VOTAMI!

web sito ImageChef Custom Images "Ormai quasi giunto al termine della mia vita di peccatore, mentre declino canuto insieme al mondo, mi accingo a lasciare su questo blog testimonianza degli eventi a cui mi accadde, mi accade e mi accadrà di assistere durante il periglioso viaggio che mi separa dalla tomba. E Dio mi conceda la grazia di essere testimone trasparente e cronista fedele di quanto ho visto. Possa la mia mano non tremare mentre mi accingo a scrivere certi eventi e ricordare l'inquietudine sottile che opprime l'animo mio mentre mi collego quotidianamente a questo blog poiché oggi ho la certezza che sto rettamente interpretando gli indubitabili presagi ai quali, da quando nacqui, stoltamente, non diedi peso ."

domenica 15 giugno 2014

Il mio nome è Alvaro: risolvo i problemi!

Con ancora il sapore del caffè appena trangugiato in bocca, mi alzai e cercai di far mente locale: ero un risolutore di casi, non un investigatore. Esserlo implicava troppe esposizioni di denaro e troppi contatti diretti con il genere umano, cosa che mi urtava più di ogni altra. Io ero Alvaro, il cerebrale. Io penetravo, con la mia lucida pazzia, nell’opaca realtà del caso da risolvere che qualche investigatore, privo di capacità intellettive, mi passava. Per intenderci: la moglie infedele tradisce il marito e il tradito vuole avere la conferma di tutto ciò. Allora si rivolge ad un investigatore privato che la pedini e che le consegni, nel più breve tempo possibile, delle prove inequivocabili dell’avvenuto adulterio da usare, il più delle volte, come pretesto per un divorzio. Alcuni clienti, a volte, oltre a tutto questo, sentivano l’esigenza di sapere quali motivazioni, oggettivamente sensate, avevano spinto al tradimento le loro consorti. Non si sarebbero dati pace fino a che qualcuno non gliele avesse spiegate.
Avrebbero pagato cifre altissime per sapere ciò che già sapevano. Lì entravo in gioco io: diventavo amico della persona in oggetto, mi conquistavo la sua fiducia per poi entrare nei suoi sentimenti. Era un lavoro lungo, estenuante, a volte tragico anche perché il più delle “vittime” non riuscivano a capire il perché mi interessasse così tanto aiutarle. Povere stelle! Dovevo mangiare anch’io!
Tralasciai quei pensieri e mi diressi alla finestra. La aprii e mi appoggiai come amano fare coloro che, non avendo nulla da fare stanno in attesa che qualcosa susciti la loro curiosità morbosa. In effetti non avevo nulla da fare, quindi lasciai che la mia curiosità morbosa risalisse in superficie. Erano le dieci del mattino. I camion gialli della Q.K.C. TRANSPORT , andavano avanti e indietro scatenando le ire degli abitanti del quartiere, poiché dopo aver imboccato una via molto stretta, sono costretti, per entrare nel terminal dell’azienda, ad una manovra piuttosto complicata che richiede non più di due minuti ma, come ogni buon genovese vi potrà testimoniare, due minuti di accumulo del traffico, soprattutto di moto e scooteristi ( con il casco ultimo modello tipo pilota di Tornado in ricognizione dal costo di 700 euro[mammameliprestichepoitelirestituiscodaichedevoesserefigononvorraimicachemiconfondacontuttigabibbichecistannoaGenova?] ) in quella zona vogliono dire la paralisi dell’asse nord-est, cioè significa che tutti quelli che hanno un minimo di fretta ( e state tranquilli che ce l’hanno tutti ), anziché fare 500 metri in più passando tra via Bagnasco e lo stradone che costeggia il fiume  e sbuca sul ponte di Cornigliano, proprio nell’esatto punto dove i cantunè si piazzano con l’apparato per incularti sulla velocità, e ci riescono, dicevo…anziché fare questo giro dell’oca che, in effetti è forse leggermente cervellotico ma, dal punto di vista paesaggistico, un pugno nello stomaco, decidono, con un lampo di genio che è tipico delle genti che vivono nelle zone di mare, di usare il passaggio di sud - ovest, e cioè via Bianchi + via Rolla + sottopasso, gira a sinistra, immettiti nel traffico e vai alla Fiumara a passare il resto della tua idiota giornata.
Riaffioro dai miei pensieri perché un camionista non riesce a imboccare la curva a sinistra a causa di una macchina che gli si è piazzata proprio sotto il paraurti.
Alla guida c’è una donna. Circa 70 anni. Non si sa cosa faccia lì. Nessuno lo sa. Forse nemmeno lei. Forse si è semplicemente sbagliata strada. O forse è lì perché la vita l’ha tradita.

“ SIGNORA, DEVO GIRARE! SI SCOSTI PER CORTESIA!” - è quello che pacatamente, ma con decisione , dice l’autista del mezzo pesante sporto dal finestrino. E’ un uomo sui 45, media statura, abbronzato in volto e sulle braccia fino alle maniche, una profonda cicatrice sul lato sinistro del viso ( che trarrebbe in inganno certe menti pure ed innocenti sul fatto che potrebbe essersela fatta mentre, svariati anni prima, tentava di aprire una scatoletta di tonno al raduno nazionale dei Boy Scouts!) e una sigaretta penzoloni all’estremità del labbro destro.

“ E’ UNO SCANDALO! VOI CAMIONISTI NON DOVRESTE TRANSITARE IN CITTA’! E’ INCREDIBILE CHE IL COMUNE DI GENOVA VE LO PERMETTA!
MA PERCHE’ NON VE NE ANDATE IN AUTOSTRADA? IO HO FRETTA! SI SPOSTI CON QUELL’AFFARE LI’!” - replica bruscamente colei che per eccellenza dovrebbe essere il ritratto della pazienza e della saggezza.
A questo punto inizio, tra me e me, un interessante calcolo delle probabilità che però, immediatamente, mi intristisce per il solo fatto di non essere in compagnia di qualche amico ed iniziare una sugosa scommessa.
Diciamo che la situazione sotto i miei occhi, dà adito a quattro opzioni: la prima, che non è poco, è data dalla non più giovane età della guidatrice; la seconda è il fattore X, e cioè quello che potrebbe accadere se la stessa scena si verificasse di notte e senza testimoni; la terza è il contesto urbanistico nel quale i due mezzi si trovano, loro malgrado, a dover essere antagonisti;  l’ultima, come ordine ma non come importanza, è il caos! Massì, la teoria del caos. E’ inutile che ve ne parli: certe situazioni che si potrebbero creare nei vari contesti della vita, hanno le loro soluzioni contenute in regole, siano esse di natura matematica, letterale, scientifica o sociale, ben definite e sperimentate. Esse sono come l’antidoto per il veleno: stanno lì per toglierti dai guai.
A volte, però, capita che queste  regole, per motivi a noi ancora sconosciuti, intervengano con scarsa efficacia, come se qualcosa, interfacciandosi con potenze inferiori, si rifiutasse di funzionare.
Quella, essendo l’opzione più difficile da considerare, per i motivi sopra descritti, può stravolgere un indice statistico in meno di un amen!

Ritorniamo alla scena precedente. In sintesi: un camion lungo 16.5 metri sta svoltando da via Rolla in direzione via Bianchi. Una deliziosa, quanto coraggiosa vecchietta gli si è infilata nell’unico angolo buono che consentirebbe all’autista del TIR di procedere e togliersi dai coglioni velocemente. La vegliarda, anziché indietreggiare e far sì che la situazione si sblocchi, inizia una , a mio parere, controproducente discussione con l’autista semi abbronzato, di media statura e con una cicatrice da arma bianca che gli attraversa il viso, dall’arcata sopraccigliare sinistra a poco sotto la mandibola sinistra.
Come, secondo voi, andrà a finire?
Allora : l’autista non fa una piega; tira su il finestrino, ingrana (grattando leggermente) la marcia e procede. La macchina, lentamente, viene fagocitata dai gommoni del rimorchio e la parte davanti della vecchia Fiat cambia immediatamente aspetto. Le urla della vecchietta si sovrappongono ai rumori delle lamiere che si stanno contorcendo tra un asse e l’altro. Gli OOooohhhh e gli UUUuuuuhh si sprecano. Dal bar escono un paio di alcolizzati con la Ceres in mano e osservano la scena e, con i loro grugni devastati da fiumi di birra, commentano ciò che gli si para davanti ai loro gialli e cadaverici occhi. Un tipo urla al camionista qualcosa in genovese, qualcosa come: “ABELINOU, MIA LI’ CUSA TI FE’!”. Un bambino piange a squarciagola. La gente, dalle finestre, si affaccia e mormora. In un attimo, sulla strada, ci sono 302 persone. La dolce vecchietta è uscita dalla macchina e assiste impotente alla rottamazione della sua auto, senza incentivi statali.
Il camionista si ferma in via Bianchi, senza scendere dal camion. Da lì a poco arriva la volante dei carabinieri. Poi quella dei vigili urbani. Addirittura arriva anche l’autoambulanza della Croce Rossa. C’è sempre più gente sulla strada. Il traffico, che prima si era sbloccato grazie alla manovra di sfondamento del camion, ora è tornato alla paralisi. Un agente dei carabinieri cerca qualche testimone: d’un tratto non c’è più nessuno per strada. Un vigile si avvicina al bar, chiede qualcosa ai morti viventi, appoggiati al muro e con quasi un piede nella fossa. Probabilmente gli sta chiedendo se hanno visto o sentito qualche particolare che potrebbe essere d’aiuto per la dinamica dell’incidente. Ovviamente non sanno nulla, sono lì per caso, è il loro fegato ad averceli portati e quelle sono cose che a loro non interessano! “ Un’altra Ceres, amico! “ - farfugliano al barista, mentre rientrano nel locale che accoglie le loro figure, abituandole ad una penombra che molto presto diventerà un buio eterno.
Qualche poliziotto alza la testa, cercando di scorgere eventuali testimoni. Le persiane si chiudono. I balconi si svuotano. Non fatevi ingannare: è tutta brava gente; solo che hanno passato troppo tempo accanto agli altiforni dell’Italsider, troppo tempo in coda agli sportelli dell’INPS per sollecitare le pensioni da fame di qualche loro parente morto o mutilato in fabbrica, troppo tempo come i servi della gleba, troppo tempo
nei Lidl a comperare robaccia, troppo tempo a ravanare nei cassonetti dell’AMIU, insomma, troppo tempo.

Chiudo le mie, di persiane, e rientro nei miei pensieri di lavoro. Quale lavoro? E’ un bel po’ che non sto lavorando! L’ho capito ieri, quando il direttore della San Paolo mi ha telefonato. Ha detto che sono troppo sotto, che devo versare qualcosa e
IMMEDIATAMENTE! Dai, gli ho risposto, sono un vecchio cliente, dammi tempo, qualche giorno, giusto per fare un giro di telefonate a qualche cliente per esortarlo a pagarmi, voglio dire, non si ricordava di quando su quel conto c’erano grosse somme? No, mi risponde il direttore, no che non si ricordava mentre io ho fatto una pausa troppo lunga, in quel cazzo di telefono, come a rimarcare l’esattezza della sua affermazione. O.K! gli ho risposto, 24 ore: dammi 24 ore e risolvo la situescion! Fortuna è che lo stronzo ha un’altra telefonata in linea e me le concede, anche se ho capito che gli faccio pena, io, un correntista da stipendio, un miserabile investigatore
improvvisato, un pirla da circo, un idiota da schiacciare sotto le scarpe e pulirsele prima di entrare in casa.
Bene. Ventiquattro ore. Meglio che niente. Meglio che un calcio in culo. Meglio del traffico alla foce durante il salone nautico.
Avevo tutto il tempo necessario per sanare le falle della mia situazione finanziaria. Non mi mancava nulla: solo un lavoro! Un caso da risolvere. Una qualsiasi minchiata di quartiere, un tradimento, una donna da seguire in qualche motel sull’autostrada e poi da sputtanare per tutta la sua vita.
Mi sedetti e attesi. Era successo altre volte: se Maometto non và alla montagna, sarà la montagna che andrà a Maometto. Ero fiducioso. Attesi. Il telefono taceva. All’esterno, i camion della Q.K.C. TRANSPORT continuavano a rombare e ad attraversare la via sottostante come gigantesche puttane, facendomi tremare i vetri della stanza. Non c’era nulla che potessi fare. Attesi ancora. Venne buio. Mi alzai, mi infilai la giacca e mi diressi verso la porta. La aprii e la richiusi dietro le mie spalle. La giornata era finita. Ero Alvaro. Risolvevo i problemi di tutti eccetto i miei. Domani sarebbe accaduto qualcosa. Sicuro come la morte. Di chi, in quel preciso momento, non aveva alcuna importanza.

 Alvaro. 

2 commenti:

  1. Divertente racconto metropolitano che mi manda in sollucchero:questo Hal diabolicamente astuto, così spietatamente realistico,che perfino Verga trasecolerebbe,queste realtà di una Genova sub-proletaria,stracciona,periferica e abbandonata da Dio...ecco.,i sapori e gli afrori di tali suburre italiane,così minuziosamente illustrate da Hal,fanno di lui uno scrittore neorealista di altissimo cabotaggio. Nell'animo di ciascun lettore accorto, ecco sgamato il mesto richiamo, figurato ,all'inarrestabile tramonto, a quella "penombra che molto presto diverrà un buio eterno". Adoro lo stile da autore dannato e maledetto di Hal. Ale

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  2. da quando mi hay passato il tuo blog ho capito subito che dovevo entrare, ma no il modo come mi avrebbe fatto ritorna e ritornare e ritornare ancora grazie da barcellona

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