si incamminò al portone di casa di Ale.
Era il solo ad avere le chiavi di casa del bilocale genovese di Ale e questo la
diceva lunga sul rapporto di fiducia tra i due. Alva salì pigramente le scale,arrivò al secondo piano e  mentre  infilava la chiave nella toppa si avvide della musica che proveniva dall'interno.  Non poteva crederci!  Il motivetto che echeggiava a tutto volume per la casa era il pezzo degli Earth Wind and Fire, intitolato "Sing a song". Aprì quasi silenziosamente la porta,entrò nel piccolo atrio e fece qualche passo nel breve corridoio che conduceva alla  cucina in fondo;si fermò ad un metro prima della porta a sinistra che dava nella camera da letto. Quel pezzo musicale lo scaraventò indietro di circa due anni.

Due anni prima. Fine aprile. Dintorni di Bobbio. A due passi da Piacenza.



“Allora, a un chilometro e mezzo dal passo della Bocchetta,sai la stradina che facevamo quando andavamo a trial?Beh, quella lì:dobbiamo trovarci con tre persone. Elementi un po'da sbarco ma grazie a loro ho vinto 2400 euro al toto nero e per di più dobbiamo scambiare 10 stecche di Marlboro e della maria.”
 Ma, Alva, perché proprio a Bobbio?
Ale, ‘sti giorni la zona dove stanno quelli è piena di controlli,sai,caramba e anti-droga,quindi ho deciso che bisognava fare sta cosa lontano dalla città;e poi le marlboro me le ha date Fierro, si,quel commilitone dei vecchi tempi a naja,lui ogni tanto contrabbanda le siga e, combinazione vuole, che mi ha regalato quel muccchio  di roba,in nome delle nostre stronzate a naja,sai,roba di trenta anni fa.
“Va bene, Alva, però io cosa c'entro?Vacci tu da solo lassù!”   
“Ale, in ‘sti giorni mi è venuta a trovare Betty,ti ricordi,si,la milanese del centro Brallo di Tennis, dai,te la ricordi di sicuro!
“ Aaaah si,la tennista - ridacchiò Ale - io di quei tre stronzi non mi fido,e siccome ho per la mente di farmi una galoppata con Betty,ecco,le fratte di Bobbio mi intrigano un ciulo e tu mi servi in caso di guai con quei tre,sai,io,da solo e con tre individui un po' così.”
“Già…un po' così!” - fu la risposta di Ale che ormai sottintendeva un si su tutta la linea alle richieste dell'amico. Alva,come sempre,ogni tanto rompeva il suo digiuno della topa, ovvero la sua fedeltà incondizionata verso la sua donna ufficiale e se capitava un'occasione, lui la prendeva al volo. Betty era una sportiva,milanese per metà e per metà pugliese:era una stanga 1.79 con due glutei supersexy e il resto che non era da meno.
Ale si accordò sull'ora, disse che sarebbe arrivato giusto per il rendez-vous coi tre balordi, non prima che Alva e Betty avessero consumato la loro camporella primaverile estemporanea.

Alva la prese due volte di fila e Betty lo teneva avvinghiato a sé con la morsa delle sue gambe da tennis agonistico,ossia molto sode e toniche; Alva mugolava di piacere e Betty rispondeva con dei flebili gemiti a mitraglia.
Alle 17 si trovarono al luogo convenuto poco distante dalla Bocchetta. I tre parlottarono con Alva ma Betty se ne rimase in disparte,appoggiata alla Fiesta di Alva.La stradina portava alla sommità del monte e si biforcava poco dopo. Armando Lovesti,detto er padellaro-per la sua manìa di cuocere gli spaghetti sempre in padella-cambiò improvvisamente tono.

“Me devi dà deppiù,a sorcio,nun t'a puoi cavà co' sti quattro spicci che c'hai!”
“Armando,cazzo, è la somma che mi devi per il toto nero,e in più ti lascio anche le stecche di marlboro,belìn, ti dovrebbe bastare,non è che poi mi stai dando un gran mucchio di erba,eh!” “
“ Ahò, a stronzo,che vòi,me stai a cojonà? “
La trattativa stava pian piano degenerando in lite e Alva si era trovato,di colpo,a dover fronteggiare quei tre mentre Betty iniziava ad avere paura.

“Ma dove cazzo è finita la stradina?Porca miseria,adesso finisce che arrivo in ritardo!” – disse ad alta voce Ale;aveva l'abitudine di parlare da solo quando si sentiva nervoso e Alva qualche volta lo sfotteva per questo:sapeva fin dove poteva spingersi,nel ridere in faccia ad Ale. Lo conosceva dalla prima media.Sapeva toccare certi tasti,ma non eccedeva mai in primis perché voleva troppo bene al suo amicone,e poi perché temeva le incazzature improvvise di Ale anche se sapeva che Ale non avrebbe mai rivolto le mani su di lui.

“Ah eccola là, ci sono già tutti!”
 Posò la macchina ,qualche metro dopo, all'ingresso del viottolo di montagna e fece un cenno di saluto.
“ Mo’ quello chi cazzo è?” - gracidò il padellaro, ma fu un errore,perché in tal modo mise sul chi va là quel navigato quarantaseienne cazzuto di Ale che troppe traversìe severe avevano forgiato nel carattere e troppe sfighe malandrine avevano reso interiormente duro come la roccia. Ale tuttavìa non volle dare troppa importanza a quei prodromi poco rassicuranti,pensò ad un leggero battibecco tra Alva e il romano. Uno dei tre,mentre Ale saliva verso di loro,strattonò Betty per un braccio e la accompagnò bruscamente di fronte al suo capetto. Il terzo intanto non aveva perso tempo e all'improvviso sferrò un pugno alla bocca dello stomaco di Alva,che rispose con un destro micidiale alla bocca del suo dirimpettaio. Lovesti, a quel punto, estrasse una pistola: una 38 automatica nera con calcio in madreperla,la puntò a due centimetri dal naso di Alva e gli allungò un tremendo calcio nelle palle. Ale era ormai arrivato nel mezzo del piccolo crocchio,incredulo e sorpreso,per come si erano messe le cose. Ale aveva un solo difetto,secondo Alva:funzionava come un bastimento del secolo scorso o come un diesel mercedes della serie 220 D del 1973:prima di campanare bene la situazione e di innescare una reazione adeguata,ci impiegava un eccessivo lasso di tempo.Alva,in confronto,era decisamente più rapido,ma anche più scrupoloso nel dosare reazioni e nel prendere decisioni,sia pure sull'onda dell'emotività istintiva.
Qui la cosa si era capovolta in modo selvaggio: Lovesti puntava la pistola alla fronte di Alva mentre uno dei suoi secondi allungava una serie di schiaffi ad Alva ed il terzo
aveva cominciato a prendersi delle libertà indecenti e disgustose con la terrorizzata
Betty. Ale,ancora in fase di pre-riscaldamento-tentò la carta della pacificazione:

“ Dai,ragazzi, cosa state facendo?Alva, a volte, è un pirla ma sono sicuro che
possiamo metterci d'accordo! Dai,perlamadosca ,non fate così..e tu lascia stare la ragazza,lei non c'entra niente e poi è mia cugina,dai! Se è per le siga, Alva ve le regala e sui soldi delle scommesse può chiudere un occhio,vero Alva?”
 Il tono della voce di Ale era molto conciliatorio. Alva ci lesse anche un po' di paura oltre allo sconcerto.
“Lascia stare Ale è colpa mia,sono un cazzone! E poi questi non vogliono ragionare.”  Non aveva ancora finito la frase che un sonoro,ennesimo schiaffone, lo raggiunse sulla già arroventata guancia sinistra. Il padellaro teneva sempre la
pistola puntata e quell'altro stronzo aveva appoggiato Betty alla loro Citroen C3.
Ora stava iniziando a palpeggiarla dopo averla zittita con un pugno in faccia.
Ale non sapeva che pesci prendere: provò a toccare la spalla di Lovesti cercando
lo sguardo dello schiaffeggiatore di Alva ma per tutta risposta ricevette un
diretto allo zigomo e un colpo di canna della pistola  all'attaccatura dei pochi capelli che ancora aveva,col risultato che adesso aveva un taglio sulla pelata,il labbro superiore sanguinante e un leggero collassamento psicologico. Alva lo guardò in faccia, come per dire- non possiamo fare niente,non me l'aspettavo ‘sto finale.-
Betty intanto supplicava inutilmente il bastardo che le aveva strappato il reggiseno ed
ora si deliziava leccandole i capezzoli con foga animalesca.
“ Basta così,te li do io i soldi!Basta che dici ai tuoi sgherri bastardi di piantarla lì! Hai capito?”

“Oh,ma senti senti,c'avemo  mandrake qui,co li sordi! Bbravo bbravo! E ndo stanno
i sacchi?Vedi de non strafà,perchè sinnò te gonfio de mazzate a ttè e a quell'altro
pataccaro de l'amico tuo!”
“Si,si,va bene,vieni con me alla macchina,ho 5 mila euro in borsa,erano per una puntata a Saint-Vincent.Li do a te e tu ci lasci andare tutti e tre. Ale aveva un tono tranquillo;sembrava sicuro di sé;le titubanze di qualche minuto prima erano totalmente sparite. Alva rimediò ancora un cazzotto alla tempia, ma ormai la sua attenzione era stata risucchiata dal duetto che stava percorrendo la stradina a ritroso,verso la Audi 80 di Ale,modello primi anni80,motore Volkswagen-
Porsche-una scheggia di macchina che purtroppo avrebbe dovuto andare presto al
rottamaio per colpa della fottuta benzina verde,inadatta a motori degni di essere 
chiamati tali.
Giunto alla macchina,Ale prese una borsa e la allungò verso Lovesti,che si 
affrettò ad aprirne la cerniera.Era una borsa da sport,di quelle a cernierone:
Lovesti si infilò la pistola nella cintola come previsto dal fintamente sottomesso
Ale:Alva stava col fiato sospeso;sentiva che qualcosa stava per succedere. E che non 
sarebbe stata una cosa bella a vedersi.
“Ahò ma qui 'n ce sta' ‘n ca..”
Lovesti non fece in tempo a finire la frase perché Ale lo colpì in pieno volto con uno di quei punteruoli da due centimetri di diametro che servono per aprire fori nelle pareti. Il rumore della botta lo sentirono anche gli altri. Lovesti perse l'equilibrio e si appoggiò all'Audi;il secondo colpo di Ale lo prese al ginocchio e questo lo fece piegare verso terra.
Il terzo gli arrivò dritto dritto nel cranio e lo fece crollare a terra,svenuto. Alva approfittò del momento propizio per saltare al collo del suo schiaffeggiatore e lo atterrò in due  mosse:poi prese a cazzottarlo sul viso,vorticosamente,simile ad un mulinello in un fiume in piena. Ale corse verso Betty: il cazzone che ormai le aveva calato i jeans e si apprestava a stuprarla si era reso conto dell'accaduto,ma vuoi per la sua posizione poco felice (giaceva su Betty,con le braghe e le mutande calate),vuoi perché il suo arrapamento famelico lo aveva momentaneamente assentato dagli eventi in corso,non seppe approntare una reazione atta a metterlo in salvo:una tremenda mazzata di Ale lo colse alla spalla, al viso e una ultima,demolitrice,alla nuca. Alva intanto stava rifacendosi delle sberle subite qualche minuto prima e ormai il suo ex-carnefice giaceva,intontito,sotto di lui, dopo essersi beccato due pugni in faccia da ko che lo spedirono definitivamente tra le braccia di Morfeo. Betty intanto si era ricomposta alla meglio,tremante e con le lacrime agli occhi. Alzatasi,e rivestitasi,assestò tre calci nei coglioni,con scarpa a punta,al suo boia di prima e poi si lasciò abbracciare da Ale. 
“Hai fatto bene,ammazzali ‘sti tre bastardi!”
Gli gridò alle orecchie,inferocita,offesa ed evidentemente sotto shock. Alva
prese Betty per mano e iniziò la breve camminata che li avrebbe condotti più su,
alla loro macchina. Fecero pochi passi,lentamente. Betty era ancora stordita dell'accadutoe procedeva lenta. Anche Alva non si sentiva bene:le sberle di quel bastardo lo avevano lievemente rintronato. Poi,qualcosa di surreale accadde:un pezzo lanciato a tutto volume aveva preso ad echeggiare per la stradina! Erano gli Earth Wind and Fire.
Ale aveva acceso il  lettore cd e la prima canzone da lui masterizzata era "Sing a
song". Ora Alva  si fermò,si voltò e rimase sbalordito,non meno di Betty. I due presero ad osservare Ale in quella che sarebbe stata una scena indimenticabile.
Al ritmo della canzone (un soul/rithm'n blues degli anni 70) Ale iniziò a massacrare di calci il povero Lovesti poi lo trascinò verso l'Audi e gli sbatté la faccia sulla portiera tre volte quindi, danzando in una strana danza iniziatica,si avvicinò al quasi-stupratore di Betty e gli si sedette a cavalcioni sulla pancia: Betty guardava ,tra il divertito e lo stupefatto,in silenzio reverenziale.Alva le strinse la mano.
“Adesso li fa a pezzi!” -mormorò,con la voce rotta da una sorta di commozione mista a sgomento. Ale intanto aveva cominciato a riempire di pugni  rabbiosi la faccia del malcapitato,sempre sul ritmo di "Sing a song"e non si fermò prima di un minutino buono. IL terzo infelice,quello atterrato da Alva si era appena appena ripreso e,resosi conto della mala parata, presago della brutta sorte che stava incombendo su di lui,tentò miseramente di strisciare verso il prato.Alva e Betty,a quel punto,ne provarono un timido e a stento trattenuto senso di pietà,subito sostituito da un
compiaciuto richiamo alla legge del taglione.”
Poveraccio!” -  scappò a Betty.  Quasi non si accorse in quel preciso istante,di stare improvvisando impercettibilmente un passetto di danza,sull'eco della canzone sparata dai woofer di Ale.
Ale saltò a piedi pari sulla schiena dello stronzo poi gli si fece sopra a cavalcioni
 e prese  a martellarlo di pugni,a piene mani (i colpi calavano rapidi e in una successione impressionante) proprio nel punto in cui la canzone imboccava i suoi trenta secondi finali,per somma fortuna del disgraziato infelice:era il punto in cui gli Earth Wind and Fire vocaleggiano, poco prima che un assolo di pianoforte introduca le ultime battute di quel vecchio motivo da Hit Parade.
Grazie a Dio la canzone terminò e con lei le mazzate. I tre erano tramortiti ed esanimi a terra.
Dopo gli Earth Wind and Fire,fu il turno di "Come to America" dei Gibson Brothers. Ora Alva non credeva ai suoi occhi: Betty si era messa a ballare,con l'aria felice e sorridente.
“Non ci credo!- sussurrò Alva,mentre vedeva Ale che si accaniva su fanali,finestrini,tetto e portiere di quella povera C3,sulle note briose dei Gibson Brothers. Il sole era caldo,qualche mosca si infilò tra le narici di Lovesti,ancora dormiente,mentre Ale ultimò il suo lavoretto aprendo il vano motore  strappando e martellando ,con il grimaldello, tutto quello che poteva essere sfasciato. Quei tre non sarebbero tornati a Genova in macchina. Ammesso che sarebbero riusciti a tornare sulle loro gambe.
Ale iniziò ad ancheggiare con Betty. Alva a quel punto si unì al duetto danzante e i tre si scatenarono come invasati.Parevano tre indiani Cherokee,intenti a ballare una scatenata danza di guerra.
Ale forò i 4 pneumatici della C3 poi salutò i due:
“E non fate mai più una cazzata del genere! Chiaro?”
I due annuirono e lo seguirono con lo sguardo,mentre in retromarcia si inseriva nella strada asfaltata partendo in sgommata e lanciando in fuori giri il motore Porsche.

“Certo che il tuo amico è uno coi coglioni!”-  esclamò Betty.
 “Lui è il mio migliore amico, dannazione, è l'unico vero amico che ho” -  rispose Alva,quasi commosso mentre gli tornavano in mente le passeggiate lungo il fiume Bormida, da bambini e tanti altri aneddoti,come quando era corso da
Ale per aiutarlo a superare una crisi depressiva dovuta alla fine di una love story:lo aveva trovato sbronzo,su una panchina di Corso Bagni e non lo aveva mollato fino a che la sbronza non si fosse  diluita e avesse recuperato un minimo di animo. Poi lo aveva accompagnato a un bar e, con due panini e una coca cola, lo aveva rimesso in piedi.


La scena del Passo della Bocchetta,dopo due anni, si svolse nella mente di Alva,con tutti i dettagli e una insolita dovizia di particolari;evidentemente la memoria emotiva di Alva funzionava a mille;dalla stanza proveniva uno strano rumore,appena appena percepibile, dato il volume al quale la canzone-la famigerata "Sing  a song" stava girando.
Timidamente avanzò e avvicinò il naso al bordo della porta,aperta e accostata al muro: lì per lì gli venne un mezzo coccolone. Ale era in piedi,chiappe al vento,di fronte a lui e si intravedeva una testa femminile,si,era senz'altro una capigliatura femminile e,tra i gorgheggi della canzone erano chiari e nitidi i gemiti di piacere,anzi le urla di piacere.
Ale stava sfrugnando come un riccio,nitrendo come un cavallo e muovendo contemporaneamente la testa in su e in giù seguendo la canzone! Aveva masterizzato il pezzo in modo tale che la canzone durasse 8 minuti. Alva era entrato che il motivetto funky aveva percorso un minuto  e mezzo quindi calcolò che la cosa sarebbe durata un altro pelo e gli veniva da ridere sapendo che anche se lo avesse fatto quei due assatanati non lo avrebbero sentito. Le spinte pelviche poderose di Ale lo lasciarono scioccato:la mascella inferiore gli scivolò in basso,assunse l'espressione ebete e attonita di un bambino che per la prima volta vede i fuochi d'artificio.
Betty urlava di piacere,e Ale emetteva degli strani grugniti trafelati. Alva si portò in 
cucina.Sul tavolo c'erano 2400 euro: tutti  i soldi che Ale gli aveva promesso qualora
avesse imbroccato un gratta e vinci. Ed era accaduto! Aveva vinto. Diecimila sacchi.
Alva aprì il frigo, tirò fuori il prosciutto e si fece un panino. Stappò una bottiglia di Peroni, si sedette con piedi sul tavolo e, mentre i due di là proseguivano le loro acrobazie, iniziò a demolire un paninazzo tosto al cotto,maionese e gruviera. Un poderoso rutto gli sfuggì incontrollato. Spostò il braccio a sinistra ,accese il forno a microonde e ci fiondò dentro due pizzette ( quei due, dopo, avranno fame, mi sa). Poi richiuse e lo posizionò sui 120. 
Tornò a sedersi.  Proprio in quel momento la canzone dei Gibson Brothers cominciò a far vibrare il bilocale.
“NON CI CREDO! ma..pure questa?”
Un enorme sghignazzata gli strozzò la frase in gola lasciandosi andare sulla sedia,movimento che lo fece guardare verso la finestra. Fuori il vento sibilava gagliardo mentre Genova era avvolta da una atmosfera nitida e accogliente.
L’aria era tersa e trasparente.
Come l'amicizia tra lui ed Ale.


                                                                                                     Testo di Ale

                                                                                                     Editing di Alva.