L’uomo era rimasto fermo
per un tempo indefinito, immobile, granitico, quasi che fosse regredito ai
tempi remoti della sua personale esistenza quando ancora giocava a
“Uno-due-tre- stella”.
La sua figura, stretta
nel giaccone Moncler, si stagliava massiccia, sullo spoglio sky-line
costituito dalle poche case fronte mare. Era rimasto a lungo pensieroso, lo
sguardo fisso in un punto indefinito, là, sulle onde grigio-argento di quella
triste giornata di fine Novembre. Improvvisamente si era scosso, come animato
da un’idea repentina: aveva estratto il portafogli dalla tasca, lo aveva aperto
e, poi, come rassicurato alla vista della mazzetta di banconote verdi al suo
interno, lo aveva riposto con cura, avviandosi verso un’ Audi nera,
scintillante. Stava percorrendo la via, un largo stradone diritto, che
costeggiando il mare, dalla periferia portava alla città. Al lato monte, a
intervalli di una cinquantina di metri una dall’altra, le prostitute erano già
uscite, sotto la luce gialla dei lampioni che iniziavano ad accendersi, ed
esponevano i loro giovani corpi agli sguardi concupiscenti degli automobilisti
di passaggio ma anche ai primi rigori dell’inverno. Erano tutte belle, fresche,
merce selezionata per il marciapiede esclusivo sopra il quale erano sfornate
ogni sera: alte, slanciate, alcune poco più che adolescenti; i dati somatici le
registravano come donne provenienti dall’est anche se non mancava qualche nota
contrastante costituita da alcune ragazze di colore. Le mani in tasca,
battevano i piedi fasciati da scarpe con tacchi vertiginosi sull’asfalto,
scrutando con sguardo sfrontato i possibili clienti.
L’Audi scura procedeva
lentamente: l’uomo alla guida si era abbassato, protendendosi verso il
finestrino del viaggiatore, per meglio valutare la mercanzia.
Aveva percorso quasi
tutto il vialone quando improvvisamente si fermò davanti a una biondina, poco
appariscente, vestita in maniera semplice, con un paio di jeans e una giacca di
lana blu. Niente di esagerato, nemmeno il trucco. Era quasi fuori luogo nella
sua normalità che le conferiva l’aria di “ragazza della porta accanto”. Per
lei, poteva essere l’arma vincente per attirare i timidi o i pavidi, quelli che
a casa avevano lasciato una donna dominante e che erano messi in fuga
dall’aggressività e dalla volgarità delle sue colleghe.
-Sali su, dai!- l’uomo
le fece cenno e la ragazza si fiondò in un amen dentro l’abitacolo caldo,
sfregandosi le mani livide, grata di quella pausa dal freddo esterno.
-Sono 150 completo, 100 solo con bocca- buttò lì senza neppure
guardarlo, in un italiano approssimativo.
-Te ne do 500 ora e 500
fra tre ore, se fai una cosa particolare per me-
-Tu non capisci: io non fare cose strane come manette, strette a gola,
fruste, o fatto con altri, no, no, io non fare questo-
- Infatti ti chiedo di
fare la “normale” più di quanto tu faccia ogni sera- e le aveva messo in mano
500 euro.
La ragazza dapprima
allarmata si era tranquillizzata: aveva rigirato per un attimo le banconote fra
mani prima di riporle nella borsa e poi aveva iniziato a togliersi la giacca.
L’uomo la fermò con un
gesto.
-Ti voglio vestita. Come
ti chiami?-
-Snejana- rispose
confusa, la donna.
-Snejana è un nome
complicato. Ti chiamerai Nina e dovrai essere molto- e l’uomo ripeté, modulando
la voce - MOLTO gentile, con la persona che andremo a prendere ora. Quando ti
parlerà, dovrai fingere di non capire una parola d’italiano e dovrai rispondere
solo nella tua lingua. Capito?
-Ti ho detto che non
faccio a tre, né con uomo, né con donna. Capito tu?-
-Appunto. Devi solo fare
ciò che ti ho chiesto. Ok?-
La ragazza fece un cenno
di assenso, proprio mentre l’auto imboccava il vialetto d’accesso a una villa
stile Liberty, proprio nel centro città. L’uomo scese, la fece passare sul
sedile posteriore, poi si diresse verso la casa: aprì con le chiavi il portone
d’ingresso e fu fagocitato dal buio della casa. Riapparve dopo una ventina di
minuti al braccio di un’anziana signora, dall’aspetto fragile come di carta
velina. Anche la voce era tremula quando mise la testa candida nell’abitacolo e
salutò la ragazza.
-Ciao Nina. Mio figlio
mi ha parlato tanto di te: peccato non averti potuto conoscere prima.-
E aveva attaccato con
una serie di complimenti , mentre si accomodava al’interno dell’auto e
ripartivano,su quanto era bella e quanto fosse stata brava a prendersi cura del
figlio adesso che lei non poteva fare più niente per lui, e peccato che non si
potevano comprendere data la diversa provenienza.
Snesjana aveva eseguito
gli ordini: aveva pronunciato poche parole, tutte rigorosamente nella sua
lingua d'origine, ed era stata gentile e premurosa accompagnando la donna fino
all’ingresso della clinica,davanti alla quale, dopo mezz’ora di strada si erano
fermati.
Poi aveva atteso in
auto, sprofondata nei sedili di pelle, al buio, respirando l’odore del lusso.
Dopo circa un’ora,
l’uomo era tornato e si era rimesso alla guida senza una parola. Solo quando
erano ormai molto vicini al luogo dove si erano incontrati, l’uomo aprì bocca:
-E’ molto malata, ne
avrà si e no per un mese. Mi voleva sapere felice, con una donna accanto.-
-Ma tu sei bello, ancora
giovane, ricco. Potevi avere tutte donne che volevi. Perché tu preso me?-
Dall’uomo nessuna
risposta.
Avrebbe potuto spiegare
che lui era sì felice, però con una “donna” che si chiamava Sergio ed era in
realtà un uomo. Ma non lo fece.
Mise in mano alla
ragazza gli altri 500 euro e la scaricò, là dove l’aveva raccolta.
-Buona fortuna Nina
anzi, Snesjana. Grazie.-
Un colpo d’acceleratore
e l’auto era già lontana. La ragazza la guardò allontanarsi.
Non le sarebbe
dispiaciuto essere Nina, pensò:si sarebbe appropriata di quella normalità il
cui sapore aveva appena percepito per due ore e ventitré minuti della sua vita
e che purtroppo,lei, possedeva solo nell’aspetto.
Amo lo stile di Hal.Inutile negarlo:leggendo i suoi racconti,di volta in volta,mi rilasso,diverto,assento dal fragore intontente di quella rapida insidiosa chiamata vita.
RispondiEliminaAle p.s.: a proposito,Hal, ti devo sempre un liquore,diavolo di un ragazzaccio. Un abbraccio dal drugo.
La capacità di descrivere, coinvolgendo chi legge e trascinandolo nel mondo che stai attraversando: ecco la cosa che mi piace di più del tuo modo di scrivere.
RispondiEliminaMi lasci sempre qualcosa di nuovo e di importante dopo averti letto... magari qualche "acciacco" emotivo, ma ci sta anche quello, ne vale la pena!!!
Grazie