Dopo quell’ennesimo e furioso
litigio, decisi che non avrei mai più partecipato ad un altro. Quindi mi alzai
e andai in camera a vestirmi.
“ E ora cosa fai? Torni a dormire?
Ma certo, dimenticavo, è l’unica cosa che ti riesce meglio: DORMIRE!” - urlò lei.
Mi sedetti sul letto e infilai le
calze; erano belle, forse le cose più belle che avessi mai posseduto.
“ Guarda che pancia hai! Fai schifo!
Ti credi di piacere a una donna? Credi veramente che, in tutti questi anni, io
sia rimasta con te perché mi piacevi? Ti sbagli se la pensi così; sono rimasta
perché mi facevi pena, perché nessun’altra avrebbe osato starti accanto!”.
Cercai i pantaloni e scelsi quelli
blu a righe chiare. Mi erano sempre piaciuti perché non cadevano eccessivamente
sulle scarpe.
“ Guardatelo il culone! Ma come ti
vesti bene! Vai dalla tua amante? Oppure vai dalla tua mammuccia a piangere e a
dirle quanto sei infelice?”
Si! Erano proprio belli, ma
stringevano un po’. Avrei dovuto perdere qualche chilo. Infilai la cintura nei
passanti e la serrai.
“ Non vali nulla, non sei nessuno!
Sei solo capace di mangiare, bere e leggere quegli stupidi fumetti!”.
Presi un maglione e ci saltai
dentro.
“ Sei un pazzo! Dovresti farti
curare. Lo dico per te, per il tuo bene. Nessuno dorme con la luce e la radio accesa per tutta la notte! Nessuna donna potrà mai sopportarti a meno che
tu faccia come fai ora e cioè dormire in una stanza per conto tuo.”
Aprii un paio di cassetti e cercai
la mia sciarpa di lana. Ci ero affezionato. Aveva più di vent’anni ma
avvolgermela al collo era come indossare un amuleto. Lo feci con un gesto
liturgico.
“ Ti credi che non sento, la notte,
quando ti alzi e ti siedi in cucina per delle ore? Ti ho anche visto una volta
con una coperta sulle spalle che scrivevi. Ma a chi scrivi se non hai amici? Il
bello è che non ti frega neanche di averli! Sei un malato di mente.”
Tirai giù dall’armadio il mio
giaccone imbottito e lo indossai.
“ Dammi retta Alvaro…fatti vedere da
uno specialista. Tu hai dei problemi, dei grossi problemi!”.
Uscii dalla camera e attraversai
il corridoio lentamente. Aprii la scarpiera che stava nell’entrata ed estrassi
le mie scarpe da ginnastica: erano vecchie e logore ma quando le avevo ai piedi
mi sembrava di camminare su una nuvola. Me le infilai delicatamente, ma ben
deciso a spingere con forza nel caso avessi trovato resistenza. Pensai che
quella procedura aveva un nonsoché di erotico e che mi aveva sempre procurato
brividi di eccitazione.
“ Non sei nemmeno in grado di
vestirti! Hai visto come ti sei conciato? Devi ancora uscire e sembri appena
tornato da una corsa di 100 km!”.
Allungai il braccio destro e
impugnai la maniglia della porta. Premetti il pulsante e tirai. La porta si
aprì cigolando.
“ Ma si…vattene, vattene. Non hai
nessuno a cui chiedere aiuto! Tu lo sai bene. Nessuno ti sopporta! Sei un essere a parte…sei come una bottiglia vuota!”.
Scesi le scale e nell’aria
avvertii ancora l’odore di fritto della cena di qualcuno. Aprii il portone e
fui fuori. Iniziai a camminare. Non guardai indietro.
“ Dove dormirai? - urlò dalla
finestra - Non senti che freddo fa? Finirai come
un barbone. Morirai da qualche parte, in qualche brutto posto, solo e
abbandonato…come piace a te!”.
La strada era leggermente in
discesa. Dovetti fare attenzione a non scivolare. Non guardai indietro.
“ Sei solo un maledetto figlio di
puttana!! - urlò con tutto il fiato che poté.
Poi sentii la finestra sbattere e
subito dopo il silenzio. Lo assaporai. Non guardai indietro.
La luna, terrea, era nel cielo. Le
stelle intorno a lei. Mi fermai ad osservarle: era strano…non le avevo mai
viste brillare in quel modo. Poi, mi ricordai che erano più di 15 anni che non
le guardavo. Decisi di rimanere ancora un po’ a testa all’insù.
Doveva essere passato parecchio
tempo poiché il collo mi doleva. Abbassai lo sguardo.
Lassù l’infinito, quaggiù i muri
imbrattati della città. Lassù poesia, quaggiù desolazione e miseria umana.
Faceva freddo. Molto freddo. Misi
le mani in tasca, cercai di far rientrare, per quanto possibile, il mio viso
sotto la sciarpa. Più o meno come fanno le tartarughe quando sono in pericolo.
Continuai a camminare. Non guardai indietro. Entrai nel buio di un vicolo che
mi inghiottì.
Alva
La descrizione saporosa di un classico litigio che prelude alla rottura definitiva.Con tutto il meglio di Hal.
RispondiEliminap.s. w la libertà