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web sito ImageChef Custom Images "Ormai quasi giunto al termine della mia vita di peccatore, mentre declino canuto insieme al mondo, mi accingo a lasciare su questo blog testimonianza degli eventi a cui mi accadde, mi accade e mi accadrà di assistere durante il periglioso viaggio che mi separa dalla tomba. E Dio mi conceda la grazia di essere testimone trasparente e cronista fedele di quanto ho visto. Possa la mia mano non tremare mentre mi accingo a scrivere certi eventi e ricordare l'inquietudine sottile che opprime l'animo mio mentre mi collego quotidianamente a questo blog poiché oggi ho la certezza che sto rettamente interpretando gli indubitabili presagi ai quali, da quando nacqui, stoltamente, non diedi peso ."

lunedì 5 dicembre 2011

Un ricordo.

La domenica era un giorno speciale. Arrivavano i parenti. La nonna iniziava a cucinare alle sette del mattino. Ed erano ravioli alla carne, gnocchi, pollo alla cacciatora, insalata russa, bollito misto con bagnetto, almeno due torte farcite e biscotti vari. L’unica deroga in quella fatica immane era il gelato, sempre coppe all’amarena, che mi mandava a comprare al bar sotto casa. Gli zii arrivavano solitamente verso le 12.30. Sapevano che la nonna non tollerava i ritardi quindi, crollasse il mondo, si doveva essere intorno alla tavola non oltre le 12.45. Andò avanti così per anni fino al giorno in cui, per cause a me sconosciute, entrarono in casa alle 13.30. Ricordo ancora che la nonna, verso le 12.50 ci fece sedere a tavola e ci ordinò di iniziare il pranzo anche senza di loro. Quando arrivarono, dopo essersi profusi in mille scuse, si sistemarono anche loro intorno al tavolo. Lo zio a capotavola, sua moglie accanto a lui, mia cugina accanto a mia zia e il suo fidanzato accanto a me. Si chiamava Dario. Lavorava alla Carello di Torino, una fabbrica dell’indotto FIAT. Era un ragazzone di un metro e ottanta con un sorriso disarmante. La nonna in silenzio, iniziò a servire in tavola. Lei si sedette per ultima. Iniziarono a mangiare sempre in silenzio.  D’un tratto Dario disse:
“ COMPLIMENTI ,SIGNORA, SONO PROPRIO BUONI!”.
Si riferiva ai ravioli. La nonna sorrise. Io annuii con la bocca piena. Erano davvero buoni. Meravigliosi frammenti di gioia sensoriale.
Continuammo a mangiare. Tutti si aspettavano che la nonna sbottasse in qualche reprimenda o in una delle sue proverbiali citazioni in dialetto piemontese, destinate   a essere ricordate per sempre.  Invece non disse nulla fino a quando,  dopo aver servito il caffè, con un filo di voce, in una specie di cantilena, dichiarò:
“ ANCOI A IO’ FINI ED FE’ DA SERVA A VUIOCER”. Che tradotto significa:     OGGI HO FINITO DI FARE LA SERVA PER VOI. E così fu. Da allora, alla domenica, la nonna cucinò solo per me e mia madre.
Dopo quasi 25 anni, una sera,  mentre mia nonna era sul balcone di casa sua, poco prima di morire, ripensando a quell’episodio, mi chiese se in quell’occasione fosse stata troppo severa. Le risposi di si. Rimase pensosa per un po’ per poi rivolgersi a me chiedendomi:
“ COSA NE DICI DI ANDARE A PRENDERE DUE GELATI ?”Mi diede una banconota con un sorriso e io, come 25 anni prima, scesi le scale del caseggiato a rotta di collo per andare a prendere due coppe all’amarena nel bar di sotto.


                                                                                                              Hal