La domenica era un giorno speciale. Arrivavano i
parenti. La nonna iniziava a cucinare alle sette del mattino. Ed erano ravioli
alla carne, gnocchi, pollo alla cacciatora, insalata russa, bollito misto con
bagnetto, almeno due torte farcite e biscotti vari. L’unica deroga in quella
fatica immane era il gelato, sempre coppe all’amarena, che mi mandava a
comprare al bar sotto casa. Gli zii arrivavano solitamente verso le 12.30.
Sapevano che la nonna non tollerava i ritardi quindi, crollasse il mondo, si
doveva essere intorno alla tavola non oltre le 12.45. Andò avanti così per anni
fino al giorno in cui, per cause a me sconosciute, entrarono in casa alle
13.30. Ricordo ancora che la nonna, verso le 12.50 ci fece sedere a tavola e ci
ordinò di iniziare il pranzo anche senza di loro. Quando arrivarono, dopo
essersi profusi in mille scuse, si sistemarono anche loro intorno al tavolo. Lo
zio a capotavola, sua moglie accanto a lui, mia cugina accanto a mia zia e il
suo fidanzato accanto a me. Si chiamava Dario. Lavorava alla Carello di Torino,
una fabbrica dell’indotto FIAT. Era un ragazzone di un metro e ottanta con un
sorriso disarmante. La nonna in silenzio, iniziò a servire in tavola. Lei si
sedette per ultima. Iniziarono a mangiare sempre in silenzio. D’un tratto Dario disse:
“ COMPLIMENTI ,SIGNORA, SONO PROPRIO BUONI!”.
Si riferiva ai ravioli. La nonna sorrise. Erano
davvero buoni. Meravigliosi frammenti di gioia sensoriale.
Continuarono a mangiare. Tutti si aspettavano che la
nonna sbottasse in qualche reprimenda o in una delle sue proverbiali citazioni
in dialetto piemontese, destinate a
essere ricordate per sempre. Invece non
disse nulla fino a quando, dopo aver servito il caffè, con un filo di voce, in
una specie di cantilena, dichiarò:
“
D’ANCOI A IO’ FINI ED FE’ DA SERVA A VUIOCER”.
Che tradotto significa: DA OGGI
HO FINITO DI FARE LA SERVA PER VOI.
E così fu. Da
allora, alla domenica, la nonna cucinò solo per me e mia madre.
Dopo quasi 25 anni, una sera, mentre mia nonna era sul
balcone di casa sua, poco prima di morire, ripensando a quell’episodio, mi
chiese se in quell’occasione fosse stata troppo severa. Le risposi di si.
Rimase pensosa per un po’ per poi rivolgersi a me chiedendomi:
“ COSA NE DICI DI ANDARE A PRENDERE DUE GELATI ?”Mi
diede una banconota con un sorriso e io, come 25 anni prima, scesi le scale del
caseggiato a rotta di collo per andare a prendere due coppe all’amarena nel bar
di sotto.
Alvaro.
Splendido quadretto amarcord,dove si staglia su tutti la figura leggendaria della nonna di Alvaro:certe persone lasciano dietro di se un meritato ricordo imperituro...anch'io,come Alva,ebbi mia nonna Luisa(nonna materna),che,parimenti,sbaragliava su tutta la linea la figura,molto più minuscola,di mia madre. Ale
RispondiEliminaWow... Che donna severa e rigorosamente rigida alle regole.. ma dopo 25 anni capace di farsi un '"esame" di coscienza... Senza parole!!!
RispondiElimina...rileggendolo,mi commuovo.E' così. Ale
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