VOTAMI!

web sito ImageChef Custom Images "Ormai quasi giunto al termine della mia vita di peccatore, mentre declino canuto insieme al mondo, mi accingo a lasciare su questo blog testimonianza degli eventi a cui mi accadde, mi accade e mi accadrà di assistere durante il periglioso viaggio che mi separa dalla tomba. E Dio mi conceda la grazia di essere testimone trasparente e cronista fedele di quanto ho visto. Possa la mia mano non tremare mentre mi accingo a scrivere certi eventi e ricordare l'inquietudine sottile che opprime l'animo mio mentre mi collego quotidianamente a questo blog poiché oggi ho la certezza che sto rettamente interpretando gli indubitabili presagi ai quali, da quando nacqui, stoltamente, non diedi peso ."

domenica 15 settembre 2013

Raptus

Alvaro stava seduto nell'angolo della cucina. La finestra era aperta e sul davanzale c’erano piccoli pezzi di pane e biscotti. Ogni tanto qualche piccione atterrava lì sopra per beccare quel ben di dio e lui, con la sua pistola ad aria compressa, gli sparava con assoluta precisione. Il volatile cadeva giù in strada dal 3° piano e le macchine provvedevano a fare il resto. In quel periodo aveva 39 anni, ma ne dimostrava  molti di meno. Almeno 8 di meno. Alle sue spalle una vita orrenda: molti anni come sottufficiale dell’esercito, due nella legione, un divorzio e un bel po’ di reati…perlopiù risse. Stava quasi sempre da solo e aveva l’aspetto di un amicone che poteva, all'occorrenza, trasformarsi in un maledetto figlio di n.n. Quel giorno, mentre giustiziava i piccioni, le sue malsane idee si misero d’un tratto sull'attenti, rivolte in un’unica direzione: la chiesa della città.
Nel suo interno viveva il sacerdote più bastardo che avesse mai conosciuto: un rifiuto di fogna, vestito di nero che pontificava di amore e pace, ma solo per esigenze di copione.
Avevano tutti il terrore di lui e centinaia di mamme andavano spesso a supplicarlo per far avere un posto di lavoro ai propri figli, lasciando ogni volta generose elargizioni nella speranza, quasi sempre remota, che ciò accadesse.
Al prete, non gli importava un accidente di quei "delinquentucoli", come amava definirli. L’unica cosa veramente importante, per lui, erano i soldi. Ah! Quelli si! E ne usava molti per riempirsi la pancia di cibo raffinato. A chi non era capitato di vedere, almeno una volta, il furgone del ristorante “ Chez Louis”, fermarsi nel retro della sacrestia e scaricare velocemente i costosi manicaretti già pronti per lui?  Questo accadeva due volte al giorno: pranzo e cena. Per la colazione, il sant'uomo, era solito recarsi nella pasticceria in fondo alla strada già di buon mattino, ben sapendo che il proprietario, un uomo timorato di Dio, non avrebbe mai osato farlo pagare.
Se tutti quei poveretti avessero saputo dove andava a finire il denaro delle elemosine, quel lungo crocefisso, che pendeva dal suo collo, glielo avrebbero piazzato in un altro posto anziché intorno al collo. E con una gioia immensa!
Alvaro si alzò improvvisamente da quella sedia, nell'angolo della cucina, appoggiò la pistola ad aria compressa sul tavolo e si diresse verso il suo armadio. Lo aprì e frugò sotto due coperte di lana ben piegate: una Cougar Magnum scintillante fece la sua comparsa, prezioso “souvenir” dell’ultima missione compiuta. La accarezzò per un attimo, lasciando che la luce rimbalzasse su di essa. Poi iniziò a caricarla: lentamente ma con decisione. Quand’ebbe terminato la infilò in tasca e uscì dal suo appartamento. Giunto in strada, indugiò sulle carcasse dei piccioni a terra e sputò nella loro direzione: aveva sempre odiato quegli stupidi uccelli che riempivano il mondo del loro sterco bianco.
Erano quasi le 18, quando Alvaro arrivò davanti alla porta della chiesa. Il grosso portone di legno lavorato a mano era già chiuso.

“ Maledizione !” - esclamò Alvaro. Poi, con calma, dopo essersi guardato intorno, scagliò due pugni sullo spesso legno. Subito dopo un altro, ma molto più forte. Appoggiò l’orecchio e sentì lo scalpiccio di passi veloci avvicinarsi.

“ Chi è che vuole buttare giù la porta?” - urlò dall'interno il prete.

Alvaro ingoiò un po’ di saliva e contrasse le corde vocali per contraffare la voce.

“ Oh, mi scusi tanto, ma volevo lasciare la mia offerta per la Chiesa! Sono arrivato in ritardo!!” - gracchiò alla belle meglio.

“ Capisco - disse il sacerdote sempre da dietro la porta - non può tornare domani?”.
“ Oh…si, credo che lo farò anche se…anche se - a quel punto Alvaro abbassò astutamente la voce - ho un po’ di paura a tornare a casa con tutto questo denaro. Sa, oggigiorno c’è da aver paura d’ogni cosa!”.

Ci fu una piccola pausa, poi il chiavistello iniziò a girare. In maniera lenta ma costante.
Un movimento simile a quello che fece Alvaro nell'estrarre la sua Magnum dalla tasca.
Quando la porta si aprì il prete tuonò dalla fessura creatasi: “ Mi dia l’offerta e che Dio la benedica!!”.

Alvaro, invece, infilò la canna dell’arma e fece fuoco. Un colpo assordante riecheggiò tra le case dietro a lui. Diede una spinta al portone ed entrò: il corpo dell’uomo di chiesa giaceva a terra con la gola spappolata e gli occhi sbarrati. Gli sferrò una pedata, come per accertarsi che fosse veramente morto, anche se non v’era più alcun dubbio.
La pozza di sangue che si era formata intorno a quel cadavere, per effetto dello spostamento dovuto al forte calcio, ruppe il suo quasi perfetto disegno geometrico, iniziando a scivolare in una piccola fessura dovuta all'imperfezione del pavimento
logoro dai secoli. Osservò quel fiumiciattolo sempre più in piena. Poi si diresse verso il gigantesco crocefisso, appeso ad una lunga catena che scendeva dal soffitto. Lo guardò come disgustato, ormai totalmente assorbito dalla follia. Caricò lo sputa fuoco e sparò due volte: la catena saltò via e il crocefisso precipitò a terra con un boato. L’impatto aveva distaccato la figura del Cristo dalla croce. Alvaro gli si avvicinò.

“ Vedi…ora sei libero…puoi andartene!!” - disse con una specie di cantilena.

La scultura lignea giaceva al centro della navata principale, con una grossa incrinatura all'altezza del fianco.

“ Hai capito? Sei libero! Alzati e vattene!” - urlò questa volta Alvaro.

Indietreggiò di un passo, puntò l’arma in direzione del cristo e fece fuoco.
Una. Due. Tre volte. Il legno, vecchio di secoli, saltò in aria come ridere. Poi, a casaccio, sparò in rapida sequenza.

Ciò che l’uomo aveva costruito secoli prima per devozione, veniva ora distrutto dall'uomo per pazzia. Era sempre l’essere umano il vero colpevole. Poteva costruire intorno a sé meravigliosi palazzi o spaventose prigioni, ma solo grazie alla sua intelligenza avrebbe scelto, tra i due, il luogo migliore dove trascorrere la propria vita.

Smise di colpo. Abbassò l’arma e la appoggiò alla coscia destra. Ne avvertì il calore.
La chiesa, all'esterno, era completamente circondata dalla polizia. Da lì a non molto i gruppi speciali sarebbero entrati in azione. Il primo ad intervenire fu un anziano ufficiale, dotato di uno spiccato senso della comunicazione. Entrò cautamente dal portone e quasi s’inciampò nel cadavere del prete. Lo stomaco gli si torse e le budella lo frustarono dall'interno.
Camminò lentamente e intravide Alvaro al centro della navata principale, di spalle…un bersaglio fin troppo facile: ma la sua saggezza, alle soglie della pensione, gli impose di cercare la trattativa e di salvare la vita a quel giovane.

“ Figliolo - urlò - stai calmo, io voglio aiutarti! Nessuno ti farà del male!”

Alvaro non si voltò neppure. Si era esercitato migliaia di volte, quando era in Legione, ad inquadrare il nemico alle spalle, basandosi solamente sulla voce per localizzare il bersaglio.

“ Adesso getta la pistola e non ti accadrà nulla, parola di…”

Non riuscì nemmeno a pronunciare il proprio nome: Alvaro piegò il polso all'indietro e la pistola, che era appoggiata lungo la sua coscia destra, volse la sua canna dal basso verso l’alto. Il pollice, anziché l’indice, fece pressione sul grilletto.
La testa di quel poveraccio esplose e, per un attimo, il corpo sembrò fare ancora un mezzo passo senza di essa.  Poi cadde.

Tornò velocemente il silenzio.

All'esterno, un commando di teste di cuoio stava preparandosi ad entrare.

Alvaro, all'interno, guardò il cadavere del prete, quello del poliziotto e infine ciò che restava del cristo di legno.
Sorrise. Tirò su rumorosamente, quindi sputò.

“ Tre! Sono tre! E io odio i numeri dispari!” - urlò come indemoniato.

Lentamente alzò la sua fidata Cougar Magnum.
Girò su sé stesso, come in una stupida danza.

Aprì la bocca e v’infilò la canna. Ne avvertì il calore.

Chiuse gli occhi.

Una lacrima fuggì da essi.

Poi, dopo un lungo sospiro, premette il grilletto.


                                                                                                            Alvaro.

1 commento:

  1. La serie di racconti con Alvaro protagonista è avvincente.Chiunque di noi,non possiamo predire nè quando nè come,è un potenziale/realizzato Alvaro:in qualunque istante, e in uno dei tanti episodi che vedono come protagonista il Nostro,oppure alcuni suoi altrettanto intensi e soffertissimi omonimi;verrebbe da dire,pirandellianamente: "uno,nessuno e centomila Alvaro".

    Ale

    RispondiElimina