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web sito ImageChef Custom Images "Ormai quasi giunto al termine della mia vita di peccatore, mentre declino canuto insieme al mondo, mi accingo a lasciare su questo blog testimonianza degli eventi a cui mi accadde, mi accade e mi accadrà di assistere durante il periglioso viaggio che mi separa dalla tomba. E Dio mi conceda la grazia di essere testimone trasparente e cronista fedele di quanto ho visto. Possa la mia mano non tremare mentre mi accingo a scrivere certi eventi e ricordare l'inquietudine sottile che opprime l'animo mio mentre mi collego quotidianamente a questo blog poiché oggi ho la certezza che sto rettamente interpretando gli indubitabili presagi ai quali, da quando nacqui, stoltamente, non diedi peso ."

domenica 24 marzo 2013

Una storia di quartiere.


Eravamo stati scaraventati
dalla vita

in quel quartiere
tutti e due
io e Remy
alla fine degli anni settanta.

Lui era il secondo
di quattro fratelli.

Vivevano in una stamberga
di tre stanze

lurida e cadente.

I genitori litigavano sempre
e ogni tanto la madre
spaccava i piatti
lanciandoli contro i muri.

Allora il padre
inforcava la sua Guzzi
e se ne andava.

Io e Remy
eravamo grandi e grossi
come solo si poteva esserlo in quegli anni.

Ma mentre io ero
un gigante buono

lui era maledettamente cattivo.

Certo
dover vivere
in una famiglia come la sua
non doveva essere molto edificante.

Ma non bastava
per giustificare
tutta quella rabbia addosso.

Ce l’aveva con il mondo
e con chi lo abitava.

Ovunque andasse
cercava rogne
e, puntualmente, le trovava
uscendone sempre vincente.

Il suo metodo per farsi strada
erano le botte.

Le dava a chiunque si fosse messo
lungo il suo cammino

e quando picchiava
lo faceva con gusto
con una tale violenza
da lasciare senza parole.

Una volta cercai di aiutare
la malcapitata vittima
e mi presi un pugno in faccia.

Non riuscii a reagire.
Ebbi paura.

Ricordo che disse: “ fatti i cazzi tuoi, hai capito?”.

Me li feci.

Fino al giorno in cui
venni a sapere
che aveva picchiato duramente
un ragazzo con la sindrome di Down.

Allora persi la testa.
Presi un coltello
dalla cucina di mia nonna
e lo andai a cercare.

Lo trovai.

Era nel cortile di casa sua
seduto su un pallone sgonfio.

“BRUTTO BASTARDO PEZZO DI MERDA! - gli urlai - PERCHE’ NON FAI IL FURBO ADESSO?”

Iniziai a piangere in preda a una crisi di nervi.

“ TI PREGO…FAI SOLO UN MOVIMENTO; DI’ SOLO UNA PAROLA COSI’ TI APRO IN DUE!OH DIO…DIO MIO FAI UN GESTO…COSI’ TI  TAGLIO QUELLA TESTA DI CAZZO E CI PISCIO SOPRA!”

Ero come indemoniato.

Se mi fosse venuto vicino l’avrei ucciso.

La gente apriva le finestre e le richiudeva.

Lui non fece nemmeno una piega.
Diede un calcio al pallone sgonfio e rientrò in casa.

Io continuai ad urlare:

“ CON QUELLA FACCIA DA CAZZO MERITI DI LAVARTI SOLO CON IL PISCIO!”

Poi me ne andai anch’io.

Il mattino seguente uscii
in una bella giornata di sole.

Mi sedetti all’angolo della strada
a guardare il cielo azzurro
e il viale alberato di fronte a me.

Ad un tratto mi sentii afferrare alla gola e caddi a terra.

Era Remy.
Furioso più che mai.

Ora ti ammazzo!” - mi ringhiava all’orecchio.

Ero schiacciato a terra
e il suo braccio destro
mi serrava il collo
come in una morsa.
Cercavo di respirare ma non ci riuscivo.

Ripeti quello che hai detto ieri! - sussurrava con rabbia - Ripetilo ora!”.

Percepivo la sua pazzia.

Il cielo, ora, non mi sembrava più tanto azzurro
e i platani, davanti a me, ondeggiavano sfocati.

Stavo soffocando e non riuscivo a muovermi.

Ad un certo punto qualcuno lo chiamò
così mollò la presa ed io ritornai alla vita.

Era sua madre.

Lo sgridò duramente
e mi chiese scusa per lui.

Ma io lo odiavo.
Non ci sarebbero mai state scuse sufficienti.

Dopo qualche mese traslocai
e fu così
che ci perdemmo di vista per 24 anni.

Riuscii quasi a dimenticarlo
fino al giorno in cui
incontrai suo fratello maggiore.

Mi raccontò
che proprio un anno dopo
il mio trasloco
Remy morì per un overdose
lungo la riva di un fiume.

Lo trovarono accanto all’acqua
con la siringa ancora piantata nel braccio.

Non posso dire che mi dispiacque
ma col tempo ero maturato.

Cosicché
qualche settimana dopo
decisi di andare al cimitero della città.

Dopo aver cercato un bel po’
lo individuai.

C’era un cumulo di terra
con erbacce intorno,

una lastra di marmo

e la sua foto

con quello sguardo vuoto
cupo
assente.

D’un tratto mi assalì un ricordo
e mi sentii ancora mancare l’aria

proprio come quella mattina
di 24 anni prima.

Solo che ora c’ero io sopra di lui.

Sorrisi cinicamente.

Mi guardai attorno
aprii la lampo dei pantaloni
e pisciai…

pisciai a lungo su quel marmo
su quella foto
su quella terra zeppa di erbacce e arida

come lo fu
il cuore di quel bastardo
ormai putrefatto
due metri sotto di me.

Non ebbe rimorsi
né pentimenti.

Promisi solo a me stesso
che sarei tornato in quel luogo
almeno una volta al mese.

Dopotutto
mi ero perso
23 lunghi anni
di inebrianti sensazioni.


                                                                               Alva.

1 commento:

  1. Fantastico.Hal si esprime sempre in modo vigoroso e sanguigno.La storia di quel rognoso è riscontrabile nell'esperienza di parecchie persone che erano adolescenti durante gli anni 70.

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