Molto tempo
fa ho lavorato presso una struttura,( della quale è pietoso e saggio tacerne il
nome), con una squadra di operatrici, infermiere e dottori dedita,come lavoro
regolarmente retribuito, alla cura di anziani più o meno drasticamente
invalidati dal tempo e ho potuto constatare un tremendo coacervo di realtà
demoralizzanti. Nelle stanze asetticamente incolori, nei letti strutturalmente
perfetti (dal punto di vista della mansione loro preposta) ma privi del pur
minimo richiamo a quella che io definisco Vita, intravedevo un malinconico senso
di decadenza e dissoluzione. Uomini e donne ormai ridotti a fragili cariatidi
malferme sulle gambe con i visi solcati da rughe che mi richiamavano alla mente
i crepacci delle Montagne Rocciose e i capelli stopposi vagamente assimilabili
alla paglia che da bambino scorgevo sui campi,quando mio padre mi conduceva in
collina,talune domeniche di fine estate. Svariate volte provai a parlare con quelle
persone risucchiate e mangiate dai lunghi evi lasciati alle spalle:esse mi
rammentavano quelle mosche,o meglio,quelle spoglie di mosche,divorate dai ragni
e sputate per terra dai cinici , seppur innocentemente istintivi,aracnidi. Rimaneva,
nel tono basso delle loro voci, soltanto il calco di quella che fu una regolare
esistenza. A stento credevo di riuscire a decifrare,nel profondo umido pozzo
dei loro occhi mesti,così come nella loro espressione, irritualmente semi-anestetizzata
dal lungo giacere in una inesorabile camminata lenta verso l'exitus, una
qualche traccia di lontani fragori esistenziali. Talora mi sussurravano strane
parole,provenienti da chissà quale sinapsi mnemonica:la memoria dei vecchi è
abilissima nel ripercorrere reminescenze risalenti a varie decadi addietro; altre
volte mi sospingevano crudamente,con rabbuffi burberi, a paragoni infelici tra
il loro caldo e spumeggiante palpito vitale giovanile di un tempo e l'attuale
semi-spento strascichio spiritual-corporeo. Si, spesso anche dal punto di vista
spirituale essi mi inducevano ad intravedere la fine di tante,troppe illusioni
dell'anima e, pare, che persino le robuste armature di credi e fedi, un tempo incredibilmente solide,erano venute lentamente
ossidandosi ed arrugginendosi:di esse,ormai,non restavano che scarsi granelli
di rossiccia polvere. Ricordo che provai a trattarli con tutto l'amorevole
tatto e la delicatezza di cui ero e sono capace e,nel complesso,il mio sforzo
sortiva brevi impercettibili risultati,riguardo alle loro reazioni comportamentali
verso di me. Mi osservavano mentre praticavo loro la pulizia quotidiana con
silenziosa sorpresa; a volte elargendomi materni o paterni sorrisi che constatavano
in un incrocio inquietante tra la gratitudine sincera ed il sorriso canzonatorio
probabilmente incontrollabile da parte delle loro menti ormai assimilabili a
quelle dei bambini, ovvero incapaci di trattenere il riso o il sorriso qualora
una situazione presentasse lati,ahimè,grottescamente ed involontariamente comici. In certi
momenti intuivo,nel dialetto usato da alcuni di loro, emozioni e sensazioni che
mi erano famigliari e che mi scagliavano,in un attimo,a scene di vita che io stesso avevo
esperito, in epoche ormai remote della mia giovinezza. C’erano anche quelli che
si attenevano a un mutismo permanente all’interno del quale nemmeno i miei migliori
tentativi di umana solidarietà conseguivano
il benché minimo risultato dal punto di
vista della creazione di un rapporto confidenziale .
Oh, come avrei voluto alleviare,almeno per un giorno,la pena interiormente lacerante,di chi era in balìa di quel destino,anzi,di quel destino crudamente anaffettivo, meccanicamente concentrato sul compimento della propria ineluttabile spietata natura, ossia l'adempimento della sua funzione primaria consistente nell'annientamento garantito,a tappe forzate, dei nostri corpi biologici.
Oh, come avrei voluto alleviare,almeno per un giorno,la pena interiormente lacerante,di chi era in balìa di quel destino,anzi,di quel destino crudamente anaffettivo, meccanicamente concentrato sul compimento della propria ineluttabile spietata natura, ossia l'adempimento della sua funzione primaria consistente nell'annientamento garantito,a tappe forzate, dei nostri corpi biologici.
Questo è
quello che voglio dire alle mie ormai ex colleghe: voi, allora, eravate veterane mentre io nient'altro che una
recluta ma ho purtroppo notato con sgomento, come alcune di voi abbiano eretto
una sorta di muraglia d'acciaio tra la loro anima, il loro cervello ( per
alcune un vero e proprio optional) ed il
mestiere difficile che svolgono:in parte vi siete divertite alle mie prime
reazioni istintive di ribrezzo e difficoltà di adattamento e, in successione,
siete state molto forti in occasione delle mie iniziali partecipazioni, in
prima persona, alla pulizia corporea degli infelici ospiti della struttura;
poi, pian piano, sempre alcune di voi,
hanno assunto un atteggiamento di leggero distacco verso me; quasi come
se avreste desiderato che io rimanessi per sempre un novellino ipersensibile
e,in quanto tale, perennemente suscettibile di una riserva di giudizio da parte
vostra poiché ,a motivo di quel poco
materiale professionale che mi avete elargito per via orale ,avevo già allora
intravisto la netta e cruda affermazione assiomatica di una verità incontrovertibilmente
desolante: era certo che mi dovevo ancora avvezzare, o meglio: dovevo assolutamente svezzarmi in questo
lavoro e, solamente dopo questo passaggio, dopo questa mia,per così dire,
avvenuta iniziazione, avrei potuto davvero usufruire dei vostri codici di
comunicazione e delle vostre sincere confidenze. In tutta sincerità vi dico,
ora che è passato molto tempo,anche a motivo dell’incolmabile gap intellettivo
che sta tra alcune di voi e me,che le vostre confidenze non potranno mai
interessarmi. Ma c’è una cosa, sempre di
alcune di voi, mie ex colleghe,che mi ha lasciato perplesso e,per certi
versi,sconcertato: l'assenza, parziale o totale,della capacità di amare,di
esprimere empatia,di iniettare sollievo spirituale ai miserabili che abitano
quelle stanze traboccanti di tristezza inguaribile. Ottemperate gelidamente a
quanto scritto dal regolamento lavorativo seguendo diligentemente le prassi
inerenti all'adempimento delle vostre mansioni,ma in tutto questo,giorno dopo giorno,purtroppo,
nessuna di quelle povere creature abbandonate a se stesse riuscirà a cogliere
né a percepire il benché minimo afflato di quella solarità del cuore che,da sola,porterebbe
a quella dimenticata umanità, piagata dal decadimento fisico, un soffio di profumata
speranza;speranza in un cammino dolce verso l'ignoto,che,seppure foriero di
malcelate inquietudini, proseguirebbe grazie anche alla vicinanza di calde
anime soccorrevoli e non solo dal
punto di vista fisiologico ma anche da quello psicologico rappresentato
dalle serene aspettative che dovreste generare in loro con tutte le
capacità di cui disponete. E quando rimugino su tutto questo,beh,a dispetto di
tutte le mie consolanti pseudo certezze, legate al mio credere fortemente in
una Vita che tutto abbraccia e
tutto salva e che dispenserà gioia senza fine in un nuovo sistema di cose vi
confesso che,nonostante la mia notevole forza interiore non di rado, un freddo e incontrollabile brivido mi
percorre la schiena,lasciandomi,per qualche
istante, incredibilmente solo a riflettere sulla parola MISERICORDIA.
Io ne conosco il significato e credo di
fare cosa buona e giusta a rammentarlo anche a voi:
“Espressione di benevola considerazione o pietà che reca
sollievo agli infelici.”
Non so cosa farò né come lo farò, ma nella Bibbia, nella
lettera che Paolo scrisse ai Filippesi, al capitolo 4 versetto 13 si legge:
“ Per ogni cosa
ho forza in virtù di Colui che mi impartisce potenza.”
Probabilmente non ci crederete ma ogni volta che ripenso
a queste parole mi sento sereno.
Alva.
Grande resoconto realistico,con constatazioni forti e sincere.Adoro anche la prefazione in alto.
RispondiEliminaA&A come percorso esistenziale di ricerca.