VOTAMI!

web sito ImageChef Custom Images "Ormai quasi giunto al termine della mia vita di peccatore, mentre declino canuto insieme al mondo, mi accingo a lasciare su questo blog testimonianza degli eventi a cui mi accadde, mi accade e mi accadrà di assistere durante il periglioso viaggio che mi separa dalla tomba. E Dio mi conceda la grazia di essere testimone trasparente e cronista fedele di quanto ho visto. Possa la mia mano non tremare mentre mi accingo a scrivere certi eventi e ricordare l'inquietudine sottile che opprime l'animo mio mentre mi collego quotidianamente a questo blog poiché oggi ho la certezza che sto rettamente interpretando gli indubitabili presagi ai quali, da quando nacqui, stoltamente, non diedi peso ."

sabato 26 dicembre 2015

I DUE DEMONI.

Due di mattina,nebbia fitta,un tipico quadro notturno della Francia meridionale.
E' la seconda metà di novembre.
Ale e Alva sono riusciti a espatriare in Francia,nascondendosi rocambolescamente nei cessi del treno per Ventimiglia e oltrefrontiera.
Vivono di espedienti,piccoli furti più un regolare pernotto "gratuito" presso due vecchie puttane  che offrono loro un letto in cambio di una miserevole, quanto raccapricciante prestazione sessuale dagli orridi contorni.
I due super perdenti hanno perso ogni decoro e ogni interesse alla vita né sopravvive in loro alcuna possibilità di ravvedimento,almeno in tempi brevi.
Ma un antico vizio,un incorreggibile ed agghiacciante vezzo,tutto loro,non lo hanno mai perduto: l’ossessione per i  cimiteri.
Da scardinare.
Da sventrare.
Da profanare.
I due coglioni hanno affinato i loro scopi:non più ammucchiare bare alla rinfusa,non più oltraggio di cadavere a mezzo defecazione,bensì utilizzo di morti recenti in guisa di  lugubri ,e ricchi, bancomat. In qualche occasione è loro andata bene,quanto a bottino.

- Ale,ma sei sicuro che sia una ricca?-  

- Si,il mio francese non mi inganna,è deceduta da ormai 53 giorni,nessuno passerà più a controllare per qualche tempo, Alva. Così stava scritto sul gazzettino
che ho ciulato al giornalaio due mesi fa: “RICCA POSSIDENTE PASSA A MIGLIOR VITA. NESSUN EREDE”-

-Ok,allora procediamo-    

I due nefasti pazzoidi lasciano la macchina,presa in prestito,a sua insaputa,
da Annabèlle, la più vecchia e brutta delle due meretrici ospitanti,su un viottolo nascosto tra le betulle: il cimitero è non lontano dalla statale che conduce  a Nizza,a mezza montagna,e i due riassaporano la loro vecchia professionalità nello scavalcare i muretti cimiteriali di notte. Durante le settimane di permanenza francese hanno provveduto a crearsi un equipaggiamento da scassinatori.

Ale punta diritto alla cappella più sontuosa. Alva schianta la serratura manco fosse di burro e in men che non si dica stanno già  armeggiando alla sottile parete di mattoni retrostante la lapide quando ET VOILA’ecco estratta la cassa.

-Ottimo mogano,Ale,’sta stronza doveva letteralmente navigare nei soldi.-

Ale,da provetto artista delle casse da morto da scassinare,fa saltare uno alla volta i rivetti,poi è il turno del seghetto sullo zinco. Alva intanto si è infilato i "guanti da mestiere",e non sta più nella pelle. Già assapora il profumo dei soldi,o meglio,degli ori,che,egli presume,la riccastra si sia portata nella cassa.
I due idioti paranoidi hanno fatto i conti senza l'oste:in questo caso si tratta della grettezza della vegliarda, giunta al punto di donare tutti i suoi averi-ribadisco tutti- a un ente di protezione e cura dei gattili comunali.

Ale ora sgrimaldella lo zinco,una zaffata di gas rivoltanti investe lui e il compare. Per la prima volta nella loro lunga, e,si fa per dire, onorata, carriera di tombaroli,Alva non ce la fa e vomita; Ale lo segue a ruota.
Pare impossibile,ma i due SONO INVECCHIATI. Vomitano a
spruzzo,tossendo,imbrattandosi vestiti e  aggiungendo al miasma della morta,i  loro tanfi di vomito.  

- Ale,cazzo,non mi era mai successo!-

-Manco a me,porca puttana! -  

Ma ormai i due dèmoni sono in ballo. Alva cerca fra le dita della defunta,fruga in cerca di anelli e diamanti,ma la putredine verdastra e con striature rossicce,rende il compito oltremodo ingrato. Ale prova ad aiutare il suo compagno di merende,ma le carni ormai marce non reggono,e il braccio della poveraccia gli si disfa in mano.

-Porca puttana,sembra di maneggiare stronzi marci,porca di quella troia!! " -  

-Ale,non urlare,porca zoccola,hai visto mai che ‘sti Francesi del cazzo ci sentono...facciamo così: tiriamola fuori tutta! -  

Ale resta un po' basito dato che questa manovra insolita ed inedita lo
coglie impreparato,ma d'altronde ci si può aspettare di tutto da quel paranoico psico diminuito di Alva, pertanto rompe gli indugi ed emette un grugnito di assenso.
Ora Alva completa l'apertura dell'involucro di zinco,a mo' di scatola di sardine,con il suo cric mille-usi.
La vecchia galleggia in un vomitevole e terrificante  bagno color arancio terreo e le gambe paiono due stronzi che fluttuano pacifici in una pozza di una qualche cloaca mal funzionante.
Già che c'è,Alva spara un ulteriore spruzzo di vomito che finisce sulla faccia decomposta e raggrinzita, nonchè saponificata,della morta. Ale intanto prova a rovistare nelle tasche della veste,ma non trova niente. Poi gli sembra di tastare qualcosa:

- Alva,ci siamo,forse ci siamo,porca vacca! Ho trovato qualcosa, al tatto potrebbe essere una pietra preziosa,aspetta,provo a tirare...-  

Alva lo guarda perplesso,speranzoso. Ormai è completamente sporco di vomito e comincia ad essere stanco di tutta questa grottesca situazione.

-Ecco,ce l'ho,ce l'ho!-

 Esclama,felice,Ale,mentre ritira piano piano,verso la superficie di quella
vasca putrida,la mano con dentro qualcosa che sicuramente sarà di valore.
I due deficienti non sanno niente di anatomia,meno che mai di fisiologiche reazioni chimico-fisiche e, mai al mondo, saprebbero intuire le conseguenze della putrefazione. Ale estrae dalla melma marcia la propria mano sul cui palmo giace un tozzo, bulbaceo e robusto grumo: potrebbe essere un prezioso,solo,un po'
insolito nel colore.

-Ale,ma cos'è? Non mi sembra una pietra preziosa,nè un oggetto di valore,..ma..
le hai frugato nelle tasche? -  

- Cazzo,Alva,ho infilato la mano a più non posso,le carni si maceravano come
burro rancido,e a un certo punto ho palpato una cosa dura,e ho tirato.-

Ale comincia a  campanare lo sfacelo che ha combinato:spingendo oltre la tasca del vestaglione marcio, la sua mano nerboruta,avvezza a lavori fisici anche poderosi,ha avuto vittoria facile sui tessuti morti, ormai fradici per la decomposizione così  non ha calcolato spazi e distanze di quel corpo macero; in effetti,ha centrato la tasca,ma poi le abili dita hanno inavvertitamente perforato il ventre,inoltrandosi tra gli intestini  della miserabile,approdando infine all’ orefizio anale risalendo il quale ha urtato sul coccige,scambiandolo per un possibile reperto di qualche valore.

-Mi sa che ho preso un granchio;meglio andarcene Alva…’sta stronza non aveva addosso niente di valore, quando l'hanno schiaffata qui dentro! -   

Si sa,Alva è un tignoso,un testardo,e non molla l'osso.

-Lascia che provi io,Ale,faccio un ultimo tentativo-  

Ale si sposta,felice di allontanarsi da quell'immonda tinozza di marciumi e putrescenze varie; Alva ora tuffa entrambe le mani nella palude merdosa e inizia
a frugare tutto quello che trova rendendo la situazione  davvero stomachevole anche per i più forti. Alva,pari ad un chirurgo di fama mondiale,incomincia una inconscia dissezione della salma: il suo energico destro,apre una voragine nelle carni fradice. Egli ora ha negli occhi il suo antico lume di luciferina allegria che soleva brillargli giocondo quando, agli albori delle sue psico criminali gesta andava per cimiteri, insieme all’inseparabile Ale, a deturpare le cadaveriche facce dei  ricchi professionisti morti cagandovi sopra,al tempo delle famigerate e raccapriccianti " mischiate"(cfr racconti precedenti A&A).
Ale ormai è in fregola: niente lo manda più in solluchero delle azioni improvvisate ed incoscienti del suo grande amico. Alva,dicevo,ora risale,sfondandole a forbice,a mani nude,le pelvi della morta,su,fino al torace,O PIU' PRECISAMENTE,ALLA REGIONE DEL MEDIASTINO:il suo intento è arrivare alle tasche interne
del camicione,nella speranza di trovarvi magari un vecchio orologio di valore,che so,un qualche fronzolo o qualche avanzo di chincaglieria; egli ora si inerpica fino alla gola della defunta,solo che non se ne avvede perché sta lavorando alla cieca,immerso fino alle spalle nella mota mefitica,che gli toglie ogni visuale. Ad un certo punto,il suo dito indice emerge dalla bocca del cadavere;subito raggiunto dal dito dell'altra mano. E qui accade l'inverosimile.

 - Guarda Ale,guarda i due fratellini!-  

Ale strabuzza gli occhi,e rimane basito perché il suo degno compare sta superando se stesso e Ale sa che difficilmente,in futuro,potrà fare di meglio per emularlo.

-Siam due piccoli porcellin,siamo due,birichìn…mai nessun ci dividerà,tra-la-la-la-là!-

Alva stava facendo uno strano balletto dei suoi indici,all'interno della cavità orale sformata della salma. Le due dita saltellavano e ballavano, al ritmo della stupida canzoncina infantile, come piccoli grissini tozzi e  l'effetto visivo ricordava vagamente i teatrini di strada di un tempo,dove le marionette venivano manovrate da un attore nascosto che, da sotto,  le animava con la mano inserita a mo' di guanto nel pupazzo stesso.

Ale non ce la fa e scoppia in una sonora,convulsa e sconquassante risata.  
Alva va avanti con quel ritornello ancora un venti secondi dopo i quali abbandona definitivamente  quella bara ridotta a vasca di liquami fisiologici inenarrabilmente
orrendi.
I due dopo essersi riassettati  alla meno peggio si avviano verso l'uscita ,riscavalcano il muro giungendo alla loro macchina, una Citroen C1 molto scattante. Per tutto il viaggio di ritorno Ale sonnecchia e Alva, al volante, ripensa alla sua misera esistenza devastata da ricordi ormai quasi sfumati e realtà che non vorrebbe più vivere. Quando,nelle prime ore di un mattino, a due passi da un Italia che avevano sempre detestato, rientrano in quell’appartamento, Annabèlle e Georgette, ignare di tutto, stanno ancora dormendo.

-Ale,però ci siamo divertiti,dai!-  butta lì Alva per nulla convinto di quanto appena detto.

- Altroché,amico mio! - risponde un Ale distrutto da una vita difficile che da sempre gli ha riservato il peggio del peggio del suo repertorio.  

I due, dopo essersi denudati, gettano  i vestiti schifosamente imbrattati di vomito,putride fangosità cadaverine e sudore, nel bidone esterno della spazzatura. Dopo una doccia purificatrice,immancabilmente,si lanceranno in cucina,dove,una volta ingozzatisi di wurstel, maionese e formaggio molle francese,tra scorregge e rutti vari, si addormenteranno sul divano.

Come al solito tra una risata e l’altra.

Tutti e due nella segreta speranza di non svegliarsi mai più.


                                                                                         Written by Ale
                                                                                         Reworked by Alva

lunedì 7 dicembre 2015

Questo sono io.




La mia casa al sole mi aspetta con gioia e contemplazione. Io mi prendo tutta la pazienza possibile perciò non ho né malinconia né solitudine e la mia condiscendenza è infinita. Ogni giorno mi sveglio e faccio le cose che fanno gli altri,cioè la barba e tutto il resto. Oggigiorno pensando alle cose che ho scoperto mi trovo, con grande pazienza, in solitudine. Le feste che avvengono in Liguria dal 29 giugno al nono dell’altro mese, mi rendono felice e contento anche se ho perduto i genitori. Io prego vicino alle loro tombe anche se non mi sentono. Per questo sono felice e contento. L’aria che respiro mi dà un fremito di felicità .Nella palestra , della struttura in cui lavoro, mi diverto molto con gli operatori e i ragazzi. Ogni tanto prendo i frutti impossibili dagli alberi e li offro ai più sfortunati; con la mia felicità vedo questo posto come una zona incantevole,anche se non lo è. Ora, per esempio, dovrò passarci sette ore. Quasi tutti i giorni sono qua e saluto i colleghi, i ragazzi, le ausiliarie, il direttore e altri personaggi che gravitano intorno a questo non luogo. Quando esco di qui vado sempre a vedere il mare a Chiavari. Il cammino che faccio è molto lungo. E’ per questo che le mie gambe sono sempre in forma. Questo è tutto per oggi. Domani ci sarà un’altra vita e con gioia io me la passerò molto bene. Il mio terreno, a Lavagna, ha 70 alberi di ulivo e quando è all’incirca fine novembre lascio cadere le olive per terra, scelgo le migliori e le metto in salamoia. Quando viene notte, di solito prendo un’aspirina e vado a letto. L’aspirina mi serve per sognare. Ecco il sogno che ho fatto ieri :


“…ero in uno scalo di navi dove io ero il padrone assoluto. La mia nave, era piena di incrostazioni e si dovevano fare i lavori. Ho caricato sigarette, bottiglie di champagne, delle cozze, qualche coniglio e un cinghiale. Fatto ciò la nave è potuta ripartire e la sua scia luminosa lasciava bianche tracce sul mare. Verso le tre ho visto 5 stelle luminose, pian piano si avvicinavano al mare. Ho preso un fucile ed ho sparato 5 colpi in aria e le stelle si sono trasformate in cinque lune. Io, vista questa trasformazione ho bevuto un bicchiere di whisky e sono andato nella mia cuccetta a dormire. Ad un tratto mi sveglio di soprassalto. La nave stava affondando. Avevo sbattuto contro gli scogli di un isola deserta. Con fatica, sono riuscito ad arrivare sulla spiaggia di quell’isola  selvaggia. Prendo un coltello e mi arrampico su di un albero di cocco. Aperto il cocco ne bevo il succo. Ad un certo punto vedo arrivare dei primitivi con le canoe che, una volta toccata terra, cominciano a danzare. Improvvisamente scende una grande pioggia che bagna tutte le piante. Sembrava piangessero. Dopo che le piante ebbero finito di piangere le 5 stelle sparirono lentamente nella volta del cielo. Una scialuppa prese il mare sulla scia della nave affondata. Sulla scialuppa caricai cibi e medicine per soccorrere i naufraghi dopodichè salpai verso il mare aperto. Incontrai balenotteri tigre e squali minacciosi. Dopo mi trovai in assoluto silenzio sulla linea dell’equatore ed il sole mandava i suoi raggi sul mare. Riflettevano sull’acqua. Decisi di ritornare sulla stessa isola dalla quale ero partito. L’isola era a ferro di cavallo ed ero contento di quello che avevo. Dopo qualche anno, però, ero stanco di tutto quel mare e sabbia, quindi alzai la vela alla scialuppa e ripresi il mare. Passarono 5 lustri, ritrovai il Continente. Una grande folla mi aspettava sventolando fazzoletti di lana. Io, finalmente, potevo toccare ferro e baciare il molo. Tra queste persone c’era mio padre che mi diede un bacio molto lungo e mi lasciò scivolare nelle mani una bottiglia di Jack Daniel’s. Dopo averla scolata cominciai a passeggiare per il molo. L’aria fresca del mare mi fece venire fame. Presi un panino e della mortadella. Mangiai tutto. Arrivò l’ora del pranzo ma, soddisfatto di quello che avevo già mangiato mi venne sonno e mi addormentai. Sognai qualcosa di lungo e pesante. Finito il sogno andai a fare una doccia e ripresi a camminare per il molo. Incontrai una grande folla che salutava le navi che entravano in porto. Fu allora che vidi la nave “Tortuga”. Salii a bordo e salpai alla ricerca di terre lontane. Il mare era calmo. La notte era lunga e arieggiata. Il cielo sereno. La nebbia non permetteva alla nave di mantenere la rotta ma il sestante con le stelle faceva il punto nave quindi riuscimmo a cavarcela. Avvistammo la terra. Era una terra selvaggia. Sorrisi. Ero vecchio, ormai, così li attesi sulla Tortuga e giocai a carte con la notte…”



                                                                                                      Alva








giovedì 13 agosto 2015

Uno psicologo vero.

“Quello che mi appresto a raccontarvi è che da alcuni mesi venivano nel mio studio persone che avevano un atteggiamento strano. Cioè strano…ovviamente i comportamenti li conoscevo. Mi spiego meglio: dietro quei comportamenti c’erano sempre gli stessi pensieri di diffidenza. Entravano, mi guardavano e poi, con una scusa qualsiasi, se ne andavano. Sono propenso a credere che sia stato per il fatto che non mi riconoscevano. Non riconoscevano il professionista. Non ero all’altezza dei loro personali parametri secondo cui, uno come me, dovrebbe avere. E’ stata una decisione difficile, la mia. Ma l’ho fatto perché non avrei più lavorato. Così mi sono fatto crescere la barba e se devo proprio dirla tutta me la sono fatta brizzolare qua e là. Ho cambiato montatura di occhiali. Una classica, Un po’ retrò. Ho deciso di sembrare più vecchio. Una cosa antitetica al pensare comune. Anzi, sembro molto più vecchio e questo era proprio quello che volevo. A qualcuno potrà suonare strano, vero? In questa società si spendono migliaia di euro tra alimenti, centri di benessere e abbigliamento per sembrare più giovani e cosa faccio io? Sono giovane e spendo denaro per dare l’impressione di essere vecchio. Ma c’è un motivo perché l’ho fatto: io ho 30 anni e ne dimostro anche meno, molto meno. Peccato che sono uno psicologo che è una professione seria. Uno psicologo deve ispirare fiducia, competenza, sicurezza. Uno con la faccia come la mia non va bene, capite cosa intendo? Sembro un novellino. A volte, quando faccio le visite domiciliari con gli assistenti sociali, le famiglie degli assistiti ti scambiano per uno studente, uno in tirocinio. E nessuno ti prende sul serio se sembri un ragazzino. Li senti sempre chiedere a bassa voce ai miei colleghi più anziani o magari che solo sembrano più anziani:

‘ma non avete uno psicologo più esperto? Uno di quelli che ha già visto e sentito tutto?’

Lo so cosa intendono dire. Vorrebbero solo uno un po’ più marpione capite? E così ci ho pensato io. Volevano un vecchio stronzo seguace di Freud? Ecco, ora hanno effettivamente un vecchio stronzo! Mi rado anche un po’ ai lati della fronte per sembrare stempiato. E porto merdose giacche di velluto a coste con colori da far paura. Nel pietoso quadro ci inserisco anche delle cravatte gialle di una tristezza infinita. Avete presente? Ma mi va bene così. Ora lavoro. La mia rubrica è sempre zeppa di appuntamenti. Mi ero rotto i coglioni di sentire quei discorsi a bassa voce fatti con la massima discrezione. Ma il punto non è questo. Vi ho detto cosa ho dovuto fare per potere lavorare perché sono sposato e ho un figlio. Si chiama Matteo e ha otto anni. Io lo adoro ma con tutto quello che ho dovuto subire l’ho trascurato. Non ero più quello di prima. Sono cambiato nei suoi confronti e questo mi spiace sopra ogni altra cosa. Ho capito di essere cambiato quando l’altra sera, a cena, mentre stavo guardando una cosa che mi interessava Matteo ha rovesciato l’olio sulla tovaglia pulita. Stava giocando. Giocava. Qualche anno fa ci avrei riso sopra. Lui voleva giocare, lo so, però io gli ho dato uno schiaffo in pieno viso e lui è rimasto senza fiato per un po’. Mi sono sembrate ore. E quando ha ripreso fiato mi ha guardato in un modo surreale. Come se non capisse chi l’avesse schiaffeggiato, se la versione vecchia di suo padre o quella giovane. Mia moglie si è messa a piangere e ha urlato: NON TI HA VISTO TUTTO IL GIORNO! E’ DALLE CINQUE CHE MI CHIEDE QUANDO TORNA PAPA’! ERA TUTTO ECCITATO! VOLEVA GIOCARE, MICA LO HA FATTO APPOSTA!
Poi ha spento il televisore. Ci ho pensato tutta la notte perché vedete, io sinceramente, mi sono sentito meglio quando gli ho mollato quello schiaffo, ma mi sono sentito anche una merda. Ed è per questo che ora vorrei fissare un appuntamento con uno psicologo. Non importa se vecchio o giovane. Mi sono spiegato?"

                                                                                                        Alva.



domenica 3 maggio 2015

Poesia violentata.


“PUTTANA!”

“MALEDETTA PUTTANA !”

Il tuo urlo è come un sibilo soffocato.
Un groviglio di serpenti.

Il tuo urlo è un lampo infuocato d'odio
che fuoriesce da un teschio
prosciugato
da ogni tenerezza.

Sono a terra senza forze
ma sono riuscita ad accarezzarti
con le mie unghie.

Guardo tremando
quelle piccole ferite
mentre
stalattiti di bava rabbiosa
pendono ai lati
di quella tua cicatrice
che per anni ho baciato.

E' la morte dell'amore.

Entri in me come un coltello nell'addome.

Stringo i denti e piango.
Ma è solo per un brevissimo istante.

I miei tratti si distendono.

Sono un bellissimo guscio vuoto.

Finalmente ti abbandono.


Goditi il finale da solo, bastardo!





lunedì 5 gennaio 2015

OperATTORE Socio Sanitario.

C'era un operatore che aveva un difetto: voleva far vedere a tutti che sapeva sempre tutto. Non riusciva a trattenersi. Era più forte di lui. Di fronte a qualcuno che gli parlava di empatia ecco che si improvvisava un provetto essere empatico; quando l'argomento era la psicologia diventava un esperto psicologo e se la discussione virava improvvisamente sul tema della fisioterapia il suo parere, di riffa o di raffa, non  mancava di farsi sentire per l'eccellenza dei suoi forbiti contenuti. Questione era che quell'operatore veramente sapeva un po' di tutto: esattamente quel po' che gli bastava per millantare una conoscenza molto più ampia e dare sempre, in ogni occasione, l'impressione di uno che ha qualcosa di intelligente da dire.

Ovviamente i suoi occasionali interlocutori non osavano mai approfondire troppo con lui, vanificando quindi una reale possibilità di essere messo in difficoltà, almeno da loro. Purtroppo, così facendo, egli aveva smesso di imparare cose nuove e si limitava a rigirare come una bistecca sulla griglia quelle quattro nozioni che aveva in testa. Come se non bastasse, sempre più di frequente, lo assaliva il terrore che la gente potesse accorgersi della sua ignoranza. Prima o poi sarebbe successo. Qualcuno, sempre prima o poi, avrebbe gridato al mondo intero che lui era un millantatore e di certo, in quella malaugurata occasione, si sarebbe sentito uno stupido.  Pur tuttavia non escludeva a priori l'ipotesi che quel giorno avrebbe potuto essere un bel giorno, alla fin fine. Quell'operatore, nel più profondo del suo esistere, non desiderava altro che ottenere la libertà di non sapere per riuscire a vivere in pace ed umiltà con la sua coscienza.