“...ho una laurea in economia e commercio!”
disse il tipo elegante, dopo essersi seduto al tavolo,
nell’angolo più illuminato della saletta del bar.
“ ma và?” - disse il tipo decisamente malvestito nell’angolo
opposto.
Era un brutto periodo per me e il mondo che mi gravitava
intorno mi infastidiva più del solito. Avevo compreso da poco che la mia vita
poteva essere paragonata ad uno sputo per terra, durante un violento
acquazzone. Scrivevo come un dannato, ma il prodotto di quello sforzo non mi
soddisfaceva...era, per così dire, a malapena accettabile.
“...dirigo un importante ufficio commerciale che trasporta
merci in tutto il mondo!”
esclamò con enfasi il distinto laureato.
“Assì? - disse quell’altro nell’angolo - e che ne diresti di
dirigermi uno sputo nel tuo occhio?”
Ero anche decisamente convinto che tutto ciò che volevo dire
l’avevo ormai scritto e che l’unica soluzione sarebbe stata quella di infilarmi
la canna di una 38 in bocca e premere il grilletto due volte. Almeno nella
morte avrei cercato di essere meglio di Hemingway.
“...ho alle mie dipendenze 30 persone e perfino il
posteggiatore del mio parcheggio privato ha un’intelligenza superiore alla
Sua!”
esordì il manager all’indirizzo dell’altro.
“Può darsi - rispose il tipo - ma dubito che possa avere il
pisello più grosso del mio!”
Passavo intere giornate a pensare su cosa scrivere. E più
pensavo e più mi rendevo conto che non avrei dovuto farlo; sapevo che le parole
fuggono quando le cerchi ( quelle
vere,intendo ) mentre ti saltano addosso quando non ti interessano.
Mi sentivo arido, vuoto, inutile. Se avessi indossato la
toga e mi fossi trovato all’interno di un tribunale sarei stato un perfetto
avvocato.
“...lei è una persona decisamente volgare e rozza; se non
fosse che io sono un gentiluomo, le darei una lezione!!” disse,con garbo, il
laureato.
“Lezioni di cosa? Di risucchio?” rispose ridacchiando quello
accusato di essere volgare.
Dormivo poco la notte e quel poco lo trascorrevo a rimuginare
vecchie poesie di Prevert o a cercare di ricordare almeno uno dei Cantos di
Pound.
“...una lezione di buone maniere, simpatico microcefalo!!”
“MICROCHE? E’UN INSULTO, VERO? PREGA DIO CHE NON LO SIA
BRUTTO SACCO DI MERDA!!”
urlò l’altro alzandosi e dirigendosi verso il manager.
Mi alzai anch’io e mi diressi alla cassa. Pagai e me ne
andai, ben intenzionato a non sentire, né vedere, l’epilogo di quella
discussione.
Scivolai sulla strada e rimasi fermo ad osservare il
traffico impazzito.
Poco dopo una volante della polizia si fermò davanti al bar.
Alcuni minuti dopo arrivò anche un’autoambulanza.
Entrò una lettiga. Uscì con qualcuno sopra. Poi sfrecciò via
a sirene spiegate.
Uscirono anche i poliziotti con un tizio a braccetto: era il
microcefalo malvestito. Parlava concitatamente. Uno sbirro gli mise una mano
sulla testa e lo fece entrare sulla volante.
Schizzarono via pure loro.
Poco dopo tornò il silenzio o perlomeno qualcosa di molto
simile.
Mi incamminai verso ovest, dove il sole moriva ogni sera, con
il pensiero che qualcuno, l’indomani, in qualche posto sperduto nel globo,
avrebbe avuto serie difficoltà nel ricevere la propria merce.
Alvaro.
Si ride nel seguire i dialoghi riportati,che,per altro,testimoniano l'incomunicabilità dilagante.
RispondiElimina