Gianni, l’artista pazzo che dipingeva con i colori prodotti dallo sminuzzamento dei mattoni e dalle pietre e dalle piante, mi fece entrare nella camera in cui viveva al bordo della strada. Era umida e fredda.
Era il 21 gennaio 1979.
Camminavo tra le lattine di birra e le bottiglie di vino vuote.
Era il 21 gennaio 1979.
Camminavo tra le lattine di birra e le bottiglie di vino vuote.
“ Vuoi un quadro?” – mi chiese.
Mi guardai attorno. Non vedevo quadri.
“ Beh, tu sai che a soldi sono mal messo e…”
“ No, no, no, no! – disse ad alta voce – Non dipingo per denaro!”
“ Ok, affare fatto! – risposi – dammi un quadro.”
Sapevo che Gianni sarebbe diventato qualcuno. Era troppo simile a Ligabue, troppo vicino alla pazzia, così vicino da farti sentire imbarazzato per la logicità dei suoi pensieri mal riposti in quella testa pitecantropesca.
“ Ora, se mi dai una mano, te lo dipingo.” – disse Gianni.
Mi chiese di seguirlo dentro una botola che stava sulla parete. Strisciando arrivammo in un cortile che dava sul muro di un supermercato. Come fosse un grillo Gianni iniziò a scegliere le cassette di verdure che erano ammonticchiate un po’ ovunque. Ne afferrò una. Me la diede e mi indicò il buco da dove eravamo arrivati. Quando rientrammo nella stanza faceva un freddo terribile. Il fiato di entrambi diventava vapore e sembravamo due fumatori accaniti.
Corse vicino a una vecchia stufa di ghisa, rotta nella parte inferiore e si strofinò le mani come se da essa uscisse il più bel caldo del mondo.
Notai un foglio, appoggiato accanto ai piedini della stufa, su cui vi era scritto:” Battidenti atomica. Il freddo è una proiezione mentale!”
Prese la cassetta, spaccò i 4 lati e sul retro iniziò a dipingere.
Dopo 10 minuti mi consegnò la “tela”.
Era il ritratto di un viso di donna giapponese.
“ Lei mi protegge!” – mi disse sorridendo.
“ Certo!” – gli risposi.
Quando me ne andai lo vidi rientrare spingendo la porta senza serratura.
Tre giorni dopo una macchina lo travolse in un incrocio.
Sono passati 35 anni da allora.
Il quadro l’ho perduto in un trasloco, ma gli avevo fatto una fotografia.
Eccola.
Non è bellissima?
Non è bellissima?
Alvaro.
Mini-racconto davvero emozionante,pur nel suo finale triste. E l'arte è un dono dall'Alto.
RispondiEliminaAle