Alcuni
mesi fa ho svolto il mio tirocinio presso una struttura di Alessandria con una
squadra di operatrici, infermiere e dottori dedita, come lavoro regolarmente
retribuito, alla cura di anziani più o meno drasticamente invalidati dal tempo
e ho potuto constatare un tremendo coacervo di realtà demoralizzanti. Nelle
stanze asetticamente incolori, nei letti strutturalmente perfetti (dal punto di
vista della mansione loro preposta) ma privi del pur minimo richiamo a quella
che io definisco Vita, intravedevo un malinconico senso di decadenza e
dissoluzione. Uomini e donne ormai ridotti a fragili cariatidi malferme sulle
gambe con i visi solcati da rughe che mi richiamavano alla mente i crepacci
delle Montagne Rocciose e i capelli stopposi vagamente assimilabili alla paglia
che da bambino scorgevo sui campi,quando mio padre mi conduceva in
collina,talune domeniche di fine estate. Svariate volte provai a parlare con
quelle persone risucchiate e mangiate dai lunghi evi lasciati alle spalle:esse
mi rammentavano quelle mosche,o meglio,quelle spoglie di mosche,divorate dai
ragni e sputate per terra dai cinici , seppur innocentemente
istintivi,aracnidi. Rimaneva, nel tono basso delle loro voci, soltanto il
calco di quella che fu una regolare esistenza. A stento credevo di
riuscire a decifrare,nel profondo umido pozzo dei loro occhi mesti,così come
nella loro espressione, irritualmente semi-anestetizzata dal lungo giacere in
una inesorabile camminata lenta verso l'exitus, una qualche traccia di lontani
fragori esistenziali. Talora mi sussurravano strane parole,provenienti da
chissà quale sinapsi mnemonica:la memoria dei vecchi è abilissima nel
ripercorrere reminescenze risalenti a varie decadi addietro; altre volte mi
sospingevano crudamente,con rabbuffi burberi, a paragoni infelici tra il loro
caldo e spumeggiante palpito vitale giovanile di un tempo e l'attuale
semi-spento strascichio spiritual-corporeo. Si, spesso anche dal punto di vista
spirituale essi mi inducevano ad intravedere la fine di tante,troppe illusioni
dell'anima e, pare, che persino le robuste armature di credi e fedi, un tempo incredibilmente solide,erano
venute lentamente ossidandosi ed arrugginendosi:di esse,ormai,non restavano che
scarsi granelli di rossiccia polvere. Ricordo che provai a trattarli con tutto
l'amorevole tatto e la delicatezza di cui ero e sono capace e,nel complesso,il
mio sforzo sortiva brevi impercettibili risultati,riguardo alle loro reazioni
comportamentali verso di me. Mi osservavano mentre praticavo loro la pulizia
quotidiana con silenziosa sorpresa; a volte elargendomi materni o paterni
sorrisi che constavano in un incrocio inquietante tra la gratitudine sincera ed
il sorriso canzonatorio probabilmente incontrollabile da parte delle loro menti
ormai assimilabili a quelle dei bambini, ovvero incapaci di trattenere il riso
o il sorriso qualora una situazione presentasse lati,ahimè,grottescamente
ed involontariamente comici. In certi momenti intuivo,nel dialetto usato
da alcuni di loro, emozioni e sensazioni che mi erano famigliari e che mi
scagliavano,in un attimo,a scene di vita che io stesso avevo esperito, in
epoche ormai remote della mia giovinezza. C’erano anche quelli che si
attenevano a un mutismo permanente all’interno del quale nemmeno i miei
migliori tentativi di umana solidarietà conseguivano il benché minimo
risultato dal punto di vista della creazione di un rapporto confidenziale
. Oh, come avrei voluto alleviare,almeno per un giorno,la pena interiormente
lacerante,di chi era in balìa di quel destino,anzi,di quel destino crudamente
anaffettivo, meccanicamente concentrato sul compimento della propria
ineluttabile spietata natura, ossia l'adempimento della sua funzione primaria
consistente nell'annientamento garantito delle loro vite.
Questo è quello che voglio dire alle mie ormai ex colleghe: voi, allora,
eravate veterane mentre io nient'altro che una recluta ma ho purtroppo notato
con sgomento, come alcune di voi abbiano eretto una sorta di muraglia d'acciaio
tra la loro anima, il loro cervello ed il mestiere difficile che
svolgono:in parte vi siete divertite alle mie prime reazioni istintive di ribrezzo
e difficoltà di adattamento e, in successione, siete state molto forti in
occasione delle mie iniziali partecipazioni, in prima persona, alla pulizia
corporea degli infelici ospiti della struttura; poi, pian piano, sempre alcune
di voi, hanno assunto un atteggiamento di leggero distacco verso me;
quasi come se avreste desiderato che io rimanessi per sempre un novellino
ipersensibile e,in quanto tale, perennemente suscettibile di una riserva di
giudizio da parte vostra poiché ,a motivo di quel poco materiale
professionale che mi avete elargito per via orale ,avevo già allora intravisto
la netta e cruda affermazione assiomatica di una verità incontrovertibilmente
desolante: era certo che mi dovevo ancora avvezzare, o meglio:
dovevo assolutamente svezzarmi in questo lavoro e, solamente dopo
questo passaggio, dopo questa mia,per così dire, avvenuta iniziazione, avrei
potuto davvero usufruire dei vostri codici di comunicazione e delle vostre
sincere confidenze. In tutta sincerità vi dico, ora che è passato molto
tempo,anche a motivo dell’incolmabile gap intellettivo che sta tra alcune di
voi e me,che le vostre confidenze non potranno mai interessarmi. Ma c’è
una cosa, sempre di alcune di voi, mie ex colleghe,che mi ha lasciato perplesso
e,per certi versi,sconcertato: l'assenza, parziale o totale,della capacità di
amare,di esprimere empatia,di iniettare sollievo spirituale ai miserabili che
abitano quelle stanze traboccanti di tristezza inguaribile. Ottemperate
gelidamente a quanto scritto dal regolamento lavorativo seguendo diligentemente
le prassi inerenti all'adempimento delle vostre mansioni,ma in tutto
questo,giorno dopo giorno,purtroppo, nessuna di quelle povere creature
abbandonate a se stesse riuscirà a cogliere né a percepire il benché minimo afflato
di quella solarità del cuore che,da sola,porterebbe a quella dimenticata
umanità, piagata dal decadimento fisico, un soffio di profumata
speranza;speranza in un cammino dolce verso l'ignoto,che,seppure foriero di
malcelate inquietudini, proseguirebbe grazie anche alla vicinanza di calde
anime soccorrevoli e non solo dal punto di vista fisiologico ma anche da
quello psicologico rappresentato dalle serene aspettative che
dovreste generare in loro con tutte le capacità di cui disponete. E quando
rimugino su tutto questo,beh,a dispetto di tutte le mie consolanti pseudo
certezze, legate al mio credere fortemente in una Vita che
tutto abbraccia e tutto salva e che dispenserà gioia senza fine in
un nuovo sistema di cose vi confesso che,nonostante la mia notevole forza
interiore non di rado, un freddo e incontrollabile brivido mi
percorre la schiena,lasciandomi,per qualche istante, incredibilmente
solo a riflettere sulla parola MISERICORDIA. Io ne conosco il significato
e credo di fare cosa buona e giusta a rammentarlo anche a voi:
“Espressione di benevola considerazione o pietà che reca sollievo agli
infelici.”
Pensate
a questo, ogni tanto. Vi farà bene alla mente e all’anima.
Alvaro.
Misericordia,comprensione,empatìa.in una parola: Amore,quello vero,quello di Dio.
RispondiEliminaAlessandro Pagella ( dismesse un attimo le vesti demoniache di A&A :D )