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web sito ImageChef Custom Images "Ormai quasi giunto al termine della mia vita di peccatore, mentre declino canuto insieme al mondo, mi accingo a lasciare su questo blog testimonianza degli eventi a cui mi accadde, mi accade e mi accadrà di assistere durante il periglioso viaggio che mi separa dalla tomba. E Dio mi conceda la grazia di essere testimone trasparente e cronista fedele di quanto ho visto. Possa la mia mano non tremare mentre mi accingo a scrivere certi eventi e ricordare l'inquietudine sottile che opprime l'animo mio mentre mi collego quotidianamente a questo blog poiché oggi ho la certezza che sto rettamente interpretando gli indubitabili presagi ai quali, da quando nacqui, stoltamente, non diedi peso ."

martedì 17 giugno 2014

Cosa sappiamo fare?

Genova.
Foce.
Piazzale Kennedy.
Cinque e trenta del mattino.

Sto attendendo l’autobus. Il mare,poco distante, mugghia.

Accanto a me, appollaiato su un cartellone pubblicitario, un gabbiano.


Ad un tratto arriva una macchina,
si ferma bruscamente,
si apre la  portiera destra ed esce una ragazza;
sui 30 anni,
bionda,
con un lungo cappotto nero...
quasi nello stesso momento
dall’altro lato
esce un uomo
molto più vecchio di lei
le si avvicina e inizia a dirle quanto l’ama...
ma lei ha la testa bassa,
non dice nulla
lui sembra disperato

continua a dire:”ti amo...ti amo...non so fare altro...”

Lei dice no con la testa e con le mani lo allontana.
Lui la supplica di tornare nella loro casa

Ma lei non ne vuole sapere.

Ora piange.

E’ un pianto isterico,liberatorio.

Un pianto che contiene una decisione,

e lui lo sa

“...ti amo...ti amo...non so fare altro!”- continua a ripetere l’uomo

e mentre lo dice ha il volto tirato,
come chi sa di starsi per giocare l’ultima carta
ora però lei ha deciso
non lo vuole mai più vedere.

Lui le chiede se è sicura
la donna risponde si con la testa e si con il cuore.

L’uomo rientra in macchina e se ne va sgommando.

Arriva l’autobus.

Sono le sei.

Il sole sta nascendo per l’ennesima volta.

Sia io che lei saliamo.

Le porte si chiudono.

Mentre mi allontano verso levante
guardo dove prima c’era il gabbiano appollaiato
e che ora non c’è più.

Alzo gli occhi al cielo

e lo osservo veleggiare sul primo vento caldo del mattino,

elegante,

sinuoso,

aristocratico.

Sta volando verso il suo destino.

Prima o poi lo raggiungerà.


Non sa fare altro.





                                                                                         Alvaro.

1 commento:

  1. Interessante,anzi,arguta,l'analogìa tra l'amore "forzoso" del vecchio per la giovincella,ed il volo del gabbiano verso il proprio destino... A volte è un comodo alibi,raccontare a noi stessi,davanti allo specchio,che "non sappiamo fare altro". Bravo Hal. Ale

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