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web sito ImageChef Custom Images "Ormai quasi giunto al termine della mia vita di peccatore, mentre declino canuto insieme al mondo, mi accingo a lasciare su questo blog testimonianza degli eventi a cui mi accadde, mi accade e mi accadrà di assistere durante il periglioso viaggio che mi separa dalla tomba. E Dio mi conceda la grazia di essere testimone trasparente e cronista fedele di quanto ho visto. Possa la mia mano non tremare mentre mi accingo a scrivere certi eventi e ricordare l'inquietudine sottile che opprime l'animo mio mentre mi collego quotidianamente a questo blog poiché oggi ho la certezza che sto rettamente interpretando gli indubitabili presagi ai quali, da quando nacqui, stoltamente, non diedi peso ."

domenica 4 dicembre 2011

Il mondo all'esterno.

                    
Lorenzo era seduto in auto. L’orologio digitale segnava le 15.30 e da oltre 10 minuti la radio trasmetteva notizie terrificanti circa l’alluvione che stava mettendo in ginocchio Genova. Con un pesante sforzo dei muscoli del collo buttò un’occhiata a sinistra: la pioggia scrosciante batteva sul vetro con una forza inaudita ed egli cercava di individuare con lo sguardo, in una sorta di ipnotica danza oculare, la consistenza di ogni singola goccia prima che esplodesse sul finestrino. Il sudore, ogni tanto,  gli colava sulle palpebre costringendolo a strizzare gli occhi. Il motore era spento ma la ventola continuava a diffondere il calore rimasto all’interno dell’abitacolo. I vetri si stavano appannando. Con un altro sforzo girò la testa alla sua destra e, attraverso un lembo di vetro ancora trasparente, vide il grigio scuro del cielo che si contraeva e dilatava come il muso di un orso selvatico. D’un tratto la radio si spense. Istintivamente guardò l’orologio: mancavano 3 minuti alle 16. Erano passati 27 minuti. Si spense anche l’orologio. Inspirò ed espirò affannosamente.  Il rimbombo della pioggia sulla macchina evocava in lui i giorni lontani del duro lavoro nelle officine dell’Italsider, quando per parlare con qualcuno, oltre a gridare, dovevi sbracciarti per farti vedere , tanto era il rumore della pressa meccanica che scandiva, con boati tremendi, la giornata lavorativa. A Lorenzo, quella pressa,  gli aveva fatto schizzare una scheggia di metallo nella spina dorsale ed ora, chiuso in quella macchina, con acqua fredda e sporca fino alle braccia, capì che la sua vita sarebbe finita proprio in via Fereggiano, spazzata via da un alluvione, insieme alla sua fedele sedia a rotelle su cui aveva percorso centinaia di volte il tragitto Foce – Boccadasse. Quando l’acqua del fiume capovolse  l’auto , anche il mondo all’esterno, per Lorenzo, si spense.

                                                                                                        Alva.



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