Quando lo spettacolo finì
il clown ritornò nel suo
camerino;
lentamente iniziò a
struccarsi
e lo specchio
altrettanto lentamente
gli restituì l’immagine di
sempre:
quella di un vecchio,
triste e rugoso.
Quand’ebbe terminato
si cambiò d’abito ed uscì
nella città vibrante.
Là fuori
lo spettacolo
non si era mai fermato
e quella sera
anche per lui
sarebbe stato difficile
strappare un applauso.
Alvaro.
Splendido ritratto di un archetipo immortale:quello del clown.Il pagliaccio si traveste,si trucca,crea un assurdo mondo di battute,mimi,boccacce...tutto pur di divertire il pubblico,specie quello dei bambini. E ci riesce:trascendendo la vita,attraverso la rappresentazione di una realtà fittizia,burlesca e grottescamente anti-estetica,egli riesce a far ridere i bimbi e gli adulti. Poi,nel silenzio malinconico del suo camerino,il pagliaccio si strucca,si de-traveste,rientra nel limite dell'uomo,e altro non gli resta da fare,se non incamminarsi dentro l'orizzonte, foscamente triste, del vivere reale:solitudine morale,decadimento fisico,vecchiaia come anticamera della morte lo attendono. Ci attendono.
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